Il virus West Nile torna a far parlare di sé in Italia. Il primo decesso del 2025, una donna di 82 anni residente nella provincia di Latina, riaccende i riflettori su una minaccia infettiva spesso sottovalutata. Secondo il bollettino dell’Istituto Superiore di Sanità del 17 luglio, sono già cinque i casi confermati, di cui quattro in forma neuroinvasiva, una delle manifestazioni più gravi dell’infezione.
La trasmissione avviene esclusivamente attraverso la puntura della zanzara Culex pipiens, che si infetta nutrendosi di uccelli migratori o cavalli. L’uomo rappresenta un ospite terminale: l’infezione non si propaga da persona a persona, né da uomo a zanzara, rendendo centrale il controllo del vettore.

I sintomi e l’importanza della diagnosi precoce
Come spiegato da Miriam Lichtner, infettivologa della SIMIT e docente alla Sapienza di Roma, i sintomi del West Nile possono ricordare una banale influenza: febbre, rash cutaneo, mal di testa. Tuttavia, in alcune persone, soprattutto anziani e soggetti immunocompromessi, possono insorgere tremori, stato confusionale, sonnolenza o gravi complicanze neurologiche.
«La maggior parte delle infezioni decorre in modo asintomatico, e i casi individuati sono solo la punta dell’iceberg – afferma Lichtner – È essenziale potenziare gli screening mirati nei Pronto Soccorso e da parte dei medici di medicina generale. Solo con diagnosi tempestive possiamo limitare i danni».
La rete infettivologica
Uno dei punti di forza della risposta alla diffusione del virus è rappresentato dalla rete infettivologica regionale, che grazie all’esperienza maturata durante la pandemia da Covid-19, oggi rappresenta un’infrastruttura sanitaria reattiva ed efficiente.
Nel Lazio è già stato convocato un vertice con tutti i reparti di malattie infettive e Pronto Soccorso, coordinato da Emanuele Nicastri, Segretario SIMIT e Direttore dell’UOC di Malattie Infettive ad Alta Intensità dello Spallanzani. L’obiettivo è formare il personale sanitario, condividere protocolli di diagnosi precoce e rafforzare la sorveglianza clinica e territoriale.
Le misure di prevenzione
Parallelamente alla sorveglianza clinica, è in corso una vasta campagna di prevenzione ambientale, con disinfestazioni mirate nei Comuni colpiti, uso di larvicidi e adulticidi, e mappatura dei focolai di zanzare. La Regione Lazio ha attivato un piano di monitoraggio dei vettori in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale.
Anche i cittadini possono contribuire: evitare i ristagni d’acqua nei giardini, proteggersi con repellenti e zanzariere, prestare attenzione ai soggetti più vulnerabili.

Le sfide future
Il cambiamento climatico, con l’innalzamento delle temperature e l’aumento dell’umidità, sta ampliando le aree di diffusione della Culex pipiens e di altri vettori. “Bisogna estendere la sorveglianza a tutte le arbovirosi – sottolinea ancora la Prof.ssa Lichtner – come dengue, chikungunya, zika e usutu, alcune delle quali già comparse in Italia”.
Massimo Andreoni, Direttore Scientifico della SIMIT, ribadisce che il virus è ormai endemico in alcune regioni italiane, e sottolinea l’urgenza di consolidare le conoscenze tra i medici per garantire interventi rapidi e mirati: «Riconoscere precocemente l’infezione è cruciale per evitare complicanze, specialmente nei pazienti fragili».
Agire subito per contenere l’infezione
Il West Nile virus rappresenta una minaccia sanitaria silenziosa ma concreta. La rete infettivologica, supportata da diagnosi precoce, prevenzione ambientale e formazione continua, è oggi la principale arma per contrastarne la diffusione. Come dimostrato nel Lazio, un sistema sanitario preparato può fare la differenza, soprattutto quando la minaccia è subdola e sfugge spesso ai radar clinici.


