Il tema della fragilità, nell’attuale contesto storico, è sempre più cruciale. Un concetto, quello della fragilità, che coinvolge una categoria trasversale di pazienti, dall’anziano-grande anziano, alla popolazione pediatrica in tutte le fasi della crescita (neonatale fino all’età evolutiva).
Fondamentale è intervenire su questa fascia di pazienti con trattamenti in prevenzione, laddove possibile, e con appropriatezza e adeguatezza terapeutica per costruire traiettorie di salute, mirate a una qualità di vita e outcome clinici migliori.
Due categorie di pazienti, quelle citate, spesso oggetto di overtreatment farmacologico: l’opportunità di approcci complementari, dal deprescribing con strategie di Low Dose con specifiche sostanze cross-linkate a terapie tradizionali, a tecniche meditative per la gestione di determinate patologie quali, ad esempio, i disturbi di ansia patologica, fino a pratiche “di contatto” per creare vicinanza fisica ed emotiva nella relazione mamma-genitori-figli sono potenziali efficaci soluzioni di approccio terapeutico, affrontate nel corso del IV Simposio sulla Medicina dei Sistemi (Milano, 24 Maggio, Sala Napoleonica, Università degli Studi), dal titolo “Medicina dei Sistemi. Il paziente fragile tra overtreatment e deprescrizione”, organizzato con il sostegno non condizionante di Guna, azienda farmaceutica leader in Italia nella Low Dose Medicine.
I disturbi d’ansia
Un fenomeno largamente diffuso. In Italia nel 2025, i disturbi d’ansia continuano a rappresentare un problema significativo: dati dell’Osservatorio dei Disturbi Emotivi e Mentali stimano li attestano in circa il 10,4% della popolazione generale con un aumento di incidenza di circa il 30% dei disturbi d’ansia e depressione rispetto al periodo pre-pandemico. Nessuno esente: ne soffrirebbero i giovani tra 18 e 25 anni (oltre il 49,4%) come conseguenza all’emergenza sanitaria, la popolazione femminile (rispettivamente 12,4-13,1%) e quella maschile (6,9-7,5%), gli over 60 (15%).
In molti casi si assiste a una evoluzione da ansia fisiologica, con un’aura anche potenzialmente positiva, di normale reazione di allerta e di difesa dell’organismo, a forme invece di ansia patologica. Quindi, meritevoli di adeguati approcci terapeutici, variabili da trattamenti di psicoterapia cognitivo-comportamentale, a soluzioni farmacologiche in schemi terapeutici singoli e/o integrati.
Le benzodiazepine restano il trattamento standard nella gestione dei disturbi dell’ansia e depressivi, tuttavia non prive di effetti collaterali, evidenti e più sensibili nel paziente fragile, l’anziano in primo luogo, ma non esclusivamente o non necessariamente, compreso il rischio di dipendenza in caso di uso cronico/a lungo termine.
Evento avverso che può essere limitato ed evitato con un deprescribing farmacologico, come suggerito dal Progetto/Delphi Consensus cui ha aderito anche l’Università di Pisa, descritto in un lavoro scientifico che ha permesso di creare degli Statements condivisi con esperti – farmacologi, geriatri e pediatri fra questi – con l’obiettivo di valutare il consenso, ovvero la consapevolezza, in tema di disturbi d’ansia e di ansia patologica, definire alcuni indici di trattamento ed eventualmente soluzioni di deprescrizione, nello specifico delle benzodiazepine.
La proposta farmacologica che ne è scaturita suggerisce l’approccio e la gestione di questi disturbi tramite una sostanza Low Dose che prevede 5 componenti con effetti specifici: antidepressivi, grazie ad una azione sul sistema dopaminergico, di modulazione agendo sul controllo emotivo attraverso il sistema della glicina, intesa come neurotrasmettitore, di riduzione della neuroinfiammazione e, non ultimo, con effetti sul sonno quindi sulla sincronizzazione degli off periods, ovvero i periodi/musica del silenzio neuronale, osservabili durante il sonno profondo in soggetti sani.
Ignatia Heel è la sostanza generatrice di questa pluralità di azioni: già impiegata da oltre 90 esperti con risultati interessanti, in un approccio di deprescribing delle benzodiazepine, che prevede una cross somministrazione fra farmaco standard (al 100%) per determinate settimane, con successiva de escalation graduale delle benzodiazepine, in continuum con Ignatia Heel. Il paziente in deprescriping può inoltre essere accompagnato nel suo percorso con approcci classici, come la terapia cognitivo comportamentale, e/o meno tradizionali, fra cui la mindfulness o tecniche di consapevolezza respiro dipendente che permette di migliorare il controllo attentivo ed emotivo.
L’acquisizione della capacità di respirare lentamente nel corso di una pratica meditativa genera infatti una “simbolizzazione” cardio-respiratoria che contribuisce a ridurre l’iperattivazione corticale, aumentare il controllo emotivo, diminuire l’overflow somatico a livello cerebrale. Ciò conferma il legame stretto e profondo che esiste tra il respiro e alcune aree cerebrali legate al respiro.
Relazione “di contatto” nel bambino.
Esistono pratiche non farmacologiche che curano, come il (con)tatto, fondamentale nella relazione con il neonato, specie se prematuro e ricoverato in Terapia Intensiva Neonatale (TIN).
Studi scientifici dimostrerebbero influssi terapeutici positivi sui bambini, compreso i neonati, derivanti dal canto della mamma, quindi dalla modulazione e dal tono della voce, come anche da alcune tipologie di modalità musicali, fra cui la musica di Mozart o altre sonorità che il bambino ha già udito nel ventre della mamma. In questa serie di approcci integrati/complementari rientrano anche la lettura ad alta voce, che calma i genitori con effetti di efficacia anche sul neonato nell’incubatrice, quindi nel prematuro.
La voce della mamma e del papà che leggono una storia in maniera ripetitiva (modalità molto gradita ai neonati) o che parlano al bambino, quando è ancora nella pancia della mamma, costituiscono una prima importante forma in relazione che rompe il limbo, la sospensione tra la vita e la morte del bambino da un lato e dall’altro, favore la prima manifestazione genitoriale di mamma e il papà.
Ancora la Kangaroo Care, il (con)tatto pelle a pelle, con il piccolo posato sul seno della mamma o sul corpo del genitore, è una efficace e fondamentale strumento di comunicazione, che consente al bambino di conoscere la pelle, o alcuni specifici odori, ad esempio quello del latte materno, stimolando empatia, ma non solo.
Queste pratiche, da studi di letteratura, consentono di sviluppare una vicinanza emotivo-affettiva tra la mamma/genitore e il bambino, con benefici anche cognitivi, ed un evidente migliore neurosviluppo a 12 mesi in bambini trattati anche con la Kangaroo Care rispetto a piccoli non sottoposti a questa pratica.
Fondamentale è avere nei riguardi del bambino un approccio olistico, considerandolo dapprima come persona, con la sua mamma e nel suo contesto ambientale, e poi come creaturina bisogno di un aiuto specifico per patologia. Ricordando che il neonato non è un piccolo bambino e che il bambino non è un piccolo adulto: ciascuno ha una modalità propria nel funzionamento di organi, apparati e sistemi e come tali, in maniera personalizzata, vanno trattati, aiutati e assistiti. In affiancamento alla mamma, favorendo in tale modo una crescita armonica nel bambino.