Contro l’ipertensione potrebbero “funzionare” anche integratori a base di semi di chia, ad alte dosi, affiancati alle terapie tradizionali.

Dopo alcuni studi di letteratura, dai risultati non sempre univoci, una recente metanalisi, pubblicata sul Journal of Functional Food, ad opera di ricercatori iraniani della Shahid Beheshti University di Tehran, sembrerebbe dimostrare la capacità della chia di migliorare la pressione sistolica.

L’efficacia

Una dose di 25 milligrammi al giorno di integratori a base di semi di chia, prolungata nel tempo, almeno per 10 settimane. Sono queste le quantità ottimali e funzionali ad agire positivamente sul controllo, fino al miglioramento di diversi fattori metabolici, quali la pressione sistolica e diastolica, i livelli di colesterolo totale, LDL e trigliceridi.

Sono le conclusioni cui sono giunti un gruppo di ricercatori iraniani dopo una attenta metanalisi che ha preso in considerazione 14 studi clinici randomizzati per un totale di 729 partecipanti.

La review ha consentito di osservare che pazienti ipertesi in trattamento con una integrazione di semi di chia ad alte dosi, nel lungo periodo – identificato al momento in 10 settimane – raggiungevano risultati soddisfacenti in termine di controllo della pressione sistolica e di diversi altri parametri metabolici.

A fronte, invece, di un nulla di fatto verso misure antropometriche, quali il peso ponderale ad esempio, e marcatori dell’infiammazione. Nello specifico, l’analisi statistica ha dimostrato che l’integrazione con chia ha avuto un effetto sulla pressione sistolica, significativamente ridotta (SMD = -0,41; IC 95%: -0,59, -0,22), e diastolica (SMD = -0,41; IC 95%: -0,65, -0,17), su alcuni parametri ematochimici come colesterolo totale (SMD = −0,30; IC al 95%: −0,48, −0,13), colesterolo LDL (SMD = −0,30; IC al 95%: −0,50, −0,11) e trigliceridi (SMD = −0,20; IC al 95%: −0,38, −0,02), mentre l’analisi non ha evidenziato alcun effetto significativo su altri fattori, tra cui giro vita, peso, indice di massa corporea. In buona sostanza emergerebbe che a fare la differenza è soprattutto il tempo di assunzione dell’integratore di semi di chia. 

Le proprietà

Questi effetti sarebbero adducibili alla proprietà della chia, nota anche come Salvia hispanica, ad elevato contenuto di polifenoli, carotenoidi, vitamine, minerali, flavonoidi, antociani e acidi grassi polinsaturi, una serie di preziosi micronutrienti “essenziali” per l’organismo.

I semi di chia apportano acidi grassi omega-3, specie acido alfa-linolenico, pari a circa il 60% di tutti gli acidi grassi presenti. Ingredienti che, secondo diversi studi di letteratura, sarebbero in grado di migliorare la resistenza all’insulina, i profili lipidici alterati, la tolleranza al glucosio, agendo quindi anche sull’obesità.

A questi fanno tuttavia da contrappeso alcuni trials clinici che non darebbero invece evidenza di efficacia sul controllo della glicemia a digiuno, dell’insulina e dei livelli lipidici.

Studi più recenti, del 2018, farebbero osservare invece la capacità dei semi di chia ad alte dosi di agire efficacemente anche sul glucosio; una evidenza che in qualche modo ha dato il via a questa metanalisi iraniana che sembra “mettere d’accordo” tutti gli studi attualmente condotti.

L’ipotesi

I ricercatori ritengono, in funzione dei risultati ottenuti dall’anali accurata operata, che l’utilizzo prolungato faccia osservare effetti cumulativi ulteriormente migliorativi dei composti bioattivi della chia, riferendosi in particolare a acidi grassi omega-3 e le fibre. Ma la tesi dovrà essere confermata da studi che teorizzino la supposta evidenza.

Fonte

Nikpayam O, Jafari A, Safaei E et al. Effect of chia product supplement on anthropometric measures, blood pressure, glycemic-related parameters, lipid profile and inflammatory indicators: A systematic and meta-analysis. Journal of Functional Food, 2023, Vol. 110, 105867. Doi: 10.1016/j.jff.2023.105867