Non solo fattori genetici. Anche elementi esterni all’ospite, come stile di vita, coabitazione, ambiente, alimentazione, sarebbero in grado di influenzare la composizione della popolazione batterica del microbiota con implicazioni a vantaggio o danno della salute. Sono le evidenze emerse da uno studio dell’University of Groningen, in Olanda, pubblicato su Nature, che potrebbero dare nuove indicazioni per potenziali azioni terapeutiche targettizzate al microbioma.

Il punto di partenza

È possibile definire le caratteristiche di un microbiota sano rispetto a uno patologico? L’implicazione del microbiota intestinale nell’insorgenza di specifiche condizioni cliniche, non solo intestinali, è ormai nota, ma quale sia il profilo che si associa a una condizione di eubiosi o disbiosi non è ancora chiaro.

Con questa indicazione ricercatori olandesi hanno avviato uno studio osservazionale su un’ampia popolazione, oltre 8.200 persone di età compresa fra 8-84 anni, di cui il 57% donne, appartenenti a 2.756 famiglie e 3 generazioni. Intento dello studio era analizzare la componente batterica intestinale dopo aver considerato alcuni fattori confondenti, tra cui fattori genetici, antropometrici, stato di salute, eventuali farmaci assunti, dieta, contesto ambientale, abitudini e stili di vita, condizione socio-economica.

I taxa

Lo studio, condotto su larga scala, ha permesso di identificare una serie di taxa, ovvero unità tassonomiche fondamentali. Questi, pari a 1.253, sarebbero riconducibili a 4 regni, 21 phyla, 35 classi, 62 ordini, 128 famiglie, 270 generi e 733 specie, cui si aggiungono 564 pathways metabolici inclusivi di 257 taxa batterici e archeae, di cui 277 con abbondanza relativa superiore allo 0,01%, presenti in più del 5% dei soggetti.

È stata osservata, inoltre, una copertura di oltre il 90% delle funzionalità microbiche stimate tra fattori di virulenza, resistenza batterica e un numero di specie batteriche crescenti con la dimensione del campione, facendo ipotizzare la presenza di altri ceppi non ancora identificati e una elevata variabilità inter-individuale.

Ad esempio lo studio avrebbe rilevato una abbondanza relativa di Bacteriodetes in un range tra il 5 e 95%, mentre pathways metabolici più abbondanti sono risultati più stabili della maggior parte dei phyla.

Il “core microbiome”

Identificare specie batteriche e pathways che impattassero sull’equilibrio dell’ecosistema intestinale equilibrato era uno degli aspetti cruciali dello studio, pertanto i ricercatori hanno rivolto l’attenzione ai taxa presenti in più del 95% dei soggetti, definiti core taxa in quanto co-espressi in più contesti. Nello specifico sono state identificate 9 specie (Subdoligranulum sp., Alistipes onderdonkii, Alistipes putredinis, Alistipes shahii, Bacteroides uniformis, Bacteroides vulgatus, Eubacterium rectale, Faecalibacterium prausnitzii e Oscillibacter sp.) altamente consistenti in coorti indipendenti e internazionali (UK, USA, EU, Asia).

Di queste cinque specie (A. putredinis, A. shahii, F. prausnitzii, Oscillibacter sp. e Subdoligranulum sp.) sono risultate attivamente implicate nel bilanciamento dell’ecosistema intestinale della popolazione olandese. Ad esempio F. prausnitzii, fra i principali produttori di butirrato e co-espresso con Bacteroidetes e Bifidobacterium, è risultato depleto nella maggior parte delle patologie croniche.

Come ultimo lo studio ha rilevato alcune specie meno abbondanti (<10%), tuttavia risultate delle keystones, tra queste R. gnavus e molteplici specie del genere Clostridium correlate a diverse patologie in linea con risultati di precedenti studi.

Le interazioni inter-specie

Alcune specie, come Prevotella copri, possono definire uno o più clusters in base alla loro presenza o assenza (distribuzione bimodale). Nello specifico l’elevata espressione di Prevotella copri si associa al minor rischio di sindrome dell’intestino irritabile (IBS) e, in generale, a una condizione di salute.

Il fattore co-abitazione sembra giocare un ruolo di importante sul microbioma, superiore anche all’ereditarietà. Ad esempio 17 taxa sono stati identificati come ereditabili (6,6% dei taxa considerati), con maggiore evidenza per Proteobacteria, A. mucuniphila, Bacteroidaceae (Parabacteroides goldsteinii, Bacteroides coprocola, Bifidobacterium longum), ma anche specie del genere Phascolarctobacterium e dei generi dell’ordine Clostridiales. Mentre tra i pathways microbici, solo 7 hanno mostrato un carattere ereditario (biosintesi di lipidi, piridossale 5-fosfato, isoleucina, pre-chinone); 125 degli 257 (48,6%) taxa sembrano subire le influenze della co-abitazione del momento attuale e 22 (8,6%) quella passata.

Ceppi batterici e fattori confondenti

Lo studio ha messo in rilievo che i fenotipi impattano per quasi 13% sulla composizione tassonomica e per oltre 16% sulla funzionalità batterica. Svolgono un ruolo maggiore le caratteristiche fecali, la situazione clinica, farmaci e fattori antropometrici. La maggior parte associata a taxa del core o classificati come keystones, tra questi, Flavonifractor salivarius, F. prausnitzii, Alistipes senegalensis, Clostridium e specie di Subdogranulum, A. senegalensis. Quest’ultimo che è risultato correlato con 43 fenotipi e la possibile implicazione in diversi quadri patologici, mnetre C. asparagiforme sembra associato a diabete di tipo 2, ipertensione, spondilite alchilosante e altre 23 patologie.

Il microbiota intestinale “fisiologico”

Un’associazione crociata tra le caratteristiche batteriche dei partecipanti allo studio e le informazioni di salute ottenute da un questionario, come anche specifiche patologie co-presenti, sono stati gli elementi per lo studio delle possibili caratteristiche di un microbiota intestinale fisiologico, mettendo in luce che diverse patologie correlano a più associazioni.

Ad esempio i disordini cardiovascolari e metabolici NAFLD (steatosi epatica non alcolica) e diabete di tipo 2 sono accomunate da un incremento di Anaerotruncus, Ruminococcus, Bacteroides, Holdemania, Flavonifractor, Eggerthella e Clostridium e da un decremento di Faecalibacterium, Bifidobacterium, Butyrivibrio, Subdoligranulum, Oxalobacter, Eubacterium e Roseburia.

Analogie simili si sono osservate anche tra pathways metabolici di disturbi diversi che possono riferirsi ad esempio a un aumento nella biosintesi di L-ornitina, ubichinolo o Kdo-lipide-A, a un decremento del metabolismo anaerobio, a fermentazione degli acidi grassi a catena corta o biosintesi di aminoacidi, nucleotidi o deossiribonucleosidi. I fattori di virulenza hanno invece registrato un incremento solo in alcuni quadri clinici, diabete e disordini gastrointestinali inclusi.

I taxa in età pediatrica

Alcuni di essi, presenti fino ai 4 anni, possono impattare in misura maggiore sul microbiota adulto, nello specifico i ricercatori olandesi avrebbero identificato 106 taxa, 30 pathways, 22 geni di resistenza antibiotica e 2 fattori di virulenza, reperibili anche nel microbiota adulto.

Ancora, anche l’ambiente può influenzare il microbiota: crescere in un contesto rurale sembrerebbe supportare la proliferazione di vari ceppi quali P. copri, F. prausnitzii, Rothia mucilaginosa, specie di Bifidobacterium e generi di Mitsuokella, generalmente indici di buona salute, all’opposto nei bambini di città si rileverebbe la diminuzione di specie di Bacteroides, Alistipes e Bilophila. Anche l’esposizione a fumo, dieta, animali domestici, aspetti socioeconomici (stipendio, quartiere ecc) possono modificare la presenza e l’abbondanza di specifiche specie.

In conclusione

L’evidenza è che fattori interni (situazione clinica, età etc.) ed esterni (stile di vita, ambiente, esposizione a fumo etc.) possono condizionare il microbioma intestinale. Da qui l’indicazione a validare queste ipotesi con studi di approfondimento, finalizzati allo sviluppo di terapia mirate sul rapporto ospite-microbioma, a vantaggio di un migliore stato di salute del paziente.

Fonte:

  • Gacesa R, Kurilshikov A, Vich Vila A et al. Environmental factors shaping the gut microbiome in a Dutch population. Nature, 2022, 604(7907):732-739. doi: 10.1038/s41586-022-04567-7.