Covid-19 è un fattore di rischio per trombosi venosa profonda, embolia polmonare e sanguinamento e il D-dimero un importante marcatore di coagulazione da tenere in considerazione in pazienti long Covid. Sono alcune delle evidenze emerse da un recente studio pubblicato sul British Medical Journal, che potrebbe influire sull’approccio di strategie diagnostiche e profilattiche contro il tromboembolismo venoso, anche nel post-Covid-19

Quantificare il rischio di trombosi venosa profonda, embolia polmonare e sanguinamento dopo Covid-19. Con questa finalità un gruppo di ricercatori svedesi, finlandesi e inglesi ha avviato uno studio su oltre 1.057 mila persone, afferenti ai Registri Nazionali Svedesi, risultate positive a SARS-CoV-2 tra il 1° febbraio 2020 e il 25 maggio 2021, abbinate per età, sesso e contea di residenza a oltre 4.076 mila persone di controllo. Lo studio (Open Access, pubblicato sul British Medical Journal) intendeva misurare il rischio e l’impatto cardiovascolare a un anno su patologie in persone sopravvissute a eventi acuti di SARS-CoV-2, anche in caso di non ospedalizzazione.

Le evidenze

Nel corso della pandemia è stato possibile osservare che anche a seguito del completo recupero clinico, e dunque negativizzazione al tampone molecolare, il 20% dei pazienti presentava ancora livelli di D-dimero sostanzialmente elevati, tornati progressivamente alla normalità dopo circa due settimane di trattamento con dosi profilattiche di enoxaparina. Da qui il quesito se la persistenza di D-dimero con livelli extra soglia, anche nel post-malattia, possa considerarsi un indicatore per comprendere i meccanismi e le implicazioni a lungo termine di SARS-CoV-2.

Non solo, alterazioni del D-dimero si sarebbero registrate anche a seguito di inoculazioni di vaccini mRNA (Pfizer e Moderna), ipoteticamente in soggetti già con un rischio o problemi di coagulazione, valutate il giorno prima della vaccinazione e dopo 5-7 giorni (dati non pubblicati), con uno spettro clinico variabile da nessun sintomo a sintomi gravi, tali da richiedere ricovero ospedaliero.

Il fenomeno ha indotti quindi i ricercatori a ritenere che il D-dimero possa essere considerato un test semplice, affidabile ed economico per tracciare e seguire i pazienti guariti da SARS-CoV-2, meritevoli comunque di proseguire un trattamento con eparina a basso peso molecolare o altri anticoagulanti anche dopo il recupero clinico.

Le metodiche

La serie di casi in autocontro e la regressione di Poisson sono stati utilizzati per determinare il tasso di incidenza e il rapporto di rischio con intervalli di confidenza del 95% per una prima trombosi venosa profonda, embolia polmonare o evento emorragico. Nello specifico, i livelli di rischio per il primo e gli eventi successivi sono stati rilevati nei giorni 1-30 dopo Covid-19 o la data indice, utilizzando lo studio di coorte aggiustato per potenziali fattori confondenti (comorbilità, cancro, chirurgia, trattamento anticoagulante a lungo termine, precedente tromboembolia venosa, o precedente evento emorragico).

Rispetto al periodo di controllo, i tassi di incidenza erano significativamente aumentati a 70 giorni dopo SARS-CoV-2 per trombosi venosa profonda, a 110 giorni per embolia polmonare e a 60 giorni per sanguinamento. Nello specifico, i tassi di incidenza sono così risultati: 36,17 (intervallo di confidenza al 95% da 31,55 a 41,47) per prima embolia polmonare durante la prima settimana dopo SARS-CoV-2 e 46,40 (da 40,61 a 53,02) durante la seconda settimana.

In caso di trombosi venosa profonda i tassi di incidenza emersi durante i giorni 1-30 dopo SARS-CoV-2 erano 5,90 (da 5,12 a 6,80), per l’embolia polmonare 31,59 (da 27,99 a 35,63) e per il sanguinamento 2,48 (da 2,30 a 2,68). Allo stesso modo, il tasso di rischio durante i giorni 1-30 dopo SARS-CoV-2 erano 4,98 (da 4,96 a 5,01) per la trombosi venosa profonda, 33,05 (da 32,8 a 33,3) per l’embolia polmonare e 1,88 (da 1,71 a 2,07) per il sanguinamento, dopo aver aggiustato i dati per effetti potenzialmente confondenti.

Mentre il rischio assoluto tra i pazienti con SARS-CoV-2 è risultato essere di 0,039% (401 eventi) per trombosi venosa profonda, 0,17% (1761 eventi) per embolia polmonare e 0,101% (1002 eventi) per sanguinamento. Evidenze che hanno dunque portato i ricercatori a ritenere che SARS-CoV-2 possa essere un fattore di rischio per le succitate patologie (trombosi venosa profonda, embolia polmonare e sanguinamento).

Fonte

  • Katsoularis I, Fonseca-Rodriguez O, Farrington P, et al. “Risk of deep vein thrombosis, pulmonary embolism, and bleeding after COVID-19: nationwide self-controlled cases series and matched cohort study”. BMJ 2022, 377: e069590