Il ruolo del microbiota, tra dieta e supplementazione, al centro di un dibattito a Milano che ha visto la partecipazione dei medici specialisti Silvio Danese, Arrigo Cicero e Fabiana Castiglione

La bidirezionalità gut-brain (l’asse intestino-cervello) è sempre più indagata in chiave di benessere e prevenzione di molte malattie. Sul punto gioca un ruolo decisivo il microbiota: centomila miliardi di batteri (i ceppi sono 1014 per grammo di feci), divisi almeno in centinaia di famiglie metabolicamente importanti, senza dimenticarne il contenuto genetico (microbioma), almeno 100 volte superiore a quello dell’ospite. Basti dire che ci sono oggi circa 100 mila studi pubblicati su Pubmed.

Un ruolo fondamentale è quello della dieta associata al movimento, fattori capaci di influire sulla composizione dei ceppi. Un aiuto importante può arrivare anche dalla supplementazione alimentare. Sul tema si è discusso in un incontro a Milano, nel corso del quale Dr. Schär ha presentato il suo nuovo marchio Simbios, integratori progettati per persone con celiachia, sensibilità al glutine, disturbi gastro-intestinali e altre necessità di integrazione e che supportano la bidirezionalità del benessere mente-intestino. L’incontro ha visto la partecipazione di Silvio Danese, medico gastroenterologo, direttore della Divisione di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva all’Ospedale San Raffaele di Milano e professore ordinario di Gastroenterologia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele; Arrigo Cicero, professore associato di Scienze Tecniche Dietetiche Applicate presso il Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche Università di Bologna e presidente della Società Italiana di Nutraceutica SINut; e Fabiana Castiglione, professore associato di Gastroenterologia presso l’Università Federico II di Napoli.

Silvio Danese, medico gastroenterologo, direttore della Divisione di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva all’Ospedale San Raffaele di Milano e professore ordinario di Gastroenterologia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele

«In-testino, ovvero una testa piccola dentro il nostro addome – ha raccontato Danese – È il secondo organo più innervato, milioni di cellule e connessioni neuronali: tutto quello che è stress nella testa si riflette nell’intestino. Il benessere intestinale si riflette anche a livello emotivo. Se srotoliamo in maniera immaginaria il nostro apparato digerente la superficie è di 250 mq, come quella di un campo da tennis. Ogni volta che mangiamo, il cibo scatena una reazione immunologica nell’intestino: nel corso di una vita passano tonnellate di alimenti e tantissimi antigeni vengono in contatto con il sistema immunitario di cui è ricco per evitare l’entrata di aggressori pericolosi. Aveva ragione Ippocrate a dire che la salute e la malattia dipendono dalla salute del nostro apparato digerente».

«Al di là dell’estensione – ha aggiunto Cicero – va pensato anche in ottima dinamica: il numero di batteri che costituiscono il microbiota supera il numero delle cellule del nostro organismo, che reagiscono positivamente con il nostro organismo se li manteniamo nelle giuste condizioni. Contribuiscono così alla creazione di microsostanze nutrizionali utili per il nostro corpo: vitamine, alcune delle quali facilitano l’assorbimento di alcuni minerali, e gli acidi grassi a catena corta (butirrato, propionato, acetato, per esempio, ndr) che modulano il metabolismo. Alterarli significa anche alterare la barriera intestinale».

I benefici della dieta e del movimento

Alimentazione, attraverso l’assunzione di fibre e polifenoli, e il movimento, con la produzione indiretta di endorfine, sono in grado di modulare la composizione dei ceppi del microbiota. «Chi fa sport in maniera regolare ha una flora più antinfiammatoria rispetto a chi non lo fa – ha sottolineato Danese – L’abc della medicina, cosa che purtroppo spesso da medici dimentichiamo, è che bisogna avere tutto in equilibrio: vitamina B12, B6, folati, l’assetto lipidico, la vitamina D. C’è oggi tanta attenzione all’omocisteina come fattore di rischio».

Fabiana Castiglione, professore associato di Gastroenterologia presso l’Università Federico II di Napoli

«Negli ultimi dieci anni si è data grande importanza allo stato nutrizionale di una persona, allo stile di vita. La prima domanda cui si sottopone il paziente in un ambulatorio di gastroenterologia è relativa alla dieta – ha rimarcato Castiglione – Uno stato di malnutrizione può condizionare il risultato di una terapia medica, la post-chirurgia, per esempio nella malattia di Crohn, la risposta ai farmaci. L’emblema è la celiachia».

Al contrario la cattiva alimentazione, determinate patologie, ma anche lo stress, ansia, la scarsa qualità o quantità del sonno possono modificare in senso negativo il microbiota. «Quando si ha uno stress acuto o cronico – ha fatto notare Cicero – ne risente la flora intestinale nel bilanciamento tra i ceppi: prendono il sopravvento quelli cattivi. Si determina uno sbilanciamento che porta all’incapacità di assimilazione di alcuni micronutrienti e vitamine. D’altra parte si possono anche produrre sostanze tossiche, la più studiata è il Tmao (Trimetilammina N-ossido), perché associata allo sviluppo anche di patologie cardiovascolari importanti. Il paziente affetto da scompenso cardiaco e disbiotico con alti livelli di Tmao ha una possibilità di morire molto più alta rispetto al paziente solo scompensato».

L’aiuto della supplementazione

Arrigo Cicero, professore associato di Scienze Tecniche Dietetiche Applicate presso il Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche Università di Bologna e presidente della Società Italiana di Nutraceutica SINut

Quello degli integratori alimentari è un mercato che vede l’Italia eccellere in Europa: nel 2025, potrebbe raggiungere i 4,8 miliardi di euro, con un’ampia superiorità rispetto a Germania e Francia, in base al primo report sul mercato della nutraceutica e del novel food in Italia e nel mondo realizzato dall’Area Studi Mediobanca. «Il made in Italy è molto considerato nel mondo per la sua qualità ed evoluzione tecnologica – spiega Cicero – La scienza dell’integrazione si fonda sulla tecnica, che è garanzia di qualità. Scegliere un prodotto adeguato ad alta biodisponibilità può cambiare completamente il risultato di una cura: soprattutto per l’apparato gastroenterico la tecnica formulativa influisce tantissimo. La vitamina D in compresse è, per esempio, difficilmente assorbibile senza un mezzo oleoso o se non ne è microrivestita per favorire l’assorbimento, e i livelli quantitativi quotidiani dovrebbero essere almeno tra le 1000 e 2000 unità giorno. Un buon prodotto probiotico dovrebbe invece avere alta carica microbica e differenziazione di più ceppi».

Fondamentale alimentarsi bene, ma anche integrare. «Non sempre si riesce a seguire una dieta sana, spesso i prodotti hanno perso componenti importanti, c’è una fattore di stress psicosociale, aumentate necessità funzionali, per esempio perché lavoriamo molte più ore rispetto a quelle che ci permette la nostra fisiologia. Abbiamo spesso problemi di salute che impediscono di assorbire in maniera adeguata i micronutrienti, c’è l’aumento di celiachia e ipersensibilità al glutine».

«Quando c’è danno della mucosa intestinale ci sono tante carenze nutrizionali; la supplementazione in questo caso è fondamentale, può migliorare lo stato psicofisico, anche se l’integrazione non deve distogliere dall’attenzione alla dieta» ha rimarcato Castiglione.

«Spesso con una corretta integrazione si riesce a rimettere un paziente “in bolla” affinché tutto funzioni bene. Sia nella salute sia nella patologia gastroenterologica, i pazienti sono però eterogenei: ognuno ha bisogno di un approccio ad hoc» ha fatto notare Danese. La personalizzazione, termine che in tempi di Covid si è spesso dimenticato, torna a essere allora la parola chiave nella medicina, stante un patrimonio di flora intestinale estremamente diversificato (solo per il 10% è simile tra due esseri umani).