Gli studi condotti negli ultimi 20 anni mostrano l’implicazione del sonno, perturbato, e dell’alterazione del ritmo circadiano nell’insorgenza di patologie neurodegenerative, dalla Malattia di Alzheimer al Parkinson al declino cognitivo, come anche in diverse problematiche cardiovascolari e internistiche.

Indagare i meccanismi trigger, soprattutto di insonnia e del disturbo del comportamento in sonno REM, finalizzata all’avvio di azioni di prevenzione e/o del contenimento del fenomeno è un obiettivo prioritario della ricerca scientifica.

Insonnia

Soffrire di insonnia, il più frequente disturbo del sonno nella popolazione generale, caratterizzato secondo l’ultima classificazione internazionale da sonno perturbato associato a disfunzione diurna con senso di fatica, stanchezza, disturbo di memoria o di attenzione, cefalea, palpitazioni, difficoltà nello svolgere le comuni attività lavorative o nella socialità, potrebbe esporre a un maggior rischio di patologie neurodegenerative, in prevalenza a Malattia di Alzheimer, tanto più elevato in presenza di altre patologie neurologiche, mediche o psichiatriche.

In funzione di questa tesi, il mantenimento della qualità, dell’organizzazione fisiologica dell’architettura e della struttura del sonno notturno rappresenterebbe la prima efficace azione per rallentare l’insorgenza delle suddette patologie o comunque, laddove siano presenti comorbidità, migliorare il quadro clinico generale. Importanti informazioni, con finalità preventive, arriverebbero dalla recente scoperta alcune funzionalità specifiche del sistema GLINFATICO: «Si tratta di un sistema di clearance cerebrale – spiega il professor Giuseppe Plazzi, Responsabile Centro del Sonno, IRCCS delle Scienze Neurologiche di Bologna – che ripulisce il cervello dall’accumulo patologico di cataboliti e di proteine tossiche, attivo quasi unicamente durante il sonno.

La buona qualità del riposo garantirebbe, dunque, il funzionamento ottimale del sistema nervoso centrale con una azione preventiva sui processi neurodegenerativi e sulla deposizione/accumulo a livello cerebrale di alcune proteine, quali la beta-amiloide e i grovigli neurofibrillari di proteina tau, alla base di molte patologie neurodegenerative, della Malattia di Alzheimer in particolare, e della disfunzione cognitiva».

Su questo assunto sono allo studio trattamenti target, farmacologici e non-farmacologici, sui sistemi neurotrasmettitoriali coinvolti nella regolazione del sonno e del ritmo circadiano sonno-veglia; fra questi il sistema GABA e il sistema orexinergico, il primo cruciale per il mantenimento del sonno non-REM ed il secondo attivo durante la veglia. Di recente AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) ha approvato la prima terapia che agisce su uno dei sistemi della veglia bloccando i recettori dell’orexina.

Il disturbo del comportamento in sonno REM (REM sleep Behaviour Disorder – RBD)

«È un disturbo neurologico – aggiunge il professore – caratterizzato da sogni, generalmente violenti e terrificanti. Questi possono associarsi a comportamenti verbali e/o motori, atti di autolesionismo o verso il compagno di letto, dovuti alla perdita della normale atonia muscolare volontaria tipica del sonno REM, che consente l’immobilità anche durante la fase onirica». L’RBD è un fattore noto per lo sviluppo di alfa-sinucleinopatie, per malattia di Parkinson, demenza a corpi di Lewi ed altre forme neurodegenerative, non potendo tuttavia stabilire ad oggi il momento trigger per l’insorgenza di malattia.

Nuovi studi scientifici stanno cambiando lo scenario: «Una ricerca dell’International RBD Study Group dell’Università di Genova – continua Plazzi – ha dimostrato che alterazioni nel funzionamento di specifiche aree cerebrali visibili alla SPECT, un esame di neuroimaging, in combinazione con costipazione e deficit cognitivo, costituiscono un altissimo fattore rischio per lo sviluppo di alfa-sinucleinopatie a 2 anni dalla diagnosi di RBD. Questa informazione offre un importante indice per stimare in maniera accurata in pazienti con malattia il rischio di esposizione a Parkinson o altre alfa-sinucleinopatie».

Attualmente sono in fase di sperimentazione diversi farmaci neuroprotettivi in pazienti con una alfa-sinucleinopatia, sebbene sia noto che queste ultime sono caratterizzate da una lunga fase prodromica con segni di neurodegenerazione tuttavia asintomatici: la somministrazione tardiva della terapia riduce l’efficacia farmacologica. «Riconoscere precocemente l’RBD – sottolinea l’esperto – offre una preziosa finestra di azione con trattamenti neuroprotettivi, fornendo anche informazioni utili al disegno di nuovi studi farmacologici».

Uno studio dedicato

Si chiama FaRPreSto, FAttori di Rischio PREdittivi di conversione nell’RBD idiopatico. STudio ItalianO, ed è stato sviluppato all’Università di Cagliari con l’intento di individuare i fattori di rischio di fenoconversione in pazienti con iRBD. «È uno studio multicentrico nazionale osservazionale longitudinale retrospettivo e prospettico che coinvolge, ad oggi, 13 centri della Associazione Italiana Medicina del Sonno per un totale di 564 casi di RBD – precisa la professoressa Monica Puligheddu, coordinatrice della ricerca.

Fra gli obiettivi secondari vi sono la definizione delle caratteristiche sociodemografiche e cliniche dei pazienti con diagnosi di iRBD, lo studio longitudinale per lo sviluppo di patologie neurodegenerative dello spettro delle alfa-sinucleinopatie, la stima del tasso di conversione a 3, 5, 7, e 10 anni, la valutazione e il monitoraggio dell’impatto dell’iRBD sulla qualità della vita e del sonno, l’analisi della possibile correlazione tra fenoconversione e performance cognitive e tra fenoconversione e grado di perdita della normale atonia muscolare durante il sonno REM». Alla ricerca la risposta a questi cruciali quesiti.