Piante officinali a rischio di “estinzione”: colpa delle lingue indigene

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Molte erbe mediche, officinali, sono in via di “estinzione” e con esse le proprietà terapeutiche e il potenziale impiego nella preparazione di nuovi farmaci o cure di medicina alternativa. Piante che spariscono non per genesi naturale della specie, come sarebbe logico pensare, ma per estinzione della lingua indigena, depositaria di tutte le conoscenze di quella specifica erba o pianta: nome, modalità di coltivazione e preparazione, formulazione d’uso e efficacia terapeutica, non più trasmissibili di generazione in generazione. Perpetrando e preservando la cultura di un popolo, patrimoni e tradizioni.

La perdita degli idiomi

Non è un fenomeno raro: secondo l’Ethnologue, Rosetta Project, uno dei database linguistici più diffusi al mondo che raccoglie anche lingue minoritarie, comprese quelle indigene, il 30% delle oltre 7 mila lingue parlate a livello globale è a rischio di estinzione: spariranno entro la fine del secolo. Come sta accadendo ad esempio agli idiomi parlati in Brasile: nel XVI secolo prima dell’avvento dei Portoghesi erano oltre mille, oggi più o meno a 160.

Come si spiega? I genitori smettono di parlare con i figli la lingua nativa, ne adottano un’altra di più facile intendimento e comprensione, e inevitabilmente la catena genetica di quel primo idioma, tipico di una comunità indigena, si interrompe. Senza possibilità di essere recuperato, tramandato, utilizzato, insieme al bagaglio di conoscenze. Con un impatto possibile anche sulla salute e rimedi terapeutici: basti pensare alla Salix alba L., il salice bianco da cui è stato ricavato l’acido acetilsalicilico che ha prodotto l’aspirina, o al Papaver somniferum, la morfina estratta dai papaveri: cosa sarebbe accaduto se il loro idioma fosse sparito?

“Estinzioni” in corso

Secondo un gruppo di ricercatori dell’Università di Zurigo, in Svizzera, la perdita di nuovi idiomi non è a una battuta di arresto, mettendo così a rischio di “estinzione” la conoscenza di numerosissime specie botaniche e di potenziali informazioni per lo sviluppo della medicina. I ricercatori, in uno studio recentemente pubblicato su Pnas, hanno selezionato oltre 3.500 specie vegetali che potrebbero trovare applicazione in circa 12 mila preparati terapeutici da parte di popolazioni indigene dell’Amazzonia, Nuova Guinea e Nord America. Territori in cui vengono parlate almeno 236 lingue diverse, per unicità, conoscenze, tradizioni, cultura. Anche officinale.

Se si pensa che, secondo gli autori, il 75% delle quasi 12.500 piante medicinali sono patrimonio conoscitivo, esclusivo di una sola lingua, è facile misurare l’impatto che questo possa generare sia sull’informazione delle specifiche erbe, monopolio di un’unica comunità, sia sull’idioma, destinato a sparire in tempi brevi.

Il caso dell’Amazzonia

Può rappresentare un esempio su tutti: i ricercatori, in questo territorio, hanno contato 645 specie di piante conosciute in 37 lingue diverse, le cui singole proprietà terapeutiche per il 91% sembrano essere note solo a un’unica lingua, dunque ad uso e beneficio esclusivamente locale. E un destino ‘forzato’ alla sparizione dalla faccia della terra. Infatti, fatto salvo per un marginale 1%, queste piante non rientrerebbero nelle specie catalogate a rischio naturale dall’International Union for the Conservation of Nature (IUCN). Il danno è, dunque, ingente.

«Ogni volta che scompare una lingua – dichiara Jordi Bascompte, ricercatore del Dipartimento di Biologia Evoluzionistica e Studi Ambientali presso l’Università di Zurigo che ha guidato lo studio – scompare anche una voce parlante, scompare un modo di dare un senso alla realtà, scompare un modo di interagire con la natura, scompare un modo di descrivere e nominare animali e piante». E scompare, anche, la possibilità di un loro impiego terapeutico.

Fonte:

  • Cámara-Leret R, Bascompte J. Language extinction triggers the loss of unique medicinal knowledge. PNAS June 15, 2021 118 (24) e2103683118; https://doi.org/10.1073/pnas.2103683118