La solitudine non è solo un’esperienza emotiva, ma un determinante di salute con impatti sistemici. Un recente studio condotto dai ricercatori della City St George’s University of London e pubblicato su Scientific Reports ha evidenziato una forte correlazione tra solitudine e dolore fisico in un campione di 256.760 persone provenienti da 139 paesi, con età compresa tra i 15 e i 100 anni.
L’analisi, basata sui dati del Gallup World Poll 2023-2024, ha mostrato che le persone che si sentono sole hanno una probabilità doppia di sperimentare dolore fisico rispetto a chi non riporta sentimenti di solitudine.
Il ruolo centrale del disagio psicologico
Il lavoro delle ricercatrici Lucia Macchia e Anne-Kathrin Fett ha permesso di quantificare il contributo dei diversi fattori alla relazione tra solitudine e dolore. Il disagio psicologico spiega oltre il 60% dell’associazione, mentre i problemi di salute fisica ne rappresentano il 18,9% e i fattori socio-demografici, come la rete di supporto, circa il 14%.
In termini clinici, questo significa che il dolore fisico può emergere come somatizzazione del disagio emotivo, confermando l’interdipendenza tra psiche e corpo che è al centro della Medicina Integrata.
Differenze individuali e fattori socio-economici
Le persone che riportano solitudine mostrano spesso livelli di istruzione più bassi, occupazione precaria e redditi inferiori. La prevalenza della solitudine risulta più alta nelle donne e negli anziani, ma la correlazione tra solitudine e dolore è stata osservata in tutte le fasce d’età.
Il dato interessante è che, pur avendo contatti familiari o amicali, molti individui continuano a percepire solitudine. Ciò suggerisce che non è solo la quantità dei legami sociali a contare, ma la qualità percepita del sostegno emotivo.
Un fenomeno culturale oltre i confini economici
Lo studio ha mostrato variazioni significative tra i diversi paesi, senza un chiaro legame con il livello di sviluppo economico. In alcune nazioni più povere si registrano tassi più elevati di solitudine e dolore, ma il fenomeno appare modulato soprattutto da fattori culturali, come le norme sociali, il valore attribuito alle relazioni e le aspettative individuali.
Questa dimensione transculturale evidenzia come la solitudine debba essere considerata una questione sanitaria globale, da affrontare con approcci interdisciplinari.
Solitudine e dolore
Nel paradigma della Medicina Integrata, il dolore è interpretato come risultato di interazioni complesse tra fattori biologici, psicologici e sociali. La solitudine emerge così come un “amplificatore” di vulnerabilità, in grado di aumentare la percezione del dolore e di peggiorare la qualità della vita.
Gli interventi efficaci dovrebbero includere, oltre alle cure farmacologiche e fisioterapiche, anche strategie psicosociali, mindfulness, terapie di gruppo, supporto psicologico e iniziative comunitarie volte a rafforzare il senso di appartenenza.
Verso un approccio multidimensionale
Gli autori dello studio sottolineano che la solitudine è una condizione “potenzialmente dolorosa e multiforme”, che richiede una risposta sanitaria globale. Per i professionisti della Medicina Integrata, ciò significa promuovere modelli di cura che uniscano interventi clinici, psicologici e sociali, mirando non solo alla riduzione del dolore, ma al benessere globale della persona. Solo un approccio olistico, fondato sull’ascolto e sulla ricostruzione del legame sociale, può trasformare la solitudine da fattore di rischio a occasione di rinnovata connessione con sé e con gli altri.


