L’allattamento al seno migliora il QI e le capacità accademiche, specificatamente di lettura e matematica dei bambini fino all’adolescenza, favorendo performance scolastiche superiori rispetto a compagni di pari età, ma alimentati con latte artificiale. È quanto suggerisce uno studio, dell’Università di Bristol, nel Regno Unito, pubblicato sulla rivista Nutrients.

Il latte materno fa la differenza

Migliora la crescita, non solo fisica ma anche mentale. Pare, infatti, che bambini allattati al seno a sei mesi mostrino un Quoziente Intellettivo (QI) superiore che si riflette favorevolmente sulla qualità dell’apprendimento e sull’espressione delle capacità scolastiche tanto in discipline umanistiche come la lettura e il linguaggio, ma anche scientifiche, tra cui le abilità di calcolo. Il dato è scientifico e si rileva da uno studio britannico che ha voluto verificare la potenziale associazioni tra l’allattamento al seno a sei mesi di età e un’ampia gamma di risultati neurocognitivi, fino alla tarda adolescenza.

I risultati suggeriscono che, nonostante le influenze demografiche e sociali, più di 40 outcome, tra cui migliori capacità accademiche fra quelle citate e punteggi più elevati di QI, appunto, possono essere “alimentate”, o melio potenziate, dall’allattamento al seno. È emerso, inoltre, che bambini allattati al seno mostrano uno spostamento verso la destrimanzia all’età di 3 anni e mezzo, valutato attraverso compiti specifici come tenere uno spazzolino da denti o un cucchiaio, confermando alcune associazioni notate in precedenti studi, finalizzati al medesimo obiettivo. L’attuale studio sembra fare chiarezza anche su alcuni risultati incoerenti, oscillanti fra delineare potenziali benefici e effetti “placebo” o tesi contrastanti, dovuti prevalentemente a campioni di dimensioni limitate della ricerca o ai differenti strumenti di misurazione utilizzati. 

Le attuali evidenze

Sono robuste le prove, in letteratura, sull’efficacia dell’allattamento materno che arrivano, ad esempio, da uno studio clinico randomizzato controllato (RCT) condotto in Bielorussia, in cui si attesterebbe un miglioramento del QI verbale, del vocabolario, della scrittura e delle capacità di lettura di questo specifico cluster di bambini, con outcome persistenti fino all’adolescenza, sebbene non siano state osservate differenze comportamentali tra il gruppo di intervento e quello di controllo.

A riprova, anche numerose revisioni sistematiche supporterebbero l’associazione favorente dell’allattamento al seno sul QI, in alcuni casi estesi anche a funzioni esecutive, alla cognizione e al comportamento, seppure in genere minori. Riguardo la durata dell’allattamento al seno, sembra che almeno e/o oltre 6 mesi sia il periodo minimo per “assicurare” al bambino questi potenziali benefici, a fronte di studi osservazionali in cui si evidenzierebbero effetti ancora più ampi.

Uno studio scozzese, su 177.000 bambini, ad esempio, metterebbe in evidenza minori difficoltà di apprendimento tra i bambini allattati al seno, mentre studi su coorti giapponesi e australiane riporterebbero una riduzione dei ritardi nello sviluppo e migliori risultati linguistici e intellettivi. Tuttavia, nonostante i risultati coerenti per il QI, sono ancora limitate le esplorazioni di altre conseguenze neurocognitive basate su ampi set di dati, su cui si dovrà ulteriormente indagare.

L’attuale studio

Le maggiori potenzialità indotte dall’allattamento al seno per un periodo minimo di 6 mesi, sul QI si registrerebbero in modo specifico nella memoria di lavoro, ad esempio nella ripetizione di parole non verbali, all’età di 8 anni.

La presente ricerca ha utilizzato i dati dell’Avon Longitudinal Study of Parents and Children (ALSPAC), che ha reclutato oltre 14.500 donne in gravidanza nel Regno Unito, raccolti tramite questionari condotti durante la gravidanza e dopo il parto, riferiti a dati sull’alimentazione del neonato e una caratterizzazione di contesto, con valutazione dello stato dell’allattamento al seno a 4 settimane, 6 mesi e 15 mesi.

Sono stati inclusi fattori confondenti per tenere conto delle influenze sociali e demografiche, in particolare l’istruzione materna e paterna, l’età materna alla nascita, l’ordine di nascita, la tipologia di alloggio, la modalità di parto e il fumo materno durante la gravidanza. Gli esiti neurocognitivi sono stati valutati attraverso 373 misure continue raccolte dall’infanzia all’adolescenza tramite relazioni di genitori, insegnanti e autovalutazioni, nonché test diretti da parte del personale specializzato.

I ricercatori hanno applicato un processo di screening statistico in due fasi, richiedendo inizialmente un p<0,0001 non aggiustato e poi una soglia di p<0,001 aggiustata, affinché i risultati fossero considerati significativi. Sulla totalità delle oltre 11.300 madri che hanno risposto al questionario a sei mesi, il 28,7% allattava ancora al seno, il 24,4% non aveva mai allattato e il 46,9% lo aveva interrotto prima dei sei mesi (con esclusione dunque dei bambini dallo studio). Sul totale delle misure neurocognitive considerate, 42 hanno mostrato associazioni aggiustate significative. I dati più significativo riportano in questo gruppo di bambini, un QI costantemente positivi, con punteggi più elevati nel QI verbale, di prestazione e totale a 8 e 15 anni, con guadagni medi di circa 4,1-5,1 punti QI.

Anche la capacità di lettura ha mostrato solide associazioni in diverse misure, comprese le valutazioni nazionali, mentre le associazioni con l’ortografia sono state più deboli. Infine, circa gli aspetti linguistici i risultati sono stati altalenanti, ma sono stati osservati miglioramenti significativi nelle capacità di conversazione pragmatica a nove anni, come misurato dalla Children’s Communication Checklist. Riassumento, i bambini allattati al seno hanno ottenuto risultati migliori in matematica sia nelle valutazioni degli insegnanti che in quelle nazionali, mentre associazioni simili per le scienze non hanno raggiunto la soglia di significatività rigorosa (p<0,001). I benefici comportamentali sono stati limitati, sebbene i bambini allattati al seno abbiano mostrato una ridotta iperattività e livelli di attività più bassi in età prescolare. 

In conclusione, tra punti di forza e limiti

Le evidenze sembrano supportare la potenzialità dell’allattamento al seno per sei mesi nel favorire il raggiungimento di un QI più elevato, specificatamente prestazioni più performanti in lettura e matematica, migliori capacità motorie fini e conversazionali, con associazioni più deboli per comportamento e tratti della personalità. Quindi, l’allattamento al seno per sei mesi è stato costantemente associato a vantaggi cognitivi a lungo termine in questa coorte, senza prove di danni.

In particolare, i miglioramenti nel linguaggio pragmatico all’età di nove anni fanno fornito prove innovative. Riguardo ai punti di forza dello studio si includono: il disegno basato sulla popolazione, i dati oggettivi degli insegnanti e dei test e l’aggiustamento per molteplici fattori confondenti, tra cui il livello di istruzione di entrambi i genitori.

Fra i limiti si rilevano l’abbandono, una coorte prevalentemente europea bianca che limita la generalizzabilità, l’affidamento esclusivo a risultati continui e la possibilità che soglie statistiche rigorose (p < 0,0001 seguito da p < 0,001) possano aver oscurato alcune associazioni reali. Sebbene la causalità non possa essere confermata, i risultati supportano la promozione dell’allattamento al seno come benefico per lo sviluppo neurocognitivo dei bambini.

Fonte

Goulding N, Northstone K, Taylor CM et al. Differences in neurocognitive development between children who had had no breast milk and those who had had breast milk for at Least 6 months. Nutrients, 2025, 17(17), 2847. Doi:https://www.mdpi.com/2072-6643/17/17/2847