Mettere a punto un metodo, semplice e non invasivo, per misurare in continuo i livelli di glicemia e in prospettiva predire la possibilità di insorgenza di diabete in persone sane.
L’obiettivo è stato potenzialmente raggiunto da ricercatori giapponesi, dell’Università di Tokyo, che hanno sviluppato una tecnologia indossabile, in grado di monitorare le fluttuazioni dei livelli glicemici nel sangue, quindi favorendo la diagnosi precoce di malattia e migliorando la valutazione del rischio di diabete senza ricorrere a prelievi di sangue e procedure complesse. Il lavoro è stato pubblicato su Communications Medicine, con descrizione della metodica messa in atto.
Il diabete resta una sfida
La capacità di valutare e gestire efficacemente il glucosio rappresenta un obiettivo sfidante e critico per la salute pubblica. Anche in funzione dei numeri: solo in Italia, secondo l’Istituto Superiore di Sanità, poco meno del 5% della popolazione, pari a circa 4 milioni di adulti, di età compresa fra 18 e 69 anni, è affetto da diabete di tipo 2. A queste si aggiungono circa 1,5 milioni di italiani con diabete non diagnosticato.
Nel mondo ne sono affetti 530 milioni, con dati in crescita: 642 milioni di persone affette da malattia previste entro il 2030 e 738 milioni al 2045. Il diabete diviene quindi una priorità “sanitaria”. Perché sviluppare un algoritmo?
A detta dei ricercatori, i test tradizionali per il diabete non sono sufficientemente efficaci nel rilevare la natura dinamica della regolazione del glucosio in condizioni fisiologiche, monitoraggio che invece sarebbe garantito da una tecnologia indossabile.
Lo studio
È stato sviluppato per valutare l’utilità di indici derivati dal monitoraggio continuo del glucosio (CGM), relativamente facili da misurare, nella gestione dei livelli nel sangue calcolata da test di clampaggio ad alto consumo di risorse.
La tecnologia indossabile è stata testata su 64 individui senza precedente diagnosi di diabete, sottoposti a CGM, test di tolleranza al glucosio orale (OGTT), test di clampaggio iperglicemico e iperinsulinemico-euglicemico, potendo così convalidare le caratteristiche degli indici derivati dal CGM utilizzando un set di dati indipendente proveniente da un altro paese e modelli matematici con dati simulati.
Dallo studio, prospettico, è emerso che un indice derivato dal CGM che riflette la funzione di autocorrelazione dei livelli di glucosio (AC_Var), è significativamente correlato con l’indice di disposizione (DI) derivato dal clampaggio, una misura consolidata della capacità di gestione del glucosio e predittore dell’insorgenza del diabete.
Tale modello, che utilizza la deviazione standard del glucosio misurata dal CGM e AC_Var, sembra essere in grado di superare i modelli che utilizzano indici diagnostici del diabete di uso comune, come la glicemia a digiuno, l’HbA1c e le misure dell’OGTT, nel predire il DI derivato dal clamp. Le simulazioni matematiche dimostrerebbero, inoltre, anche l’associazione di AC_Var con il DI.
In conclusione
Il nuovo algoritmo sembrerebbe avere identificato soggetti con un controllo glicemico alterato, anche a fronte di test diagnostici standard con dati apparentemente “nella norma”, quindi rilevando potenziali problemi di diabete molto precocemente con avvio di strategie in prevenzione prima di una diagnosi conclamata.
Gli indici derivati dal CGM, incluso AC_Var, potrebbero pertanto qualificarsi come strumenti per la migliore gestione del glucosio in popolazioni senza una precedente diagnosi di diabete. E, per una ulteriore validazione, i ricercatori sono ora al lavoro per sviluppare un’applicazione web che calcola questi indici derivati al CGM.
Fonte
Sugimoto H, Hironaka K, Nakamura T et al. Improved detection of decreased glucose handling capacities via continuous glucose monitoring-derived indices. Communications Medicine, 2025, 5, Article number: 103. https://www.nature.com/articles/s43856-025-00819-5