La mancanza di tempo potrebbe non essere più arrogabile fra le scuse per non fare movimento, dunque mantenersi in forma e in salute.

Secondo un recente studio americano, del Centro di ricerca cardiovascolare del Massachusetts General Hospital di Boston, pubblicato su JAMA, i canonici 150 minuti (o più) di attività fisica settimanale, da moderata a vigorosa, potrebbero essere concentrati anche nel solo week-end, con potenziali benefici, almeno per il cuore. Sebbene ancora del tutto da chiarire, questa “pillola” di attività fisica potrebbe essere, infatti, sufficiente a ridurre il rischio cardiovascolare. 

Lo studio: “modello guerriero del fine settimana” vs “modello standard”

Il ben-essere del cuore è influenzato dalla quantità di attività fisica praticata e dal fattore tempo in cui questa è condotta? Sulla questione ha indagato uno studio americano ampio, che ha fatto ricorso a dati della Biobanca del Regno Unito: 89.573 persone, di età media 62 anni di cui 56% donne, su cui è stata analizzata la potenziale relazione fra rischio di eventi cardiovascolari, ictus compreso, e accelerometrici.

Specifiche le caratteristiche della popolazione in esame: sportivi, definiti “guerrieri del fine settimana”, che in un tempo condensato ai soli 1-2 giorni, raggiungono la quota di almeno 150 minuti di attività fisica da moderata a vigorosa (MVPA), raccomandati a settimana, e sportivi “standard” che praticano le stesse quantità di esercizio fisico, spalmato su 7 giorni.

Per valutare l’effettivo e/o la differenziazione dell’impatto delle due pratiche sul cuore, tutti i partecipanti sono stati dotati di accelerometri da polso che per un’intera settimana hanno memorizzato l’attività fisica totale praticata e il tempo trascorso a diverse intensità di esercizio. Ai due modello di attività fisica sono stati associati livelli di rischi di fibrillazione atriale incidente, infarto del miocardio, insufficienza cardiaca e ictus: inferiori per il “guerriero nel fine settimana” rispetto a rischi più uniformemente distribuiti di una attività fisica praticata con più regolarità. 

I risultati

Per procedere a una valutazione “di impatto”, i ricercatori hanno inizialmente suddiviso l’MVPA in tre modelli: il guerriero attivo del fine settimana (WW attivo, ≥150 minuti con ≥50% del MVPA totale raggiunto in 1-2 giorni), il regolare attivo (≥150 minuti e senza raggiungere lo stato di WW attivo) e l’inattivo (< 150 minuti).

Gli stessi modelli sono stati valutati utilizzando la soglia mediana del campione di 230,4 minuti o più di MVPA a settimana, mentre per stimare le associazioni tra modello di attività e i vari possibili effetti avversi – fibrillazione atriale incidente, infarto miocardico, insufficienza cardiaca e ictus – è stata utilizzata la regressione dei rischi proporzionali di Cox, aggiustata per età, sesso, origine razziale ed etnica, uso di tabacco, assunzione di alcol, indice di deprivazione di Townsend, stato occupazionale, salute dichiarata e qualità della dieta.

Sulla totalità i partecipanti, stratificati alla soglia di 150 minuti o più di MVPA a settimana: 37872 sono stati inclusi nel gruppo WW attivo (42,2%), 21473 in quello regolare attivo (24,0%) e 30228 fra gli inattivi (33,7%). È stato così possibile osservare in entrambi i modelli di attività, aggiustati per più variabili, una associazione di rischio inferiore per tutti gli eventi cardiovascolari, così ripartiti: fibrillazione atriale incidente (WW attivo: rapporto di rischio [HR], 0,78 [IC al 95%, 0,74-0,83]; regolare attivo: 0,81 [IC al 95%, 0,74 -0,88; inattivo: HR, 1,00 [IC 95%, 0,94-1,07]), infarto miocardico (WW attivo: 0,73 [IC 95%, 0,67-0,80]; regolare attivo: 0,65 [IC 95%, 0,57-0,74]; e inattivo: 1,00 [IC 95%, 0,91-1,10]), insufficienza cardiaca (WW attivo: 0,62 [IC 95%, 0,56-0,68]; regolare attivo: 0,64 [IC 95%, 0,56-0,73]; e inattivo: 1,00 [IC al 95%, 0,92-1,09]) e ictus (WW attivo: 0,79 [IC al 95%, 0,71-0,88]; regolare attivo: 0,83 [IC al 95%, 0,72-0,97]; e inattivo: 1,00 [IC al 95% , 0,90-1,11]).

I risultati erano coerenti alla soglia mediana di 230,4 minuti o più di MVPA a settimana, sebbene le associazioni con l’ictus non fossero più significative (WW attivo: 0,89 [IC 95%, 0,79-1,02]; regolare attivo: 0,87 [IC 95%, 0,74 -1,02] e inattivo: 1,00 [IC 95%, 0,90-1,11]). 

In conclusione 

I ricercatori hanno ritenuto di potere correlare l’attività fisica concentrata entro 1 o 2 giorni a un rischio altrettanto inferiore di esiti cardiovascolari rispetto a un’attività distribuita più uniformemente. In buona sostanza, i risultati sembrerebbero evidenziare che la flessibilità dell’esercizio fisico può essere fra gli indicatori per cumulato benefici per la salute del cuore, con un aumento presumibile dell’impegno di una maggiore fetta di popolazione di praticare attività fisica.

Fonte: Kurshid S, Al-Alusi MA, Churchill TW. Accelerometer-Derived “Weekend Warrior” Physical Activity and Incident Cardiovascular Disease. JAMA2023330(3):247-252. Doi: http://doi.org/10.1001/jama.2023.10875

Katmarzyk PT, Jakicic JM. Physical Activity for Health—Every Minute CountsJAMA, 2023, 330(3):213-214. Doi: http://doi.org/10.1001/jama.2023.11014