Gabriella D’Amico: l’agopuntura nella mia esperienza ospedaliera

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Chi erano e chi sono i frequentatori dell’ambulatorio?
Persone affette da cefalee, mal di schiena, artropatie, lombalgie. Per quanto riguarda le cefalee, il target è quello della giovane donna, mentre per il resto la media si alza avendo a che fare soprattutto con pazienti di età avanzata. Poi, ci sono soggetti che hanno limitazioni nell’assunzione di farmaci, come donne gravide o persone allergiche a molti medicinali, o anche pazienti appassionati a questo tipo di terapia che la prediligono a quella occidentale.

Al Servizio sanitario nazionale converrebbe investire nell’agopuntura?
Certo, perché comporta pochi investimenti e al contempo un grande risparmio di farmaci, considerando che la maggior parte dei pazienti affetti da dolore cronico è costituita da anziani solitamente a totale carico del Ssn. Il nostro servizio negli anni è cresciuto molto. Inizialmente avevamo una stanza con quattro lettini separati solo da una tenda, ma già allora erogavamo 5 mila prestazioni all’anno. Oggi disponiamo di un poliambulatorio in grado di soddisfare le richieste di tutto l’ospedale. Sì, l’agopuntura converrebbe molto al Servizio sanitario nazionale, anche perché il costo per l’acquisto degli aghi monouso è davvero poca cosa.

In Italia, quanto sono diffusi gli ambulatori pubblici di agopuntura?
Poco, sono ancora mosche bianche, anche se un po’ in tutte le regioni si pratica questa terapia, ma soprattutto negli ambulatori privati.La Regione Piemonte, nella passata amministrazione, aveva censito i centri, ma a livello nazionale non credo esista la mappatura completa degli ambulatori pubblici dove si esercita questa disciplina.

Perché, a suo avviso, faticano a svilupparsi quelli all’interno del Ssn?
Le ragioni sono diverse. Innanzitutto perché il Servizio sanitario nazionale ovviamente, per ragioni culturali, predilige la medicina occidentale, ma poi anche perché, di fatto, chi esercita la medicina complementare solitamente è un libero professionista che ha investito tempo e denaro per la sua formazione e dunque ha tutto l’interesse ad esercitare la professione,in questo caso l’agopuntura, in regime privato.

Qual è il rapporto che l’agopuntore intrattiene con i medici e gli altri specialisti?
L’agopuntore oggi è visto da tutti assolutamente come un professionista serio e preparato. Ma mentre prima eravamo noi a proporre la disciplina, oggi sono i medici di famiglia che inviano i pazienti nel nostro ambulatorio pubblico. È chiaro che, al di là dell’indicazione del medico, eseguiamo una nostra valutazione, anche se nella maggior parte dei casi non si rifiuta il paziente. La prima visita è importante per capire i problemi della persona: il paziente, come primo approccio terapeutico, potrebbe infatti avere bisogno di altre cure, di terapie diverse dall’agopuntura. Quello che di importante è stato raggiunto in questi anni dai medici, a mio avviso, è la visione a 360° tra la medicina occidentale e quella orientale, entrambe interessate in modo prioritario alla cura del malato. La forza dell’agopuntura sta nel fatto che a volte è una medicina complementare, mentre in determinate situazioni è assolutamente prioritaria rispetto ad altre che hanno fallito. Insomma, può essere utilizzata in diverse situazioni: io stessa l’ho praticata in contesti molto diversi tra loro, in rianimazione ad un paziente in coma per sollecitarne i centri del risveglio, in sala operatoria durante una colecistectomia, e in uno studio odontoiatrico durante un’estrazione dentale.

All’interno della vostra Asl, l’agopuntura, oltre ad essere praticata nell’Ambulatorio di Terapia Antalgica, è somministra anche ai pazienti dell’Hospice “Il Gelso”: come si sta sviluppando quest’altra esperienza?
Nel corso degli anni il mio interesse per le cure palliative è cresciuto molto, considerando che ci sono pazienti non più suscettibili di guarigione e affetti da dolore cronico, una componente che arriva a rappresentare anche il 70% dei sintomi del malato. Così, oggi, tra le altre cose, mi occupo anche dell’Hospice “Il Gelso”, una struttura, con 16 posti letto, che accoglie malati terminali, anch’essa dotata di un ambulatorio di terapia del dolore: due giorni a settimana, il lunedì e il venerdì, sono dedicati all’agopuntura. Non potendomene occupare personalmente, da tempo, al mio fianco opera una persona di grande valore,la Dottoressa CarlaGallini, ex primario di anestesia e rianimazione infantile andata in pensione da poco, che ha sempre coltivato questo desiderio di occuparsi di agopuntura. Volontaria a tutti gli effetti, ora sta frequentando anche una scuola a Torino, il corso quinquennale di agopuntura presso il Centro Studi Terapie Naturali e Fisiche, la scuola diretta dal dottor Quirico, convenzionata con l’Università di Medicina Tradizionale Cinese di Nanchino, in Cina.

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