Le malattie reumatologiche colpiscono 350 milioni di persone a livello globale e fino a 6,5 milioni nel nostro Paese. Dalle malattie autoimmuni sistemiche, alle artriti infiammatorie, per arrivare alle forme degenerative, le malattie reumatologiche sono circa 200. Spesso croniche, non interessano solo le articolazioni ma anche muscoli, tendini, ossa e talvolta organi interni e hanno un molto pesante sulla quotidianità dei pazienti.

Una vera e propria emergenza sanitaria che richiede un impegno congiunto di Istituzioni e professionisti del settore

Un tema che ieri, 12 ottobre, in occasione della Giornata mondiale delle malattie reumatologiche ha assunto ancora più rilevanza. 

Nella giornata di ieri la SIR- Società Italiana di Reumatologia ha ribadito le priorità più rilevanti: 

  • campagne di prevenzione e informazione sui sintomi e sui corretti stili di vita; 
  • diagnosi precoce e accesso equo alle terapie innovative nei LEA
  • potenziamento della telemedicina e di un approccio multidisciplinare nella gestione dei pazienti; 
  • maggiore formazione dei medici e dei farmacisti, per intercettare i casi sin dai primi segnali e migliorare l’aderenza ai trattamenti. 

L’auspicio della SIR è un futuro in cui le malattie reumatologiche non significhino più limitazioni, ma possibilità di cura, remissione e qualità di vita per tutti i pazienti. Il Disegno di legge n. 946 sulla riforma dell’assistenza reumatologica va proprio nella direzione auspicata.

L’impegno delle Istituzioni

Nei giorni scorsi, in Senato, si è tenuta una conferenza stampa dal titolo “Giornata Mondiale delle malattie reumatologiche 2025: serve un cambio di paradigma. Con prevenzione, diagnosi precoce e innovazione terapeutica un nuovo futuro è possibile”

L’iniziativa promossa dalla Senatrice Maria Cristina Cantù, in collaborazione con la Società Italiana di Reumatologia, e il patrocinio del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati ha rivolto l’attenzione verso, prevenzione attiva, diagnosi tempestive e innovazione terapeutica per ridurre l’incidenza delle malattie reumatologiche, aumentare la possibilità di intercettarle per tempo e di migliorare la qualità di vita dei pazienti.

Le malattie reumatologiche non colpiscono solamente pazienti anziani, per questo motivo è fondamentale promuovere la prevenzione tra tutta la popolazione.

«Nell’immaginario collettivo sono ancora molte le false credenze che circondano le malattie reumatologiche – afferma Andrea Doria, presidente SIR. – Prima fra tutte, quella secondo cui interesserebbero solo pazienti anziani. In realtà possono colpire anche persone giovani-adulte, nel pieno della loro vita attiva, donne in età riproduttiva, bambini. Altro ingombrante falso mito è quello secondo sui sarebbero ‘ineluttabili’. Sebbene la componente genetica rivesta un ruolo importante in molte malattie reumatologiche, è possibile cercare di prevenirle. Ma gran parte della popolazione non lo sa, non è consapevole del fatto che alcuni semplici comportamenti, come non fumare, avere una sana alimentazione, fare esercizio fisico, tenere sotto controllo il peso e proteggersi dalle infezioni con i vaccini, possono ridurre il rischio di sviluppare le malattie reumatologiche o ritardarne la comparsa, soprattutto se in famiglia c’è già qualcuno che ne soffre. I familiari dei pazienti, infatti, hanno un rischio aumentato del 10% di ammalarsi».

Un altro aspetto su cui si è concentrata l’attenzione è quello della diagnosi precoce: l’innovazione degli ultimi anni, in particolare il dosaggio di alcuni biomarcatori, come gli auto-anticorpi, consente di intercettarle addirittura prima che inizino a produrre sintomi.

 «Sono necessari in media 7 anni per scoprire di soffrire di artrite psoriasica, 5 per la spondilite anchilosante, 3 per la sclerosi sistemica e 2 per l’artrite reumatoide, – spiega Gian Domenico Sebastiani, past president SIR.- Se non diagnosticate e trattate precocemente, queste malattie possono portare a danni irreversibili, con conseguenti costi sanitari e sociali. Resta cruciale la formazione dei medici di medicina generale, che devono essere sensibilizzati all’individuazione delle nostre patologie, perché sono loro i primi referenti dei pazienti e hanno la possibilità di intercettare i possibili campanelli d’allarme. E occorre realizzare PDTA che definiscano un iter appropriato, secondo le linee guida, al fine di garantire al paziente la miglior assistenza possibile».

Una volta confermata la diagnosi, il paziente dovrebbe essere preso in carico dal reumatologo e iniziare le terapie. In questo contesto è fondamentale considerare un approccio personalizzato alla cura.

Roberto Caporali, presidente eletto SIR spiega: «Oggi la nuova frontiera si chiama ‘medicina personalizzata’ e consiste nel provare a definire il farmaco giusto, per il paziente giusto, al momento giusto. Attraverso indagini precise, l’analisi dei biomarcatori e quella dei tessuti, possiamo cercare di trovare il farmaco migliore per ogni singolo paziente, riducendo il più possibile la quota di coloro che non rispondono alla terapia. È un approccio già utilizzato in altre aree terapeutiche che sta iniziando a essere percorribile anche in reumatologia».