Vaccino contro l’influenza. Importante per l’anziano

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All’inizio di una nuova campagna vaccinale contro l’influenza SIMIT, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, invita a favorire il massimo possibile dell’adesione al vaccino da parte degli anziani, delle persone portatrici di patologie croniche debilitanti, delle persone in marcato sovrappeso e delle gravide.

Il vaccino contro l’influenza è importante per l’anziano, eppure in Italia i tassi di vaccinazione anti-influenzale sono tra i più bassi in Europa

Vaccinazioni insufficienti. Perché?

La copertura vaccinale delle persone ultra-sessantacinquenni in Italia rimane tra le più basse d’Europa. Nell’inverno 2016-17 risulta che si sia vaccinato solo il 52,6% delle persone dai 65 in su. Se si tiene conto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità fissa l’obiettivo ideale della copertura vaccinale dell’anziano al 95% e l’obiettivo minimo al 75%, si comprende quanto insoddisfacente sia la situazione.  In Italia, il miglior risultato mai ottenuto in Italia è stato il 68,2% del 2005-2006.

La progressiva flessione osservata negli anni successivi si è paradossalmente accentuata dopo la comparsa, nel 2009, del nuovo virus pandemico H1N1, rivelatosi meno pericoloso di quanto paventato. Ciò ha contribuito a creare una ingiustificata sensazione di sicurezza che ha alimentato un’ulteriore disaffezione verso la vaccinazione. Un ruolo non trascurabile hanno ricoperto anche voci non basate su dati scientifici o su fatti dimostrabili in merito a presunti effetti indesiderati del vaccino.

Picco di decessi in inverno, anche a causa dell’influenza

Nel novembre 2014  – sottolinea Massimo Galli, Università degli Studi di Milano Direttore Divisione Clinicizzata di Malattie Infettive AO- Polo Univ nonché futuro presidente SIMIT – un allarme del tutto ingiustificato, provocato dalla segnalazione di alcuni decessi in anziani arbitrariamente accollati alla vaccinazione anti influenzale, ha avuto nei media una vasta eco, certamente superiore a quella della successiva smentita.  Difficile pensare che l’adesione alla vaccinazione non ne abbia risentito, visto che è precipitata dal già desolante 55,4% dell’anno prima al 48,6%, il minimo  storico di questo secolo.

Nel 2015 in Italia si è registrato un numero di decessi superiore all’atteso, con un 13% in più durante l’inverno rispetto all’inverno precedente. L’analisi su un campione di 32 città ha evidenziato che il picco di mortalità osservato nei mesi di gennaio-febbraio era dovuto a un aumento significativo della mortalità nella popolazione molto anziana (tra gli 85 e i 90 e sopra i 90 anni). Difficile non attribuire all’influenza un ruolo di rilievo nel causare una parte importante di questi decessi“.

Nell’inverno 2016-17 l’influenza in Italia è arrivata in anticipo, raggiungendo il picco epidemico verso la fine di dicembre e ha interessato gli anziani in misura superiore al solito. Nelle ultime due settimane di dicembre 2016 e nelle prime quattro di gennaio 2017 il tasso di mortalità per tutte le cause è risultato del 15% superiore all’atteso – e del 42% più elevato nella settimana del picco influenzale.

Antibiotici solo se appropriati 

In vista della campagna per l’uso appropriato degli antibiotici, SIMIT ricorda inoltre che l’influenza è causata da virus del tutto insensibili agli antibiotici e che le sindromi influenzali sono la condizione più frequente per un impiego futile di questi farmaci, il cui impiego va considerato solo nei casi con sovrainfezioni batteriche accertate o realmente probabili.

Priorità per le vaccinazioni 

In una popolazione tendenzialmente longeva, in cui il numero assoluto delle persone molto anziane sta aumentando anche per il maggior numero di nati negli anni successivi alla prima guerra mondiale rispetto a quanto accaduto negli anni di guerra (le generazioni della prima guerra sono state anche più falcidiate delle successive durante la seconda guerra mondiale), il tasso di adesione alle vaccinazioni è fattore prioritario per il contenimento di una mortalità differibile ed evitabile e per impedire il sovraffollamento degli ospedali per acuti, con la conseguente compromissione dell’efficacia degli interventi e dell’efficienza dei servizi sanitari.