“Microbiota Revolution 2023. Dalla ricerca alla pratica clinica: a che punto siamo”: questo il titolo del congresso di due giorni che si è appena tenuto a Bologna grazie al sostegno non condizionante di Alfasigma.

Esperti italiani e internazionali si sono avvicendati per aggiornare la comunità medico scientifica sugli ultimi sviluppi della ricerca di base e clinica sul microbiota con l’obiettivo di rendere una materia molto complessa facilmente fruibile per la pratica clinica quotidiana. 

In questo momento storico si sta passando da studi puramente osservazionali sul microbiota a un nuovo approccio incentrato sull’analisi dei meccanismi d’azione della flora batterica e dei possibili effetti della sua correzione su alcune patologie quando è alterato (disbiosi). Il nuovo approccio consente di iniziare finalmente a inquadrare la modulazione del microbiota in una vera prospettiva terapeutica, grazie alla sua capacità di influire sulla salute dell’organismo. È proprio questa la “rivoluzione” a cui si fa riferimento.

L’insieme diversificato e dinamico di microrganismi che compongono il microbiota forma un vero e proprio ecosistema. Dall’equilibrio delle specie al suo interno dipende lo stato di salute generale della persona. È ormai noto, infatti, che le comunità microbiche che popolano l’intestino sono coinvolte in numerosi processi biochimici e immunologici che concorrono al corretto funzionamento dell’ospite in cui vivono, interagendo con esso e stabilendo una relazione simbiotica essenziale per il benessere umano.

«La presenza di alterazioni del microbiota intestinale in diverse condizioni patologiche – sia gastrointestinali sia extra-gastrointestinali – permette di considerare il microbiota come un target terapeutico interessante. La sua modulazione e la correzione della disbiosi e della sovracrescita batterica all’interno dell’intestino si è rivelata efficace nell’ottenere un significativo miglioramento dei sintomi in alcune condizioni cliniche, come la sindrome dell’intestino irritabile o la malattia diverticolare del colon» ha precisato Carmelo Scarpignato, professore di Medicina e Farmacologia Clinica, United Campus of Malta e professore Onorario di Medicina alla Chinese University of Hong Kong.

«Nella malattia diverticolare, che è molto frequente sopra i 60 anni, si ipotizza da tempo che il microbiota abbia un ruolo nella genesi dei sintomi e delle complicanze. Studi recenti hanno rilevato alcune modificazioni importanti sia nel microbiota fecale che in quello stanziale vicino ai diverticoli grazie alla caratterizzazione del microbiota e dei suoi metaboliti» ha affermato Giovanni Barbara, professore Ordinario di Gastroenterologia, Alma Mater Studiorum Università di Bologna e IRCCS Policlinico di Sant’Orsola, direttore scientifico del Congresso. «Si è osservato, inoltre, uno squilibrio importante a favore di un microbiota pro-infiammatorio, con riduzione delle popolazioni batteriche dotate di effetto benefico».

Numerosi studi clinici hanno dimostrato la presenza di un asse intestino – cervello, evidenziato dalla rilevazione di una stretta correlazione tra l’alterazione della flora batterica (disbiosi) e l’insorgenza di varie patologie di tipo neurologico come Alzheimer, Parkinson o ictus cerebrale. La comunicazione tra intestino e cervello avviene in modo bidirezionale proprio attraverso il microbiota.

«Se è ormai noto che il cervello comandi e regoli una serie di funzioni del nostro organismo, comprese quelle digestive, meno conosciuta è l’interazione in senso opposto, ovvero come il nostro apparato digerente può influenzare le funzioni cerebrali. E ancora meno risaputo è che proprio il microbiota a comunicare con il sistema nervoso centrale attraverso una serie di meccanismi diretti o indiretti, come la modulazione del sistema immunitario o altri effetti sul sistema endocrino intestinale. Si tratta di meccanismi e concetti nuovi che ci spiegano come modificazioni del microbiota possono provocare disturbi psichiatrici o psicologici e come possiamo modulare il microbiota per favorire questa interazione cervello – intestino» ha aggiunto Barbara.

Gli esperti hanno segnalato anche l’interazione bidirezionale tra terapie farmacologiche e microbiota intestinale. Molti farmaci sono in grado di modificare la composizione qualitativa/quantitativa del microbiota, così come gli enzimi e i metaboliti batterici possono influenzare la farmacocinetica e la farmacodinamica di numerose molecole.

«I dati più interessanti riguardano l’immunoterapia e la chemioterapia antineoplastica, la cui efficacia e tossicità possono essere modificate dalla composizione del microbiota intestinale. Siamo solo all’inizio di una nuova era che permetterà sempre di più una medicina di precisione, personalizzata sul singolo paziente» ha chiarito Scarpignato.