La creatina sembra profilarsi come una strategia a basso costo per aiutare i pazienti affetti da Alzheimer a preservare e/o a potenziare la forza e la massa muscolare. È quanto suggerisce un recente studio pubblicato su Frontiers in Nutrition, aprendo la via a nuovi studi di ricerca.

Background

La riduzione della massa e della forza muscolare, spesso ricorrente se non addirittura una costante nei pazienti affetti da Malattia di Alzheimer AD, potrebbe agire sia come conseguenza della malattia stessa sia come fattore di rischio per la progressione. La ricerca pertanto è attiva nel valutare strumenti che possano impattare efficacemente su questo processo e la creatina monoidrato (CrM) sembrerebbe dare una risposta di efficacia in un tempo di azione relativamente breve.

Otto settimane di integrazione di questa sostanza sembrerebbero in grado di favorire in pazienti con AD il recupero della forza muscolare. Perché puntare su questo effetto collaterale della malattia? I più recenti studi di ricerca dimostrerebbero che la disfunzione neuromuscolare possa emergere ancora prima del deterioramento cognitivo in questo cluster di pazienti e che sei mesi di allenamento di resistenza possano apportare sensibili benefici muscolari in caso di un lieve deterioramento cognitivo.

Studi sperimentali, condotti su modelli murini, avrebbero evidenziato che la manipolazione diretta del muscolo scheletrico aiuti a migliorare la capacità cognitive, identificando quindi il muscolo come un importante agente attivo, modificabile, per incidere sul processo patologico. Anche ulteriori studi di letteratura sembrano supportare il ruolo della CrM nel migliorare la forza e le dimensioni muscolari. Vale la pena ricordare che la creatina (Cr) si trova principalmente nel muscolo scheletrico come fosfocreatina (PCr) ed è fondamentale per il mantenimento dei livelli di energia intracellulare. L’integrazione con CrM sembrerebbe promuovere la formazione di PCr e favorire la rigenerazione dell’adenosina trifosfato (ATP) durante le contrazioni muscolari ad alta intensità, con un impatto positivo sulla forza e dimensioni muscolari.

La correlazione CrM e AD

Sono pochi i dati riferiti agli effetti dell’integrazione di CrM sul muscolo scheletrico nel contesto dell’AD, aspetto invece indagato dall’attuale studio pilota a braccio singolo, condotto dall’Università del Kansas, teso a valutare come e se l’integrazione di 20 g/die di CrM per un periodo di otto settimane fosse in grado di modificare la forza e le dimensioni muscolari ed eventualmente anche l’integrità della giunzione neuromuscolare (NMJ). Lo studio ha coinvolto un piccolo numero di partecipanti, 20 soggetti di età compresa tra 60 e 90 anni, di cui 65% uomini e per l’85% di razza bianca, con diagnosi clinica di probabile demenza da AD. Sono stati esclusi dall’analisi partecipanti con recente evento cardiaco, diabete insulino-dipendente, presenza di un’altra malattia neurodegenerativa, chemioterapia o radioterapia eseguito negli ultimi cinque anni, impossibilità di sottoporsi a risonanza magnetica e partecipazione a uno studio clinico entro 30 giorni dallo screening.

Ai partecipanti allo studio è stata somministrata CrM, suddivisa in due dosi da 10 grammi, miscelate con bevande a scelta e tramite un dinamometro manuale è stata misurata la forza di presa della mano dominante. Inoltre, 10 partecipanti sono stati sottoposti a una valutazione della forza della parte inferiore del corpo, che includeva misurazioni della coppia massima registrate in cinque ripetizioni. La valutazione delle dimensioni muscolari (retto femorale e vasto mediale) e dello spessore muscolare (retto femorale, vasto mediale e vasto laterale) è stata misurata in 18 individui. I livelli plasmatici del frammento di agrina C-terminale (CAF) invece sono stati rilevati in 19 partecipanti per poter valutare l’integrità della NMJ. Tutte le valutazioni sono state misurate al basale e a otto settimane.

Risultati dello studio

Tutti i partecipanti hanno ben tollerato l’intervento CrM e hanno mostrato buona aderenza terapeutica, con il 95% dei partecipanti che ha raggiunto una compliance ≥80% e un’aderenza media del 90%. È stato osservato tra il basale e le otto settimane, un aumento della forza di presa della mano da una media di 33,5 kg a 35,5 kg, pari a +6%; un dato ritenuto clinicamente significativo in quanto la forza di presa è correlata alla qualità della vita e alla mortalità negli anziani. Solo 10 partecipanti hanno completato il test di forza delle gambe, durante il quale la coppia massima non è cambiata a nessuna delle velocità testate.

Gli uomini hanno mostrato una forza basale maggiore rispetto alle donne, mentre non sono emerse differenze di genere per quanto riguarda le variazioni della forza delle mani o delle gambe. Ulteriori osservazioni sono state riferite a un aumento dell’area trasversale muscolare (mCSA) nel retto femorale e nel vasto mediale, senza variazioni però per quanto concerne lo spessore muscolare, così come non si sono rilevate differenze significative dell’intensità ecografica media (mEI).

Inoltre, nelle regioni del retto femorale e del vasto laterale si è rilevata una riduzione del grasso sottocutaneo. Infine, le misurazioni antropometriche e della composizione corporea hanno mostrato che l’indice di massa corporea (BMI) non è cambiato dal basale a 8 settimane, rimanendo stabile su un al valore medio di circa 25, così come non sono stati significativi i cambiamenti della circonferenza della vita e la percentuale di massa magra. Infine in relazione all’integrità della NMJ, le concentrazioni plasmatiche di CAF non sono variate tra il basale e l’ottava settimana, con un valore medio di circa 2,5 ng/mL, senza grosse differenze in base al sesso.

In conclusione

I risultati avrebbero mostrato che l’integrazione di CrM si associa a modesti benefici per la muscolatura scheletrica nei pazienti con AD, ma che il miglioramento della forza di presa e l’aumento delle dimensioni muscolari possono contribuire a compensare la perdita muscolare accelerata spesso osservata nell’AD.

Queste evidenze preliminari incentivano a condurre nuove ricerche per valutare il potenziale di CrM nella prevenzione del declino della funzione muscolare correlato all’AD. Resta chiaro che l’attuale studio non fornisce conclusioni definitive sulla correlazione CrM-AD, tanto più in relazione ad alcuni limiti della ricerca, quali la mancanza di dati sulla diversità razziale e di genere, le dimensioni ridotte del campione, l’assenza di un gruppo di controllo e la breve durata dello studio. Inoltre, a causa di problemi meccanici con il dinamometro, sono state necessarie alcune modifiche al protocollo durante lo studio, che hanno impedito prove di familiarizzazione standardizzate.

Fonte

Smith AN, Sullivan DK, Morris JK et al. Eight weeks of creatine monohydrate supplementation is associated with increased muscle strength and size in Alzheimer’s disease: Data from a single-arm pilot study. Frontiers in Nutrition, 2025, 12, 1670641. Doi: https://www.frontiersin.org/journals/nutrition/articles/10.3389/fnut.2025.1670641/full