Una disciplina emergente in veterinaria è l’osteopatia che “basa la sua filosofia sulla considerazione che l’uomo, così come l’animale, è un’unità di struttura e funzione, in salute ma anche in malattia, in cui la continua, armonica sinergia tra le sue componenti garantisce di fatto lo status psicofisico più ottimale in ogni condizione.” spiega Paolo Tozzi, osteopata in ambito veterinario, Fondatore della Scuola di Osteopatia Veterinaria Italiana, “Sulla base di tali principi, l’osteopata si pone di fronte al paziente nella posizione di ascolto e poi di valutazione e di azione. In ogni quadro disfunzionale, l’osteopata si adopera affinché tali capacità di autoregolazione del corpo vengano supportate e coadiuvate, ai fini di restaurare l’equilibrio fisiologico nel modo più naturale possibile.”
L’osteopatia, continua Tozzi, “in teoria, è applicabile a tutti gli animali, anche se nella pratica ci sono alcuni limiti logistici e applicativi, come per esempio nel caso di animali potenzialmente pericolosi, in particolare i selvatici, o nel caso di pesci, e cetacei per ovvie ragioni.” E aggiunge “l’osteopatia può essere applicata agli animali a scopo preventivo, per evitare l’insorgenza di disturbi ricorrenti o a cui l’animale è fortemente predisposto; curativo, per promuovere i processi di autoregolazione necessari alla risoluzione del disturbo; di mantenimento, come in casi di disturbi cronici, in cui si mira a ridurne la sintomatologia, la frequenza e l’intensità degli episodi acuti, nonché ad ottimizzare la risposta alla terapia farmacologica; di potenziamento, per animali performanti di cui si vuole ottimizzare le prestazioni fisiche e le potenzialità funzionali. Dal punto di vista pratico “Non è possibile in Osteopatia stabilire a priori quale sia il protocollo di intervento per una patologia, poiché non sono la patologia o i sintomi annessi che vengono trattati, ma l’animale nella sua unicità psicofisica, nella sua storia particolare e nel suo contesto irripetibile.” Tuttavia aggiunge, Tozzi “esistono linee guida di intervento, come per esempio la manipolazione vertebrale per le disfunzioni lombopelviche nel cavallo, o tecniche articolatorie alle giunture artrosiche del cane anziano di grossa taglia. Tecniche di bilanciamento delle tensioni legamentose sono spesso utilizzate nelle distorsioni capsulo-legamentose degli animali da sport, nei paramorfismi articolari o nelle displasie di anca o gomito nelle razze più predisposte. Tecniche viscerali e di pompage linfatico sono invece spesso raccomandate per cani e gatti immunodepressi, o affetti da disfunzioni dell’apparato gastro-enterico, o sotto cure farmacologiche prolungate per dismetabolismi o neoplasie. Un approccio fasciale viene spesso indicato per rettili ed esotici, ed integrato ad un lavoro sul sistema diaframmatico soprattutto nei casi di affezione dell’apparato respiratorio (dalle sinusiti alle polmoniti).”