Franco Berrino, noto medico, epidemiologo, già direttore del Dipartimento di Medicina preventiva e predittiva dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano, racconta il ruolo chiave di alimentazione, movimento e spiritualità in chiave di prevenzione

Da anni Franco Berrino, medico, epidemiologo, già direttore del Dipartimento di Medicina preventiva e predittiva dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, tra i massimi esperti in alimentazione e nutrizione, racconta, con il supporto di studi epidemiologici validati, la potenza del fattore “stile di vita” nel determinare la nostra salute. Un percorso che ha tre vie: alimentazione, movimento e spiritualità giocano un ruolo chiave nello stato di benessere.

La via del movimento

L’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) stima 3,2 milioni di decessi per inattività fisica. Il movimento è uno dei «farmaci» naturali più efficaci. I dati sono ormai inequivocabili. Oltre a contribuire alla prevenzione di alcuni tipi di tumori maligni, l’attività fisica regolare contribuisce al mantenimento del normopeso e abbassa ogni tipologia di infiammazione e il livello di zuccheri nel sangue. Riduce, inoltre, l’insorgenza di malattie coronariche, ictus, ipertensione, diabete di tipo 2 e ipercolesterolemia.

«Una ricerca [1] condotta sulla relazione tra attività fisica e mortalità mostra che all’aumentare dell’intensità diminuisce la mortalità, fino al 40% in meno per chi dedica un’ora e mezzo al giorno all’esercizio fisico – spiega il dottor Berrino – Anche semplicemente mezz’ora, con una certa vivacità, la riduce del 25-30%. L’importante è svolgerla tutti i giorni: si può saltare un giorno, ma non due altrimenti si deve ricominciare». Non c’è bisogno di atti di eroismo, perché un eccesso può essere al contrario dannoso. «Fare molto di più di 5 ore al giorno peggiora la mortalità. Se camminiamo con lo zaino irrobustiamo poi anche le nostre ossa e le vertebre».

Il movimento modifica poi l’attività del cervello, come ricorda Shane O’Mara, direttore di ricerca presso il Trinity College di Dublino e professore di Experimental Brain Research. Fatto di cui dovrebbe tenere conto chi svolge un’attività intellettuale. «L’immobilità è il nuovo fumo – scrive nel libro “Camminare può cambiarci la vita” – Aspettarsi che chi fa un lavoro di concetto trovi soluzioni acute e creative a problemi complessi stando seduto in una stanza sovraffollata è irragionevole e controproducente. L’esercizio regolare e metodico genera nuove cellule nell’ippocampo, un’area del cervello fondamentale per l’apprendimento e la memoria; in aggiunta stimola la produzione di una molecola (chiamata fattore neutrofico cerebrale) che gioca un ruolo importante nella plasticità cerebrale».

Il movimento comincia però già dal respiro, il principale movimento, come sostiene Berrino. «Noi respiriamo inconsapevolmente e affannosamente, con il petto. Dobbiamo respirare, invece, con la pancia: il fegato scende di 15 cm quando respiriamo bene con la pancia. È un massaggio che facciamo ai nostri organi addominali. Se li facciamo muovere continuamente il nostro intestino sarà efficiente: una persona su tre ha difficoltà a scaricarsi».

La via spirituale

Meditazione, preghiera, canto, spiritualità rispetto dei ritmi circadiani. Non c’è solo la via dell’alimentazione per arrivare allo stato di benessere. La psiche influisce sul corpo e viceversa. Ci sono ormai molti studi che certificano, per esempio, come la religione abbia un impatto positivo sulla salute. Come è possibile? «A tal proposito segnalo uno studio [2] dell’Università di Harvard. Alla fine degli anni ’70 sono state reclutate 120 mila infermiere americane, persone colte che potevano rispondere sulle malattie sviluppate. Nel questionario c’era anche una domanda sulla frequentazione del tempio: a parità di età, tabacco, stili alimentari, attività fisica, supporto sociale, chi andava due volte o più aveva una mortalità del 33% inferiore».

La protezione risultava significativamente maggiore nelle donne di colore rispetto alle bianche, è il canto la chiave. «Quando si canta si libera la mente, come avviene quando si prega. Tutte le tecniche di meditazione servono a liberare la mente dai pensieri. Il canto toglie il dolore, riduce il cortisolo, aumenta l’ossitocina, l’ormone che si sviluppa tantissimo nella mamma quando allatta o nell’orgasmo sessuale. I bambini che sentono la ninna nanna, gli studi sono chiarissimi, si ammalano di meno, dormono di più. Ricercatori italiani hanno svolto uno studio sulla recitazione del mantra (termine che vuol dire liberare la mente, difenderla dai pensieri) tibetano. Quando si recita questo canto si rallenta il ritmo dei respiri: invece dei 12-13 al minuto se ne fanno 6 al minuto. È un ritmo che ci armonizza con quelli fisiologici. Anche recitando l’Ave Maria in latino si fanno sempre 6 respiri al minuto. Queste recitazioni aumentano la variabilità del ritmo cardiaco. Chi ha buona variabilità del ritmo cardiaco muore meno».

Dal canto alla meditazione, che equivale alla preghiera e ha diversi effetti positivi: riduce stress, ansietà, aumenta l’attivazione del parasimpatico, riduce la pressione, la depressione, ha azione metabolica, rende più efficace il lavoro dell’insulina, azione anatomica, aumenta lo spessore della corteccia cerebrale. «Con la pratica della meditazione attiviamo e disattiviamo decine di geni di cui spesso non sappiamo il significato. Con la nostra mente possiamo agire sul nostro Dna. In particolare, vengono disattivati i geni dell’infiammazione, NFKB1, mediatore dell’infiammazione; RF1 è invece il gene che la riduce».

Siamo tutti collegati, nulla può esistere per conto proprio. Lo Yoga aiuta a superare i propri limiti e avvicinarci alla comprensione della realtà trascendente, unire il sé individuale a quello universale. «Yoga significa unione del sé profondo al di là del tuo io-ego, riconoscere la divinità che c’è in te con la divinità universale. Sono concetti che si avvicinano alla meccanica quantistica: gli oggetti non esistono come realtà indipendenti» scrive Carlo Rovelli in “Helgoland”.

Il ruolo della psiche nella genesi della malattia

Con quasi 100 miliardi di neuroni, più di 150 mila miliardi di sinapsi, che coprono una lunghezza totale di 160 mila chilometri, più di un terzo della distanza dalla Terra alla Luna, il cervello rimane in larga parte un mistero. Il nostro ha tre livelli. Quello arcaico, che presiede alla sopravvivenza; la struttura limbico-ippocampo-amigdala, che presiede alle emozioni; la corteccia cerebrale, la parte intellettuale, che ha anche a che fare con la spiritualità: l’emisfero destro femminile, creativo; quello sinistro razionale, maschile. Questi tre livelli devono essere in equilibrio.

Gli stimoli che arrivano passano al talamo che decide dove inviarli: se il segnale è urgente va al cervello limbico, che ha reazioni immediate, fuga o attacco, per esempio; altrimenti va alla corteccia cerebrale che con più tempo decide cosa fare. «Il sistema limbico prende il sopravvento quando i bisogni materiali non sono soddisfatti e la ferita più importante è l’abbandono, il rifiuto. Se non ci sono alternative, ci fa ammalare. La malattia è una soluzione biologica. A volte ci ammaliamo per risolvere un problema. Nelle storie di donne con cancro alla mammella spesso ho trovato questo: la malattia libera, consente finalmente di occuparsi di sé stessi. Ci sono cause biologiche e psicologiche, ed è probabile che ci siano due vie di guarigione: una molecolare, con i farmaci, l’altra psico-biologica per risolvere il conflitto».

l terreno è insidioso e conta più l’esperienza che la teoria. «Non ci sono prove, ma qualche volta l’ho osservato. Molto spesso un giovane diventa diabetico dopo un grande evento, un grande pericolo dove ha dovuto lottare. Se ci minacciano sul nostro territorio è più facile che soffriamo di cistite e tumore ala vescica. La paura è legata al polmone, la fretta all’ipertiroidismo, l’ignominia alle patologie del pancreas, l’abbandono all’aumento di peso».

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Fonti

  1. Gebel K, Ding D, Bauman AE. “Physical Activity and Successful Aging-Reply: Even a Little Is Good”. JAMA Intern Med. 2015 Nov;175(11):1863-4
  2. Li S, Stampfer MJ, Williams DR, VanderWeele TJ. “Association of Religious Service Attendance With Mortality Among Women”. JAMA Intern Med. 2016;176(6):777–785