Lancette avanti e indietro di un’ora, ogni sei mesi. Gli effetti e gli impatti sulla salute sono stati scientificamente misurati e confermano che questi scarti apportano squilibri sull’organismo, in particolare sulla qualità del sonno, sulla maggiore sonnolenza diurna, quindi sullo stato di vigilanza.
A farne le spese tutti, ma soprattutto i cronotipi serali, i cosiddetti “gufi”, con ripercussioni più contenute in autunno rispetto alla primavera in cui il cambio dell’ora sarebbe avvertito in maniera più evidente. Gli effetti, transitori, non vanno tuttavia trascurati. È quanto emerge da una revisione sistematica, italiana, guidata dal Centro di Medicina del Sonno dell’Irccs Neuromed di Pozzilli, in collaborazione con Università di Pavia, Fondazione Mondino, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Università Uninettuno e Università di Genova, pubblicata su Sleep Medicine Review.
Lo studio
I ricercatori hanno condotto una ricerca bibliografica completa su più database, secondo le linee guida PRISMA, selezionando studi riguardanti l’impatto dell’ora legale sugli esiti del sonno e sulla sonnolenza diurna in popolazioni di età compresa tra 6 e 85 anni, utilizzando misure oggettive e soggettive del sonno. Tra quelli presi in esame sono stati estrapolati 27 studi, condotti in diversi Paesi, da cui sono emersi risultati eterogenei: sebbene il cambio dell’ora eserciti comunque un effetto negativo sul sonno, gli effetti peggiori si osserverebbero a primavera.
Il passaggio all’ora legale sembra, infatti, ridurre la durata e la qualità del sonno, maggiormente disturbato e frammentato, quindi con episodi di sonnolenza diurna superiori. Si colgono tuttavia delle differenze “soggettive”, o meglio cronotipiche: più esposti alle conseguenze dello spostamento dell’orologio sociale sarebbero i “gufi”, i cronotipi serali, coloro che tendono a coricarsi tardi e ad alzarsi a giorno inoltrato. Al contrario, il ritorno all’ora solare, in autunno, sembrerebbe avere conseguenze più contenute e talvolta persino favorevoli, con un temporaneo aumento delle ore di sonno.
Le implicazioni
In generale la luce solare serale prolungata legata all’ora legale è maggiormente apprezzate, tuttavia le albe e i tramonti più tardivi interrompono il ritmo circadiano naturale, cruciale per la regolazione del ciclo sonno-veglia.
Risulta, quindi, importante fare una distinzione tra gli effetti transitori del passaggio da e verso l’ora legale e gli effetti prolungati dell’adesione all’ora legale o all’ora solare (ST) per periodi prolungati indotti sulla salute. Effetti che sono diversi, legati a più fattori: principalmente, l’improvviso cambiamento biennale del ciclo luce-buio e la riduzione delle opportunità di sonno in primavera, e in secondo luogo il disallineamento circadiano cronico durante il periodo dell’ora legale.
Quest’ultimo, in particolare, può interrompere i ritmi del sonno, la produzione ormonale e altri processi biologici, soprattutto se combinato con brevi fotoperiodi invernali, riducendo l’esposizione alla luce mattutina necessaria per sincronizzare i ritmi circadiani.
Molto studi si sono ad oggi concentrati sulla valutazione degli effetti immediati delle transizioni da ora solare a ora legale o da ora solare a ora solare, ma in parallelo stanno emergendo evidenze e studi sulle implicazioni a lungo termine del disallineamento circadiano cronico rilevate tramite strumenti e tecnologie, non elementi naturali, peraltro impossibile. Indicatori di orologi disallineati, come la posizione nel fuso orario, ad esempio suggeriscono che l’allineamento o il disallineamento, tra ritmi biologici e tempo sociale dovuto all’ora legale, produce outcome significativi, spesso negativi, in termini di salute, sicurezza e produttività.
Esiti e impatti del cambio dell’ora sulla salute
La deprivazione del sonno, spiegano gli esperti, si allinea meglio con il nostro orologio interno poiché il sole, più vicino a mezzogiorno allo zenit, promuoverebbe un ritmo sonno-veglia più naturale. Questa è la ragione per cui la comunità scientifica considera la deprivazione del sonno permanente rispetto all’ora legale permanente come una “motivazione e un fattore” cruciale per porre fine ai cambiamenti stagionali dell’orologio: più in linea con la biologia circadiana umana, favorirebbe una (qualità) del sonno e una salute generale migliori. Secondo le ultime evidenze scientifiche, i disturbi del sonno, come quelli potenzialmente causati dalle transizioni all’ora legale, correlerebbero a un aumento del rischio di malattie cardiovascolari, disregolazione metabolica e deficit cognitivi, a fronte di studi precedenti che riportavano risultati contradditori, in alcuni casi effetti trascurabili sul sonno e in altri attestazioni di significative interruzioni del sonno e aumento della sonnolenza dopo la transizione all’ora legale.
Punti di forza e limiti
Da un lato l’attuale revisione sistematica ha chiarito alcuni aspetti sull’impatto dell’ora legale e dei cambiamenti di orario sulla qualità del sonno, sulla durata e sulla sonnolenza nei bambini e negli adulti, con informazioni che potrebbero orientare decisioni generali di politica pubblica e sanitaria nella messa a punti di strategie efficaci per la salute e il benessere del singolo.
Dall’altro le ricerche disponibili, per metodi e campioni, mostrano risultati eterogenei: in particolare la mancanza di studi basati su polisonnografia rende necessario sviluppare ulteriori ricerche, più ampie e standardizzate, tali da poter fornire risposte anche sugli esiti a lungo termine. Vero è infatti che i campioni ridotti, metodologie differenti e strumenti di rilevazione non sempre comparabili, non consentono di trarre conclusioni definitive.
Fonti
Romigi A, Franco V, Scoditti E et al. The effects of daylight saving time and clock time transitions on sleep and sleepiness: a systematic review. Sleep Medicine Review, 2025, Vol. 84, 102161. Doi: https://doi.org/10.1016/j.smrv.2025.102161


