Scritto da medici per medici, un articolo pubblicato su Cell, intende informare i clinici delle possibilità diagnostico-terapeutiche basate sul microbioma che potrebbero essere davvero a portata di mano colmando quel gap di comunicazione ancora esistente tra ricerca di base e ricerca clinica che ne rallenta l’implementazione.
Le potenzialità del microbioma per la medicina di precisione
Si tratta di un documento che «intende fare il punto sulle possibili applicazioni cliniche del microbioma. A fronte di un’enorme mole di ricerche e di studi sul tema, le applicazioni cliniche restano ancora molto scarse, a volte non del tutto ortodosse, a volte ‘primordiali’. Ma questo cambierà presto, perché il microbioma è il target perfetto per la medicina di precisione, specifico da persona a persona e dalla composizione variabile a seconda degli eventi della vita e della dieta» ha spiegato Gianluca Ianiro, ricercatore in Gastroenterologia all’Università Cattolica e dirigente medico UOC di Gastroenterologia Policlinico Gemelli IRCCS.
Gli (ancora tanti) ostacoli alla sua applicazione
Nonostante queste incoraggianti premesse, esistono una serie di ostacoli che si frappongono alla sua concreta applicazione. «Il primo è biologico: individuare dei nessi causali tra composizione del microbioma e patologie è difficile per l’eterogeneità e la complessità del microbioma intestinale. Il secondo è metodologico: gli studi clinici sul microbioma sono complessi perché devono tener conto della dieta, dei farmaci assunti, di influenze ambientali nel loro disegno; mancano inoltre protocolli standardizzati per la sua analisi. Il terzo è di tipo logistico: mancano studi multicentrici di vasta portata perché la maggior parte delle evidenze in questo campo viene da ricerche accademiche condotte da singoli centri e con bassa numerosità del campione (anche i finanziamenti sono scarsi). C’è scarsa comunicazione tra clinici e scienziati di base. L’ultimo ‘freno’ è di tipo culturale: la limitata dimestichezza col microbioma della maggior parte dei medici previene l’applicazione clinica dei dati di ricerca» ha chiarito Serena Porcari, UOC di Gastroenterologia Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS e prima autrice dell’articolo.
Le prospettive nella diagnostica e sul versante terapeutico
Entro i prossimi 5-10 anni tuttavia, in particolare sul fronte diagnostico si dovrebbero sperimentare importanti risultati. Dal punto di vista diagnostico «il microbiota potrebbe essere utilizzato come biomarcatore di malattia precoce; in questo ambito, gli studi più convincenti sono finora quelli sul cancro del colon. Oppure potrebbe essere utilizzato come predittore di risposta ad una terapia (ad esempio, all’immunoterapia in oncologia), o ancora il microbiota può essere utilizzato per la diagnosi differenziale tra colite ulcerosa e malattia di Crohn» ha sottolineato Antonio Gasbarrini, Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia e Ordinario di Medicina Interna presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, Direttore della UOC Medicina Interna e Gastroenterologia e del Centro Malattie dell’Apparato Digerente (CEMAD) della Fondazione Policlinico Universitario Gemelli IRCCS.
A livello terapeutico le direzioni sono molteplici. C’è innanzitutto quella del trapianto fecale «che si sta raffinando sempre di più e si sta muovendo verso i consorzi microbici (una sorta di cocktail di microbi selezionati, già impiegati per il trattamento delle coliti da Costridium difficile). Un’altra prospettiva promettente è quella dei batteriofagi, virus che colonizzano i batteri patogeni e li distruggono (i fagi ‘litici’); infine c’è quella dell’ingegnerizzazione dei probiotici (produttori o carrier di composti benefici)» ha proseguito Gasbarrini.
Come implementare l’uso del microbioma nella pratica clinica
Alla luce di quanto sopra illustrato, sarebbe importante accelerare l’uso del microbioma nella pratica clinica. Questo sarebbe possibile attraverso diverse azioni: dalla standardizzazione della ricerca e del referto di un test del microbiota da un laboratorio all’altro al miglioramento del disegno dei trial clinici; dall’affinamento del razionale dei trial (capire i meccanismi attraverso la ricerca di base e costruire i trial clinici sui risultati di queste ricerche) ad una implementata comunicazione del mondo della ricerca con quello della clinica in un’ottica di potenziamento dell’interdisciplinarietà.
Le novità attese a breve
Ma che cosa arriverà concretamente a breve? «La prima cosa che arriverà in clinica sarà un test sullo screening del cancro del colon che potrà guidare verso l’indicazione alla colonscopia per le persone che, oltre ad un sangue occulto nelle feci positivo presentino una particolare tipologia di microbiota – ha rivelato il dottor Ianiro, per quindi proseguire – Un altro test dietro l’angolo è quello per prevedere la risposta all’immunoterapia in un paziente oncologico (i dati più solidi acquisiti finora sono sul tumore del polmone e sul melanoma). Sul fronte della terapia, oltre alle indicazioni consolidate del trapianto di microbiota per le coliti da Costridium difficile, le prossime applicazioni saranno sull’eradicazione di batteri multi-farmaco resistenti (MDR) come la Klebsiella nelle infezioni intestinali o prima che queste facciano danni (ad esempio nei pazienti in attesa di un trapianto d’organo). La prossima frontiera consisterà nell’utilizzare il microbiota per potenziare l’azione dell’immunoterapia in campo oncologico».