Oggi, 14 novembre, ricorre la Giornata Mondiale del Diabete, una malattia in continua crescita che, secondo dati dell’International Diabetes Federation, entro il 2045 riguarderà globalmente 1 adulto su 8, e che in Italia interessa oltre 4 milioni di persone. 

Nella giornata di oggi, si rinnova l’impegno di FeSDI, che riunisce le società scientifiche di diabetologia, SID e AMD, e Intergruppo parlamentare Obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili, insieme a Sport e Salute, riunite in un Convegno presso il Circolo del Tennis del Foro Italico centrato sul ruolo dello sport come alleato nel contrasto a questa malattia e, in generale, alle cronicità.

Il ruolo dello sport

Istituzioni, società scientifiche, persone con diabete e mondo dello sport condividono un obiettivo che nella giornata di oggi assume ancora più importanza, quello di contrastare la malattia. 

In questo contesto, sport e attività fisica assumono un ruolo di primaria importanza. Infatti, adottare uno stile di vita sano è fondamentale in ottica di prevenzione e contrasto del diabete

È bene continuare a diffondere una cultura dello sport in linea con iniziative come il “Manifesto dei diritti della persona con diabete e dei doveri dell’individuo e della comunità”, nonché con il protocollo d’intesa per la promozione di sani stili di vita e la sensibilizzazione sulla prevenzione del diabete e dell’obesità nelle città, firmato da Sport e Salute SpA., FeSDI e dai rappresentanti degli Intergruppi Parlamentari “Obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili” e “Qualità di vita nelle città”.

«Il diabete comporta gravi ripercussioni sulla qualità della vita di chi ne è affetto, e dei suoi famigliari, oltre che un impatto importante sull’economia del Paese, con costi diretti e indiretti legati alla perdita di produttività – dichiara l’On. Roberto Pella, presidente Intergruppo Parlamentare Obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili e Vicepresidente Anci. – Come Intergruppo parlamentare siamo fortemente impegnati, oltre che nell’iniziativa legislativa, nel mettere il tema al centro dell’agenda politica secondo un approccio olistico e multisettoriale, volto a garantire alle persone con diabete gli stessi diritti delle persone sane, portando avanti un’alleanza tra tutti i soggetti coinvolti e promuovendo a tutti i livelli di governo la cultura dei sani stili di vita, dell’attività fisica e della prevenzione».

I dati Istat sulla pratica sportiva

In occasione dell’evento promosso da FeSDI nella tavola rotonda promossa dall’Osservatorio Permanente sullo sport, l’esercizio fisico e l’attività motoria della Fondazione SportCity, sono stati presentatati i dati Istat sulla pratica sportiva in Italia.

La fotografia del report restituisce uno scenario caratterizzato da luci e ombre.

  • 21,5 milioni persone hanno praticato sport nel 2024 in Italia, pari al 37,5 per cento della popolazione dai 3 anni in su. Di questi il 28,7 per cento pratica sport con continuità, l’8,7 per cento saltuariamente. 
  • Il 43,4 per cento degli uomini pratica sport contro il 31,8 per cento delle donne, con un gap di genere che era pari a quasi 17 punti nel 1995 e scende a 11,6 punti nel 2024. 
  • Rispetto all’età, la massima diffusione della pratica sportiva è tra gli 11-14 anni, ovvero il 75,6 per cento (66,7 per cento continuativa), l’adesione è buona fino ai 24 anni, poi c’è un calo progressivo.
  • In crescita lo sport negli anziani: fra i 65-74 anni gli sportivi sono il 23,3 per cento (5,3 per cento nel 1995), tra le persone con 75 o più anni il dato è del’8,1 per cento (1,4 per cento nel 1995). Rispetto al territorio, più sport si registra al Nord-est (43,9 per cento), poi Nord-ovest (41,7 per cento) e Centro (41,5 per cento), mentre Sud e Isole restano più indietro (27,9 per cento). 
  • Le città metropolitane risultano più attive (42,7 per cento), meno sport nei piccoli comuni (29,7 per cento). 
  • Il titolo di studio è discriminante: solo il 6,1 per cento con licenza elementare e il 17,3 per cento con licenza media fa sport, contro il 55 per cento dei laureati.

«In Italia il 62,5 per cento della popolazione non pratica sport – spiega la dott.ssa Emanuela Bologna dell’Istat -. All’interno di questo gruppo, quasi un terzo (29,7 per cento) svolge regolarmente qualche forma di attività fisica, soprattutto le donne, i bambini fino a 5 anni e le persone oltre i 64 anni, mentre il 32,8 per cento è completamente sedentario. Inoltre, quasi 4 su 10 non hanno mai praticato sport nella vita (37,1 per cento), più donne che uomini (44,7 vs 29,1 per cento). Nel Mezzogiorno quasi 1 persona su 2 è sedentaria e meno di 1 su 4 pratica attività fisica. I livelli più alti di sedentarietà si registrano nei piccoli comuni fino a 2.000 abitanti (quasi 4 persone su 10). Le principali motivazioni di chi non pratica sport nel nostro Paese sono mancanza di tempo (35,1 per cento), mancanza di interesse (31,2 per cento), età (21,3 per cento), salute/disabilità (15,3 per cento), stanchezza/pigrizia (12,3 per cento), motivi economici (7,6 per cento)».

Marco Mezzaroma, presidente di Sport e Salute dichiara: «Momenti come quello di oggi dimostrano come ci sia una squadra di Istituzioni e realtà varie pronta, ognuno a suo modo, a sviluppare strategie e azioni per allenare alla salute il nostro Paese. Come Sport e Salute, ogni giorno, facciamo la nostra parte in tutta Italia, sia perché è il ruolo che ci viene affidato dallo Stato, sia perché crediamo fortemente nell’importanza sociale di questo impegno».

«L’attività fisica regolare rappresenta un pilastro nella prevenzione e nella gestione del diabete: non solo contribuisce al miglior controllo glicemico, ma migliora il benessere psicologico, la qualità della vita e l’inclusione sociale delle persone che convivono con questa patologia – dichiara la professoressa Raffaelle Buzzetti, presidente FeSDI e SID. – Lo sport è per tutti e deve essere parte integrante del percorso di cura, al pari dei farmaci e delle nuove tecnologie. Promuovere l’attività fisica significa investire in salute pubblica e sostenibilità, perché un cittadino più attivo è anche un cittadino più sano».

«Istituzioni, società scientifiche e mondo dello sport devono lavorare insieme, per rendere le nostre città e i nostri luoghi di lavoro più favorevoli al movimento quotidiano e all’inclusione – dichiara il professor Riccardo Candido, presidente di Fondazione AMD. – È un cambiamento culturale necessario, che parte dall’informazione, passa per la prevenzione e arriva fino alla piena partecipazione delle persone con diabete alla vita sociale e professionale, valorizzando lo sport come strumento di salute, benessere e cittadinanza attiva per tutti».

La storia di Anna e Giulio 

Purtroppo, il rapporto tra sport e diabete è accompagnato ancora oggi da un forte stigma

In Italia, un Regio decreto del 1932 discrimina gli atleti con diabete impedendo loro di potersi arruolare nei corpi militari dello Stato e gareggiare nei gruppi sportivi. 

Il decreto anacronistico non tiene conto dei progressi scientifici e dell’attuale qualità delle cure per il diabete.

Anna Arnaudo, atleta azzurra di atletica leggera, e Giulio Gaetani schermitore azzurro, schermitore, sono diventati portavoce e testimonial di questa battaglia. Il diabete non ha impedito a due atleti di eccellere sulle pedane e nelle piste di tutto il mondo.

«Quando ho scoperto che, per questa clausola sul diabete, non potevo accedere ai gruppi sportivi militari, dopo una prima demoralizzazione, ho sentito che era importante parlare di questa problematica e trovare una soluzione– dichiara Arnaudo. – Il rischio è che passi un messaggio sbagliato: che la persona con diabete non possa praticare sport. In realtà è vero il contrario: l’attività fisica è fortemente raccomandata. Va lanciato un messaggio di speranza, affinché le persone con diabete, anche quelle che non aspirano a diventare atleti professionisti, non rinuncino a praticare attività sportiva». 

Giulio Gaetani ha scoperto di essere diabetico a due anni. «Non ricordo ovviamente della mia vita prima del diabete e forse proprio per questo l’ho sempre vissuta come normalità. L’esclusione dai gruppi sportivi militari non permette ad atleti come me e Anna di rendere del tutto professionale la nostra attività sportiva, poiché non abbiamo uno stipendio e un supporto fondamentale nelle scelte di selezione per le gare di maggior rilievo» spiega Gaetani.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here