Gianfranco Di Paolo: dobbiamo far conoscere l’omeopatia ai giovani medici

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Gianfranco di PaoloIn questa intervista esclusiva parliamo con Gianfranco di Paolo della situazione dell’omeopatia in Italia e Europa.

Gianfranco Di Paolo si laurea a pieni voti nel 1989 all’Università degli Studi di Roma. Medico omeopata di indirizzo antroposofico, svolge da vent’anni attività professionale prevalentemente in Francia. Ha insegnato in diverse scuole italiane ed europee la medicina omeopatica, antroposofica e ayurvedica. Fondatore dell’A.I.R.M. (Associazione Italiana Ricerche in Microkinesiterapia). Attualmente responsabile delle medicine non convenzionali del “Research Institute in Clinical Homeopathy, Acupuncture, Psychotherapy and Anti-Aging Medicine”. Responsabile Medicine Complementari del Regenera Research Group. Membro SIMA.

Dott. Di Paolo, qual è la situazione dell’omeopatia in Italia?
La situazione negli ultimi mesi sta cambiando, anche perché le aziende si ritrovano davanti dei listini che dovranno ridurre, a causa delle grosse problematiche per quanto concerne la registrazione dei farmaci e ciò significa costi maggiori. Molte piccole aziende hanno problemi enormi e si trovano costretti a dover affrontare il passaggio dall’omeopatia agli integratori. Nell’ultimo periodo si sta assistendo ad un ritorno del monopolio delle grandi aziende. È stata fatta una proposta all’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) per cercare una soluzione che consenta una registrazione più rapida dei farmaci. Vedremo come si evolverà la situazione.

È dunque cambiato anche il vostro modo di lavorare?
Assolutamente sì. Il nostro lavoro si sta facendo sempre più difficile perché noi prescriviamo rimedi che però risultano introvabili poiché le aziende non li producono più. Se non si trova il rimedio, è indubbio che il cliente si dovrà accontentare delle formule standard. Per fare un esempio, l’anhalonium è un buon rimedio ma di difficile reperibilità.

Cos’altro è cambiato per gli omeopati?
In Italia, l’omeopatia può vantare 11 milioni di pazienti. Di quelli che vengono da me in studio, l’80% si presenta già con un’autodiagnosi; l’avvento di internet ha fatto si che il bagaglio informativo aumentasse ancora prima di consultare l’omeopata. Ovviamente, anche le autoprescrizioni sono in aumento.

Perché Lei opera prevalentemente in Francia?
Essendo bilingue ed avendo svolto gli studi in Francia, il mio è più un discorso personale. In Francia, negli ultimi anni, l’omeopatia si sta abbassando anche di qualità. C’è stato un brusco calo e non si può più considerare come la Mecca dell’omeopatia. Va specificato che l’omeopata, in Francia, è medico di base e dunque cambia il metodo di prescrizione: le ricette, differentemente dall’Italia, sono più generiche e meno specifiche.

Nel resto d’Europa che situazione si ha?
Nei paesi di lingua russa non solo l’omeopatia continua a persistere e a rimanere ben salda al suo posto, ma si sta diffondendo sempre di più. Anche in Europa Occidentale, comunque, si ha una larga prescrizione di rimedi omeopatici.

Qual è l’interesse dei giovani medici per la materia?
Ai corsi e ai congressi si vede chiaramente che i giovani sono più attratti dall’allopatia, vuoi dall’influenza dei media, vuoi per il dinamismo della materia. Ai congressi, i medici presenti, hanno dai 45 anni in su e, alle volte, sono lì perché hanno bisogno di integrazione e fanno ricorso a questi corsi. È estremamente difficile che un giovane medico esca dall’università con la voglia e l’idea di dedicarsi all’omeopatia. Io, probabilmente, sono un caso più unico che raro poiché, quando sono uscito dall’università sapevo perfettamente di voler approfondire questa materia. L’auspicio è quello che i master che ci sono in circolazione, anche se pochi, aiutino i giovani a riavvicinarsi a questa materia.

 

Sara Pavan