Le Breast Unit, (s)nodo cruciale e punto di riferimento fondamentale, in grado di offrire alla donna con tumore del seno una presa in carico multidisciplinare e coordinata, finalizzata a migliorare la qualità della vita delle pazienti, garantire le terapie più innovative e assicurare maggiore continuità assistenziale anche nelle fasi avanzate e/o complesse della malattia, ad esempio un tumore del seno metastatico. È l’opinione di 180 oncologi italiani, emersa da una indagine condotta tra ottobre e novembre 2024, da IQVIA Italia, leader a livello mondiale in servizi di ricerca clinica e insight commerciali.
Un approccio multisistemico e multimodale
Ben oltre la chirurgia e le diverse possibili terapie oncologiche, successive più tradizionali, quali chemio e/o radioterapia, immunoterapia, terapia ormonale. La presa in carico e in cura del tumore del seno richiede un approccio più esteso, globale, che attenzioni anche altre dimensioni e necessità della donna; servono un’assistenza continuativa, integrata e centrata sulla persona, un supporto psicooncologico, nutrizionale e un percorso fisioterapico.
Opportunità che possono essere offerte dalle Breast Unit, introdotte in Italia nel 2014, in linea con le raccomandazioni europee, presenti in oltre l’80% dei centri. Una opportunità, tuttavia, cui accederebbe solo la metà delle pazienti, una su due, recludendosi una chance preziosa.
La differenza nel percorso di cura
Aumentano le probabilità di sopravvivenza e migliorano la qualità della vita: sono solo due dei rilevanti vantaggi, offerti dall’accompagnamento alla donna nell’iter di malattia all’interno di una Breast Unit, confermati da diversi studi di letteratura. Si osservano, ad esempio, benefici superiori del 10% in termini di benefici concreti sul benessere fisico, emotivo e sociale rispetto a pazienti trattate in reparti di chirurgia generale.
Tali risultati sarebbero garantiti dalla modalità di presa in carico della paziente all’intreno di queste unità, sistemica, integrata e personalizzata, che segue la donna lungo tutto il precorso di malattia, dalla diagnosi alla chirurgia, dalla terapia oncologica alla riabilitazione. L’approccio multidisciplinare e specializzato impatta su diversi fattori: garantisce una maggiore continuità delle cure, riduce il rischio di recidive, quindi anche la sopravvivenza. Le evidenze parlano di un aumento di quest’ultima fino al 20% per le donne curate nelle Breast Unit rispetto a coloro che sono seguite in centri non specializzati. Opportunità che sono tanto più preziose in pazienti con tumore metastatico, in cui la presa in cura da parte di un team multidisciplinare è cruciale per favorire la migliore qualità di vita, l’aderenza terapeutica e il benessere globale.
Un’opportunità “mancata”
Il supporto delle Breast Unit, secondo l’indagine, sarebbe utilizzato e sfruttato solo dal 50-60% di pazienti con tumore del seno, compreso da coloro con malattia avanzata. Ad esempio il supporto psicologico, presente nell’84% dei centri (contro il 65% nei centri non specializzati), verrebbe usufruito solo dal 50% delle pazienti, la consulenza nutrizionale offerta dall’87% delle Breast Unit (contro il 66%) è sfruttato dal 60% di donne, la fisioterapia post-chirurgica, un servizio presente nel 75% (contro il 53%), viene utilizzata da poco più della metà delle pazienti. Nei centri non specializzati, invece, il supporto è spesso “on demand” e lasciato all’iniziativa della paziente. Esiste quindi un importante divario tra ciò che i centri offrono e ciò che le pazienti realmente ricevono o che utilizzano in tutte le potenzialità.
Le terapie avanzate e oltre
Non solo un supporto “avanzato” ed esteso, le Breast Unit offrono anche programmi terapeutici di ultima generazione, in grado di poter cambiare la storia della malattia, con opportunità anche nelle fasi più avanzate della malattia.
Tra le terapie più recenti si includono l’utilizzo degli inibitori delle chinasi ciclina-dipendenti (CDK), oggi prescritti nel 42% dei casi a donne con tumore al seno con recettori ormonali positivi e fattore di crescita epidermico umano di tipo 2 negativo (HR-positivo, HER2-negativo) e le terapie target, cioè farmaci disegnati per colpire in modo selettivo le cellule tumorali.
Queste sono efficaci nel trattamento di tumore HER2-positivo, utilizzate nel 38% dei casi. L’approccio personalizzato, basato sul profilo molecolare della malattia, sta diventando la chiave per prolungare la sopravvivenza e migliorare la qualità della vita, anche in presenza di metastasi.
Un modello di riferimento in ogni centro oncologico
Le Breast Unit devono diventare lo standard a livello nazionale, al fine di ottimizzare l’assistenza, la continuità della cura e garantire a tutte le pazienti, indipendentemente dallo stadio di malattia o dal luogo di residenza, percorsi terapeutici integrati.
È necessario, inoltre, monitorare non solo la disponibilità dei servizi, ma anche il loro effettivo utilizzo da parte delle pazienti, promuovendo il loro coinvolgimento attivo nelle scelte terapeutiche. Ciò in un’ottica di umanizzazione delle cure: estendere questo approccio a tutto il territorio nazionale rappresenta un passo cruciale per garantire equità e valore nella cura del tumore al seno ed estendere il modello Breast Unit anche a pazienti metastatiche è una priorità per garantire continuità terapeutica, supporto psicologico e qualità della vita anche in fase avanzata di malattia.



