Il tumore come un dono

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Parlare della malattia, del suo significato, del modo in cui si instaura nell’organismo e del processo fisiopatologico che ne è alla base non è semplice, ma può valere la pena di ribadire su questo tema alcuni concetti fondamentali comuni alle diverse medicine non convenzionali

Sono le parole usate da Nadia Toffa presentando il suo libro ‘Fiorire d’inverno’, che descrive la malattia che l’ha colpita. La nota conduttrice televisiva non intendeva, ovviamente, sostenere che il cancro sia un dono ma che nell’affrontare una prova cosi difficile aveva deciso di far prevalere un messaggio positivo a partire dalla capacità di trovare dentro sé stessi “la forza con cui ho saputo tirarmi fuori”. L’affermazione ha scatenato varie polemiche sui media, da parte di altri ammalati di malattie cronico degenerative, di genitori di bambini affetti da malattie genetiche, di opinionisti che hanno ricordato come Susan Sontag ne La malattia come metafora affermasse senza mezzi termini che la malattia non ha alcun significato e non c’è niente di più primitivo che attribuirgliene uno, perché sarebbe inevitabilmente moralistico. E, comunque, non si può correre il rischio di contaminare la realtà scientifica della malattia.

Parlare della malattia, del suo significato, del modo in cui si instaura nell’organismo e del processo fisiopatologico che ne è alla base non è semplice, ma può valere la pena di ribadire su questo tema alcuni concetti fondamentali comuni alle diverse medicine non convenzionali.

In questo ambito, infatti, non ci si stupisce se per qualcuno la malattia può rappresentare di per sé o in una parte del suo percorso un’occasione di cambiamento di vita e di mentalità, un cambiamento vissuto come positivo nonostante la gravità della malattia. La situazione esistenziale che la malattia produce può diventare un nuovo luogo di incontro dell’altro (famiglia, amici, colleghi di lavoro), diverso, ma più vero e sincero. La malattia non deve essere vissuta come una punizione divina, ma rappresenta sempre uno strumento di difesa dell’organismo, un tentativo, spesso non riuscito, di compensare quello che in esso, per varie ragioni, viene a mancare. È un equilibrio che si è rotto e sempre svolge una funzione adattativa, che ha consentito all’uomo e agli animali a lui più vicini nella scala evolutiva di sopravvivere, adattandosi alle condizioni ambientali più difficili. A un certo livello evolutivo la malattia non esiste: o si vive o si muore.

Quando parliamo di olismo, di rapporti mente-corpo, quando affermiamo con forza la realtà della psico-neuro-endocrino-immunologia (PNEI) e, più recentemente, quando mettiamo in luce i rapporti del microbiota intestinale con gli altri distretti corporei, in primis il cervello, inevitabilmente parliamo di scienza. Quando parliamo di genesi del cancro, oggi non possiamo più riferirci a mutazioni casuali del DNA, ossia mutazioni replicative stocastiche durante la divisione cellulare, come affermano da sempre i principi della genetica dominante che, anche in tempi recenti (Science 2017), portano alla conclusione che “il tumore è causato dalla sfortuna”. Per l’epigenetica non è più così: come ci insegna Ernesto Burgio, massimo esperto Italiano di questa materia, le mutazioni non sono casuali, ma adattative del genoma inteso come un network molecolare complesso e dinamico, in continua interazione con l’ambiente. Questo network molecolare interagisce con la componente più fluida del genoma stesso, l’epigenoma, inducendolo continuamente a trasformarsi e a riposizionarsi, per rispondere nel modo più efficace alle tante sollecitazioni immesse nell’ecosfera nel corso degli ultimi decenni (molecole artificiali, ecosistemi (micro)biologici e virali totalmente trasformati, forme diverse e nuove di energia). Quindi, di tutto possiamo parlare tranne che di ‘caso’ o di ‘fatalità’: la malattia si genera per un complesso di interazioni fra uomo e ambiente, fra interno ed esterno e sempre con un vissuto individuale, che è diverso per ciascuno e che merita grande rispetto e attenzione da parte di tutti.