Si è conclusa a Roma la tre giorni dedicata alla ricerca in omeopatia, organizzata dall’Homeopathy Research Institute, un’associazione senza scopo di lucro che si occupa di ricerca in omeopatia e della sua divulgazione a livello internazionale.
In apertura è stato letto il messaggio di saluto del ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che ha riaffermato il criterio la libertà terapeutica laddove le cure siano state comprovate. Fra i circa 300 relatori provenienti da tutto il mondo, particolarmente nutrita la presenza della delegazione dell’Associazione degli omeopati di Hong Kong (HKAH), costituita nel 2005, dove la medicina omeopatica sta prendendo piede negli ultimi anni.
Diverse relazioni hanno affrontato il tema, cruciale e ampiamente dibattuto, del meccanismo d’azione del medicinale omeopatico a livello biologico. Sono stati esposti in particolare gli studi su Arnica montana in diluizioni omeopatiche fino alla 15 CH condotti dal gruppo dell’Università di Verona guidato dal professor Paolo Bellavite, e quelli del professor Gustavo Aguilar-Velasquez, messicano, sugli effetti citotossici e apoptotici di diverse diluizioni omeopatiche di Echinacea angustifolia su cellule cancerose in vitro (tumore mammario, cervicale, della prostata).
Appare ormai dimostrato che le diluizioni omeopatiche, anche oltre il numero di Avogadro, sono in grado di modificare l’espressione genica di colture cellulari, aumentandone o diminuendone l’attività.
Più relatori hanno evidenziato il ruolo di sostegno che l’omeopatia può svolgere in ambito oncologico, in particolare per migliorare la qualità della vita dei pazienti e ridurre gli effetti avversi dei protocolli antitumorali.
Altre comunicazioni hanno riguardato l’aspetto della comorbidità e della multiterapia. Si può pertanto pensare a un ruolo integrativo della medicina omeopatica, come ha sottolineato Peter Fisher del Royal London Hospital for Integrated Medicine, anche in patologie gravi, soprattutto nei Paesi del sud del mondo, come la malaria (su questo tema presentati anche i risultati preliminari di tre lavori realizzati in Kenia dall’olandese Martien Brands) e la tubercolosi antibiotico-resistente.
Di particolare interesse, il terzo giorno, il lavoro del metodologo della ricerca Robert Mathie, una rassegna sistematica e metanalisi degli studi randomizzati e controllati sul trattamento omeopatico individualizzato (22 in totale). Questo studio ha riscontrato che la terapia omeopatica individualizzata è più efficace del placebo ed esplica dunque un’azione terapeutica specifica, anche se si considerano soltanto i risultati di trial clinici di alta qualità. Vale la pena evidenziare che i lavori considerati da Mathie riguardano un ampio spettro di condizioni cliniche.
Mariella Di Stefano