La composizione del microbiota intestinale può favorire o essere indicativa di patologie autoimmuni, per esempio artrite reumatoide, malattie infiammatorie intestinali, malattie neurodegenerative come la sclerosi multipla. Sono evidenze emerse da studi di laboratorio sui topi e che troverebbero corrispondenza anche sull’uomo, in soggetti portatori delle citate malattie. È quanto emerge dallo studio “Human gut bacterial metabolism drives Th17 activation and colitis”, pubblicato su Cell Host & Microbe.

Un gruppo di ricercatori americani della University of California di San Francisco ha, infatti, dimostrato la possibile correlazione fra la presenza del batterio intestinale Eggerthella lenta e lo sviluppo di malattie autoimmuni. Esperimenti di laboratorio condotti sui topi evidenziano, infatti, la capacità del batterio di indurre l’attivazione intestinale dei linfociti T helper 17 (Th17), quali potenziali responsabili del peggioramento della colite nei topi. Il fenomeno può essere spiegato proprio dall’azione di E. lenta promotore dell’attività delle cellule Th17, in presenza o assenza del microbiota intestinale, a loro volta inibitrici del fattore di trascrizione Th17 Rorγt attraverso meccanismi indipendenti dalle cellule e dall’antigene. In merito alla colite, inoltre, si ipotizza l’azione congiunta di E. lenta e dell’enzima glicoside reduttasi 2, o Cgr2, quest’ultimo sufficiente a indurre la sintesi di una citochina pro-infiammatoria prodotta dalle cellule Th17 stesse, in risposta alla loro stimolazione.

Gli studi sull’uomo

Le premesse sperimentali hanno invitati i ricercatori ad approfondire l’analisi anche sull’uomo, osservando che tali batteri sono altamente presenti in persone con malattie autoimmuni (artrite reumatoide, patologie e disturbi intestinali, sclerosi multipla). La conferma arriva dall’analisi eseguita su campioni fecali di 100 soggetti sani e 105 pazienti con malattie infiammatorie intestinali (IBD). Proprio in questo secondo gruppo la presenza di batteri E. lenta ha fatto registrare tassi sensibilmente più elevati. Al pari, i livelli di Cgr2 tendono a essere più alti in individui con colite ulcerosa, morbo di Crohn e artrite reumatoide rispetto a soggetti sani, con valori sensibilmente aumentati in caso di forme gravi di colite ulcerosa.

L’opinione dei ricercatori

I risultati emersi da studi di laboratorio e sull’uomo, attuali e precedenti, portano i ricercatori a ipotizzare una serie di conclusioni: E. lenta può essere considerata fra i microrganismi immunomodulatori favorenti e/o associati a malattie infiammatorie intestinali; l’esistenza di una probabile relazione tra questa specie batterica e stimoli antigenici distinti; similmente la rilevanza traslazionale di questo specifico gene batterico nelle reazioni autoimmunitarie. Tesi che hanno indotto i ricercatori a identificare una strategia non invasiva per bloccare l’attività del batterio senza impattare sull’alterazione del microbiota intestinale.

Tra le possibili soluzioni appare di interesse l’arginina di origine alimentare potenzialmente in grado di inibire l’attivazione dei linfociti Th17 e l’induzione della colite da parte di E. lenta. Si ipotizza dunque che l’alimentazione possa impattare sui metaboliti di origine microbica che influenzano il sistema immunitario, ovvero che la dieta sia in grado di influenzare l’immunomodulazione microbica stessa.

Fonte:

  • Alexander M, Ang QY, Nayak RR. “Human gut bacterial metabolism drives Th17 activation and colitis”. Cell Host & Microbe. https://doi.org/10.1016/j.chom.2021.11.001