di Rachel Roberts, Chief Executive Homeopathy Research Institute e Alexander Tournier, Executive Director Homeopathy Research Institute 

La sesta Conferenza Internazionale dell’Homeopathy Research Institute (HRI) si è tenuta a Salonicco, in Grecia lo scorso giugno e ha segnato l’ultima pietra miliare nell’impegno costante nel promuovere la ricerca scientifica in omeopatia. Forte di una tradizione consolidata in oltre un decennio, l’Homeopathy Research Institute continua a fornire un luogo dedicato alla diffusione di ricerche rigorose e innovative, oltre a promuovere lo scambio e la collaborazione interdisciplinare.

Parole di apertura

La Grecia, con il suo ricco patrimonio medico, ha offerto una cornice appropriata per questo incontro scientifico internazionale. Nel suo discorso di apertura, il dott. George Patoulis, Presidente dell’Associazione Medica di Atene, ha confermato il patrocinio della Conferenza HRI da parte di questa prestigiosa organizzazione. Ha poi sottolineato l’importanza di una documentazione rigorosa sui progressi scientifici della medicina complementare, esprimendo il suo sostegno all’integrità scientifica e all’innovazione nella ricerca in omeopatia. La dott.ssa Natalia Tzima, eminente medico omeopata greco e Vicepresidente del Comitato Europeo per l’Omeopatia, ha poi tracciato collegamenti tra gli insegnamenti di Aristotele e Ippocrate e i principi alla base dell’omeopatia, in particolare l’intuizione olistica secondo cui “il tutto è maggiore della somma delle sue parti“. «Come presidente dell’Associazione Medica di Atene, seguo con grande interesse gli sviluppi della ricerca scientifica in omeopatia e il suo contributo al progresso dell’integrità scientifica e dell’innovazione», ha dichiaro, George Patoulis,medico e  Presidente dell’Associazione Medica di Atene

Proving: il fondamento dell’omeopatia

Il programma del Congresso è iniziato con l’oratore principale, il prof. Ashley Ross (Sudafrica), che ha condiviso la sua esperienza sui proving, ovvero studi che stabiliscono i sintomi precisi che ogni medicinale omeopatico può potenzialmente trattare, secondo il principio di similitudine “il simile cura il simile“. Poiché i proving sono alla base dell’applicazione clinica dell’omeopatia, Ross ha sottolineato l’urgente necessità di maggiore coerenza, tracciabilità e affidabilità dei dati. A tal fine, ha delineato gli sforzi globali necessari per stabilire linee guida che mantengano gli standard scientifici, senza però compromettere gli aspetti esperienziali essenziali di questi studi

Affrontare la resistenza antimicrobica (AMR)

Diverse presentazioni hanno evidenziato il crescente interesse nello studio dell’omeopatia come strumento per ridurre l’uso di antibiotici. La dott.ssa Esther van der Werf (Regno Unito) ha descritto il programma di ricerca a lungo termine, portato avanti da HRI su omeopatia e resistenza antimicrobica (“ENHANCE”), che mira a migliorare l’impatto della ricerca in questo ambito. Attraverso un processo combinato, che prevede revisioni sistematiche e sviluppo di set di risultati fondamentali, questo programma getta le basi strutturali per futuri studi mirati e rigorosi sull’antibiotico-resistenza nei casi di otite media, sinusite cronica e tonsillite. 
Deepti Singh (India) ha presentato uno studio comparativo randomizzato, che confronta l’omeopatia personalizzata con il trattamento antibiotico standard nella cura delle infezioni acute non complicate del tratto urinario, dimostrando come l’omeopatia rappresenti un’opzione promettente per il trattamento di queste patologie. Marcus Reif (Germania) ha invece presentato uno studio osservazionale, attualmente in corso su 650 pazienti con infezioni acute delle vie respiratorie superiori, spiegando la logica ben ponderata alla base della scelta del disegno dello studio, mirato a essere il più appropriato possibile per acquisire dati dal mondo reale.

Sviluppo di nuovi strumenti

Jean-Lionel Bagot (Francia) ha presentato un progetto della Società Internazionale Omeopatica per la Cura di Supporto in Oncologia (SHISSO) volto a standardizzare la cura omeopatica integrativa per i pazienti oncologici, utilizzando il metodo Delphi. È stato contattato un panel di 58 esperti, provenienti da 23 paesi, con l’obiettivo di raggiungere un consenso in 5 continenti. I risultati contribuiranno a orientare le linee guida della SHISSO, fornendo raccomandazioni strutturate e basate sull’evidenza scientifica per il trattamento degli effetti collaterali più comuni delle cure convenzionali contro il cancro.  Uno studio qualitativo della Hélène Renoux (Francia) ha utilizzato i risultati di 22 interviste per generare una nuova scala di misurazione del Patient Reported Outcome (PRO). Questo nuovo strumento è progettato per valutare gli esiti clinici in futuri studi che coinvolgano pazienti con patologie croniche. Harleen Kaur (India) ha poi presentato uno studio pilota randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo, che ha mostrato come l’aggiunta dell’omeopatia al trattamento convenzionale abbia portato a un miglioramento significativo dei sintomi nei casi di nevralgia del trigemino, una condizione di dolore cronico che colpisce il viso ed è particolarmente difficile da curare.

Comprendere le diluizioni omeopatiche

Studi recenti presentati al Congresso HRI 2025 riflettono il crescente interesse scientifico nel determinare il meccanismo d’azione dei medicinali omeopatici ad alti livelli di diluizione. Questo include i progressi nelle indagini fisico-chimiche, che hanno dimostrato come specifici medicinali omeopatici in forma liquida (“potenze” omeopatiche) presentino caratteristiche costanti come, ad esempio, attività elettromagnetica ed emissione luminosa, che differiscono dai controlli. Steven Cartwright (Regno Unito) ha presentato i suoi risultati sperimentali, dimostrando che le potenze omeopatiche emettono luce, generano campi elettrici e magnetici e rispondono alle influenze elettromagnetiche esterne. In collaborazione con il Prof. Leoni Bonamin (Brasile), Cartwright ha esplorato l’uso di coloranti solvatocromici (sonde sensibili che cambiano colore in base alle proprietà dell’ambiente) per rilevare cambiamenti strutturali nell’acqua esposta a preparati omeopatici. Questi effetti sono amplificati in presenza di campi magnetici, suggerendo un modello di interazione basato sul campo e fornendo ulteriore supporto all’ipotesi che gli omeopatici agiscano attraverso la strutturazione dell’acqua.

Studi e analisi

Michel van Wassenhoven (Belgio) ha presentato una serie di analisi multimodali, che caratterizzano le proprietà materiali ed elettrodinamiche delle potenze elevate. I risultati indicano che le diluizioni elevate contengono particelle strutturate distinte dai solventi di controllo. All’aumentare della diluizione, le nanoparticelle strutturate lasciano il posto a nanobolle, di dimensioni e distribuzione costanti. Valutando lo stato di questo sottocampo nel suo complesso, una revisione teorica condotta da Alexander Tournier (Svizzera) ha analizzato 216 pubblicazioni. Sono stati identificati 14 distinti quadri teorici non sovrapposti, che propongono modelli esplicativi per il meccanismo d’azione dell’omeopatia. Questi includono meccanismi basati sulla struttura dell’acqua, sulla fisica quantistica, sui biofotoni e sulla teoria quantistica debole. Da notare che il placebo non è emerso in questo quadro. Questa revisione fornisce le basi per testare ipotesi mirate e per il perfezionamento dei modelli in studi futuri.

Revisione narrativa

Questa prospettiva più ampia è stata proseguita Stephan Baumgartner (Svizzera), che ha presentato una revisione narrativa della sua ricerca di base in omeopatia degli ultimi 30 anni: 35 studi indipendenti, randomizzati e in cieco, condotti in tre laboratori da due studiosi, hanno osservato specifici effetti biologici dei preparati omeopatici. Questi effetti variavano a seconda dello stato fisiologico di “salute” dell’organismo (gli effetti curativi si osservavano principalmente in sistemi moderatamente stressati), indicando un’azione bioregolatrice. I risultati dipendevano anche dal livello di potenza utilizzato: alcune diluizioni mostravano attività, altre invece no. Baumgartner suppose che i preparati omeopatici agissero come interventi non termici, basati sulle informazioni, che interagivano tramite legami a idrogeno, svolgendo una funzione regolatrice. Sandra Tribolo (Francia) ha presentato una ricerca in vitro sulle cellule microgliali, che indica gli effetti immunomodulatori di Anas barbariae 200K a livello cellulare, alterando l’attività di fagocitosi, l’elasticità cellulare e la produzione mitocondriale. Nel complesso, questi studi rafforzano la credibilità scientifica dell’omeopatia, dimostrando effetti specifici e misurabili di preparati ultramolecolari a livello fisico e biologico.

Promuovere l’omeopatia attraverso l’innovazione

Il programma scientifico del Congresso ha messo in evidenza una sintesi emergente dei principi omeopatici tradizionali, attraverso moderne tecniche scientifiche e tecnologiche. Un esempio degno di nota è stato lo studio condotto da Aaron Ka Lun To,  Yvonne Yuen Ying Fok e colleghi (Hong Kong), che dimostra come il registro internazionale di casi clinici Clificol® supporti la validazione statistica dell’omeopatia. L’analisi dei casi di utilizzo dell’omeopatia come trattamento complementare nei pazienti affetti da COVID-19 ha rilevato che la maggior parte delle prescrizioni si basava su un piccolo sottoinsieme di rubriche e medicinali di uso comune e che l’utilizzo di voci non comuni (suggerendo un maggiore grado di individualizzazione) non era correlato a risultati migliori.  Partendo dal tema dell’innovazione digitale, Theodoros Lilas (Grecia) ha presentato un framework che utilizza grafici di conoscenza e intelligenza artificiale vettoriale per mappare la conoscenza dell’omeopatia. Questo approccio consente un riconoscimento avanzato di pattern nei dati sia in ambito di materia medica che di repertorio, gettando le basi per strumenti intelligenti di supporto alle decisioni cliniche, con il potenziale di migliorare la precisione nella selezione dei trattamenti.

Espressione genica

A livello molecolare, Christa Raak (Germania) ha introdotto un protocollo per la profilazione dell’espressione genica nella ricerca scientifica in omeopatia. Il suo studio ha esaminato gli effetti dello zolfo sui linfociti T CD4+ in pazienti con infiammazione parodontale, offrendo un potenziale percorso per comprendere l’immunomodulazione specifica del rimedio. Questo lavoro rappresenta un significativo passo avanti verso la comprensione dei meccanismi biologici d’azione nelle popolazioni cliniche. Infine, Robbert van Haselen (Germania) ha presentato un approccio metodologico per affrontare la variabilità intrinseca nella pratica omeopatica. Applicando strumenti di data science, il suo framework distingue i segnali terapeutici significativi dal rumore clinico. Questa strategia è fondamentale per migliorare la progettazione di studi clinici e meta-analisi, rafforzando così la base di evidenze scientifiche per l’omeopatia.

Nei sistemi sanitari integrati

Nella sua relazione principale,  Thomas Ostermann (Germania) ha affrontato la dimensione economica dell’integrazione dell’omeopatia nei sistemi sanitari, presentando una revisione sistematica di 21 valutazioni economico-sanitarie dell’omeopatia. Sottolineando che “è meglio non fare nessuno studio che uno studio scadente”, Ostermann ha spiegato che, sebbene molti studi suggeriscano un promettente rapporto costo-efficacia, la loro qualità scientifica spesso è carente. Per ovviare a questo problema, Ostermann ha proposto un quadro strutturato per condurre ricerche di economia sanitaria in grado di produrre prove solide e rilevanti per le politiche. Tale approccio è essenziale per informare le politiche sanitarie, orientare le decisioni di rimborso e sostenere l’accettazione istituzionale dell’omeopatia.

Affrontando anche il tema dell’integrazione a livello di sistema, il consulente dell’OMS. Daniel Gallego-Pérez (Colombia) ha parlato del tema “Integrazione della Medicina Tradizionale, Complementare e Integrativa (TCIM) nell’istituzionalizzazione del processo decisionale basato sulle prove di efficacia (EIDM)”. Ha sottolineato l’importanza di colmare il “divario tra conoscenza e pratica” all’interno dei sistemi sanitari, integrando approcci basati sull’evidenza scientifica nello sviluppo delle politiche. Insieme, questi interventi hanno illustrato come una ricerca rigorosa e un processo decisionale basato sull’evidenza scientifica possano contribuire a una maggiore inclusione dell’omeopatia nei sistemi sanitari contemporanei, rafforzandone la legittimità e l’accessibilità su scala globale.

Contribuire al quadro “One Health”

Un focus chiave della conferenza è stato il campo in rapida crescita dell’agromeopatia e la sua integrazione nel più ampio quadro “One Health”, definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come “un approccio integrato e unificante per bilanciare e ottimizzare la salute di persone, animali e ambiente”. Il relatore principale, Pedro Boff (Brasile), ha sintetizzato oltre due decenni di ricerca applicata in agromeopatia, dimostrando la capacità dell’omeopatia di migliorare la resilienza delle piante, la resistenza ai parassiti e la salute del suolo nei sistemi agricoli brasiliani. Il suo lavoro ha illustrato il potenziale impatto dell’impiego dell’omeopatia come strumento centrale nella trasformazione agroecologica, contribuendo alla sostenibilità ambientale e migliorando direttamente la salute di piante e animali. Nell’ultima applicazione di questo approccio, uno studio condotto in Brasile da Charlotte Southall (Regno Unito) ha esplorato l’uso dell’omeopatia per proteggere le viti dalla peronospora. Il trattamento omeopatico è stato associato a livelli più elevati di enzimi protettivi e proteine ​​fogliari, indicando una maggiore resistenza alle malattie. Questi risultati suggeriscono un ruolo dell’omeopatia nel ridurre l’utilizzo di fungicidi a base di rame, noti per i loro effetti dannosi sul suolo e sugli ecosistemi acquatici. Una revisione sistematica presentata Leonardo Faedo (Regno Unito) mira a orientare la ricerca futura in questo ambito: i risultati preliminari dell’analisi di 198 pubblicazioni hanno rivelato risultati promettenti per l’omeopatia nella biostimolazione, nella resilienza e nella produttività delle piante. Paul Doesburg (Svizzera) ha presentato un biotest vegetale a bassa tecnologia utilizzando il crescione come specie modello. Progettato per applicazioni di citizen science, questo metodo supporta una ricerca accessibile e decentralizzata sui preparati omeopatici e promuove un più ampio coinvolgimento della comunità nell’agroecologia.

In veterinaria

Passando all’omeopatia veterinaria, la dott.ssa Ritika Narula (India) ha presentato prove sul potenziale terapeutico di Arsenicum album 6C, Echinacea 200C e tintura di Veratrum album nel trattamento della diarrea neonatale dei vitelli. Lo studio ha rilevato che queste terapie omeopatiche sono più efficaci degli antibiotici convenzionali, suggerendo una valida alternativa per la gestione delle condizioni infettive nel bestiame. La relatrice principale, la prof.ssa Patrizia Bricarello (Brasile), ha condiviso le conoscenze acquisite grazie alla sua consolidata esperienza nell’integrazione dell’omeopatia veterinaria e agricola nelle strategie One Health. Il suo lavoro, ad esempio l’utilizzo dell’unguento omeopatico allo zolfo per la prevenzione e la gestione delle infestazioni di mosche carnarie negli ovini, evidenzia il ruolo dell’omeopatia come opportunità non tossica ed ecologicamente valida, oltre a fornire esempi stimolanti di innovazione basata sulla comunità.

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