La diagnosi della fibromialgia, una delle cause più comuni di dolore cronico diffuso spesso caratterizzata dalla compresenza di sintomi quali stanchezza, difficoltà di concentrazione, astenia, disturbi del sonno, ma anche ansia, depressione e cefalea, spesso in presenza di altre malattie reumatologiche (come la Sindrome di Sjogren o altre connettiviti, l’artrite reumatoide, la spondiloartrite o artrite psoriasica), è resa difficile da diversi fattori. Quali la variabilità dei sintomi e a mancanza di biomarcatori specifici.
Fondazione Italiana per la Ricerca in Reumatologia (FIRA) ha finanziato una ricerca presso il Policlinico Gemelli di Roma per arrivare, in ambito diagnostico a un “quid”, ovvero a una molecola, caratterizzante e quindi valutare l’efficacia di utilizzo di farmaci monoclonali contro l’emicrania.
Gli unmet needs
Si calcola che il 2-4% della popolazione generale sia affetto da fibromialgia, di cui l’80% donne, con un’età media fra i 30 ed i 50 anni. Tutti potenzialmente in attesa di risposte terapeutiche che migliorino la condizione clinica e sintomatologia. Altamente impattante sulla qualità della vita.
«Urgente necessità medica per la fibromialgia – spiega Annunziata Capacci, responsabile Ambulatorio Fibromialgia del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma, presso la UOC di Reumatologia – è l’individuazione di biomarcatori per definire la malattia e caratterizzarne fenotipo e gravità ciò perché la fibromialgia ha molte tipicità proprie della sensibilizzazione centrale, mentre l’alta prevalenza di fibromialgia associata all’emicrania suggerisce che possano condividere una causa comune».
Valutare la possibile relazione di questo binomio è obiettivo dello studio finanziato da FIRA: «In particolare – prosegue la dottoressa – abbiamo ipotizzato che i pazienti affetti da fibromialgia possano avere elevati livelli di CGRP, il peptide che da tempo si ritiene possa giocare un ruolo fondamentale nella fisiopatologia dell’emicrania; valuteremo se ciò è vero e se pazienti con emicrania trattati per quest’ultima con farmaci anti CGRP, traggano beneficio anche per la fibromialgia».
Lo studio
Intende arruolare 200 pazienti affetti da fibromialgia, di cui 100 che soffrono solo di fibromialgia e 100 anche di emicrania (con 20 pazienti come controllo), che verranno visitati ogni 3 mesi nell’arco di un anno.
Durante le visite verranno effettuati esami del sangue e della saliva per evidenziare eventuali differenze significative nei livelli di CGRP nei due gruppi in esame e rispetto alla popolazione di controllo.
Si tratta infatti di una patologia, complessa, ancora piuttosto orfana, sia in termine di dati scientifici sia di sieroteche da cui attingere informazioni e avviare specifici percorsi di cura.
Questi oggi si avvalgono di un approccio integrato che prevede educazione del paziente, fitness (attività aerobica, thai-chi, yoga, pilates, ginnastica posturale, nuoto, etc.), psicoterapia e farmacoterapia.
Attualmente nessun farmaco riporta l’indicazione per l’utilizzo in fibromialgia ma in pratica clinica vengono utilizzati integratori, farmaci miorilassanti, anti depressivi e anticonvulsivanti, a seconda dei sintomi prevalenti. È fondamentale un approccio il più possibile personalizzato e graduale, basato su obiettivi condivisi con il paziente.
Le cause della fibromialgia
Ad oggi non sono ancora del tutto chiare: si ritiene che ci sia una combinazione di predisposizione genetica (familiarità), con eventi di vita stressanti (traumi, interventi chirurgici, malattie, etc.).
Mentre a livello del sistema nervoso centrale sono state documentate numerose alterazioni dei neuro-trasmettitori o di sostanze ormonali che determinano l’alterata percezione del dolore.
Pertanto la ricerca è fondamentale per ampliare le conoscenze sui meccanismi che regolano la malattia e poter compiere un salto di qualità nel trattamento dei sintomi.