È un argomento dibattuto, anche in Italia. È ferma la posizione riguardo alla carne vegetale nel nostro Paese: l’approvazione finale da parte della Camera dei Deputati, lo scorso novembre ha vietato di fatto la produzione e commercializzazione di carne coltivata e il meat sounding, ovvero l’utilizzo di termini come “salame” o “bistecca” per prodotti a base di proteine vegetali.
Tuttavia, studi di letteratura, recenti, di cui un lavoro pubblicato sul Canadian Journal of Cardiology, ne confermerebbe i benefici per la salute, ad esempio cardiovascolare, grazie alla riduzione di diversi fattori di rischio associati al consumo di carne “normale”, da fonte animale.
Le evidenze
Miglioramenti significativi nei profili di rischio cardiometabolico, senza aumento della pressione sanguigna.
Sono alcuni dei dati più rilevanti emersi da studi recenti che “difenderebbero” i vantaggi dei consumi di una carne prodotta da piante e/o da altre sostanze, diverse dalle fonti animali, con particolare attenzione alla carne rossa.
Quella che è più correlata alle implicazioni per la salute in generale, anche in funzione dei processi produttivi e di industrializzazione cui è sottoposta prima della commercializzazione, favorendo ad esempio l’insorgenza di specifici tumori, gastrointestinali in primis, aumentando il rischio di patologie cardiovascolari, appunto o le probabilità di sviluppare sindromi metaboliche, a partire da obesità/sovrappeso.
Lo studio
È davvero “buona”? il quesito è stato oggetto di una ricerca dell’Università della British Columbia, che ha indagato l’impatto dei sostituti vegetali della carne (PBMA) sui fattori di rischio cardiovascolare, dimostrando che questo alimento, per gli ingredienti che la costituiscono, sarebbe in grado di contribuire alla sensibile riduzione del colesterolo totale, del colesterolo LDL e dell’apolipoproteina B-100.
L’interesse è suscitato dal fatto che, in Canada, il consumo delle carne vegetale rientra tra le raccomandazioni di salute pubblica, finalizzata appunto a diminuire il consumo di alimenti ultra-processati: da qui la necessità di studiare gli effetti sulla salute a lungo termine.
Lo studio che ha coinvolto vari partecipanti che hanno sostituito la carne nella loro dieta con PBMA per periodi controllati, avrebbe fatto osservare proprio in questi consumatori di carne “veg” un rischio cardiometabolico sensibilmente inferiore, senza influenzamento on termini di variazioni della pressione sanguigna.
Gli autori per giungere a queste conclusioni hanno preso in esame alcuni studi di letteratura e i dati di trials dietetici con PBMA come intervento, comparati con prodotti a base di carne.
Emerge che anche i PBMA sono alimenti ultra-processati al cui interno sono presenti altrettanto elevati livelli di sodio, tuttavia questi ingredienti non sembrerebbero potenzialmente impattare sulla salute cardiovascolare/cardiometabolica, a differenza della carne animale rossa.
Altro elemento positivo riguarderebbe il profilo nutrizionale, quello delle PBMA risulterebbe più favorevole rispetto alla carne animale: conterrebbero cioè meno grassi saturi, livelli più elevati di grassi polinsaturi e fibre alimentari.
I dati di trial clinici
I benefici della PBMA sarebbero supportati anche dai risultati di trial dietetici; ad esempio alcuni riporterebbero riduzioni significative del colesterolo totale (-0,50 mmol/L), del colesterolo LDL (-0,39 mmol/L) e dei trigliceridi (-0,15 mmol/L).
In sostanza gli autori concludono in maniera preliminare che sì, la PBMA è “buona”, almeno per il cuore, svolgendo un effetto cardioprotettivo.
Certo le affermazioni non sono conclusive: dovranno essere avviati studi randomizzati a lungo termine per confermare i vantaggi delle PBMA sugli eventi cardiovascolari, ad esempio di infarto del miocardio e ictus, ma le premesse sarebbero a favore.
Fonte
Nagra M, Tsam F, Ward S et al. Animal vs Plant-Based Meat: A Hearty Debate. Can J Cardiol 2024, Vol. 10, Issue 40, P1198-1209. Doi: http://doi.org/10.1016/j.cjca.2023.11.005