Un intestino permeabile e sbilanciato potrebbe avere un ruolo importante nell’insufficienza cardiaca (HF, heart failure), favorendone l’insorgenza o aggravandone la condizione. È quanto emerge da un recente studio su Heart Failure Reviews, in cui il microbioma si profila come un potenziale target terapeutico per proteggere il cuore, accanto ai farmaci tradizionali.
I paradigmi dell’insufficienza cardiaca
Età, ipertensione, obesità, fumo e diabete sono alcuni dei fattori di rischio che possono indurre lo sviluppo dell’HF, condizione in cui il cuore non riesce più a pompare sangue in modo efficace, causando affaticamento, difficoltà respiratorie e diverse altre implicazioni, compreso un aumento della mortalità.
In questo quadro clinico sembra emergere, da recenti studi scientifici, un ruolo sempre più importante del microbiota intestinale ed in particolare della “leaky gut”, l’intestino che perde, ovvero la maggiore permeabilità della barriera intestinale, stabilendo un nuovo, importante, asse cuore-intestino. Ci sarebbe, infatti, evidenza che nei pazienti con HF, la ridotta perfusione sanguigna intestinale comprometta l’integrità della mucosa intestinale, generando delle rotture e l’indebolimento della barriera intestinale: eventi che favorirebbero il passaggio di tossine batteriche e l’ingresso di metaboliti dannosi nel circolo sanguigno.
Tra queste sostanze il lipopolisaccaride (LPS), un composto presente nella membrana esterna dei batteri gram-negativi che una volta in circolo, attiverebbe il recettore TLR4 sulle cellule del muscolo cardiaco, innescando una cascata infiammatoria con un aumento della produzione di citochine come TNF-α, IL-1 e IL-6, coinvolte nel danno al tessuto cardiaco.
A fianco di LPS, un altro metabolita da attenzionare è il TMAO (ossido di trimetilammina), prodotto dai batteri intestinali, in misura maggiore da Firmicutes e Proteobacteria, durante la digestione di colina e carnitina, altamente presenti in carne rossa, uova e pesce. Il TMAO sarebbe correlato, ad esempio, allo sviluppo di aterosclerosi, disfunzione endoteliale, infiammazione e fibrosi cardiaca. Il ruolo di TMAO è attualmente controverso: alcuni studi sembrano suggerire che in specifiche condizioni possa avere effetti protettivi a basso dosaggio, sebbene i dati più evidenti propendano per un rischio per il cuore.
Indebolimento del sistema immunitario
La disbiosi intestinale, oltre che sul metabolismo, incide anche sul sistema immunitario favorendo la riduzione dei linfociti T regolatori (Treg), che normalmente tengono sotto controllo l’infiammazione, e un aumento delle cellule Th17, promotrici di risposte infiammatorie: squilibrio spesso ricorrente nell’innesco della disfunzione cardiaca.
Sotto il profilo della popolazione microbica intestinale, diminuiscono invece i batteri benefici come Bifidobacteria e Bacteroides, produttori di acidi grassi a catena corta (SCFA), tra cui il butirrato, che contribuiscono a rafforzare la barriera intestinale e a ridurre l’infiammazione sistemica tramite alcuni recettori come GPR41/43/109A e meccanismi epigenetici.
Gli approcci terapeutici
L’insufficienza cardiaca è oggi trattabile, a seconda dei casi, con un approccio farmacologico, chirurgico e/o la correzione dello stile di vita, ad esempio sotto l’aspetto alimentare tramite un maggiore consumo di frutta e verdura e povera di prodotti di origine animale, sul modello della dieta mediterraneo o della DASH, cui si associaa la capacità di ridurre i substrati per la produzione di TMAO e favorire la crescita di batteri benefici produttori di SCFA.
La dieta, come è noto, contribuisce a modulare il microbiota intestinale, potenziale target terapeutico a fianco di antibiotici, ad esempio rifaximina, così come benefici possono essere i prebiotici, tra cui Saccharomyces boulardii, impiegati classicamente nella gestione di questa condizione. Un approccio, quest’ultimo, che in studi clinici di fase 2 non avrebbe ancora dimostrato miglioramenti consistenti sulla funzione cardiaca, a fronte di piccoli studi pilota che suggeriscono un possibile beneficio per la frazione di eiezione (una misura della funzionalità cardiaca) in pazienti trattati con specifici probiotici.
Pertanto sono al vaglio della ricerca in studi di fase I, impiegati su modelli animali altri strumenti, quali il trapianto di microbi fecali, i cui risultati sono però allo stato attuale contrastanti e ancora lontani da un’applicazione clinica standardizzata, l’impiego di altri ceppi di probiotici e infine fitochimici naturali come l’allicina (principio attivo dell’aglio), scelti per la loro capacità di modulare la produzione di TMAO.
In conclusione
In futuro la cardiologia per il trattamento di alcune specifiche patologie potrebbe trovare nell’intestino un prezioso alleato.
Fonte
Shoukry AEA, Rahhal A, Constantinou C. The role of the gut microbiota and metabolites in heart failure and possible implications for treatment. Heart Failure Reviews, 2025. Doi: https://doi.org/10.1007/s10741-025-10546-7


