In caso di tumori “difficili”, ad esempio, neoplasie solide refrattarie alle terapie immunologiche, il trapianto di microbiota fecale standard potrebbe rappresentare una strategia terapeutica capace di favorire due obiettivi: consentire risposte immunitarie e potenziare l’efficacia degli inibitori dei checkpoint immunitari.

Lo dimostrerebbe, seppure ancora su piccoli numeri, un recente studio del Gwangju Institute of Science and Technology (GIST), Corea del Sud, pubblicato su Cell Host and Microbe.

Lo studio

Il trapianto di microbiota fecale (FMT) può migliorare significativamente – in pazienti con tumori solidi metastatici o non resecabili refrattari – l’efficacia degli inibitori PD-1 (anti-programmed death).

È quanto emerge da un lavoro di ricerca condotto su 13 pazienti con cancro gastrico metastatico, carcinoma esofageo a cellule squamose e carcinoma epatocellulare in forma avanzata e refrattari, ovvero precedentemente sottoposti a un trattamento in monoterapia con nivolumab, un inibitore PD-1, facendo osservare una progressione di malattia. Pazienti nei quali un trattamento combinato con nivolumab e trapianto di microbiota fecale (FMT) sembra favorire un buon controllo della malattia in una significativa percentuale di casi.

I risultati

Sulla totalità dei partecipanti allo studio, il FMT avrebbe indotto in 6 pazienti sensibili cambiamenti del microbiota e benefici clinici facendo registrare, in un caso una risposta parziale e nei restanti 5 stabilizzando la malattia, con tasso di risposta oggettiva, in termini percentuali del 7,7% e del 46,2% sul controllo della malattia.

Nello specifico i pazienti sono stati sottoposti a un ciclo di antibiotici orali per cinque giorni prima del primo FMT e successivamente a una serie di FMT tramite colonscopia in continuità con trattamento con nivolumab. Le valutazioni della risposta al trattamento sono state effettuate ogni sei-otto settimane utilizzando tomografia computerizzata.

Gli esperimenti di laboratorio

Tali benefici clinici sarebbero associati all’aumento delle cellule T citotossiche e delle citochine immunitarie nel sangue e nei tumori, evidenti da studi di laboratorio in cui i ricercatori hanno isolato Prevotella merdae Immunoactis da un responder al FMT, attivando così l’azione delle cellule T, quindi, inibendo la crescita tumorale e favorendo la migliore penetrazione delle cellule T.

Di contro, ulteriori esperimenti avrebbero mostrato le potenzialità inibitoria dei Bacteroides plebeius sull’immunità antitumorale. Una sequenza di eventi che farebbe supporre che il trapianto di specifici ceppi batterici, in particolare Prevotella merdae Immunoactis, sia cruciale nell’aumentare l’efficacia della terapia con inibitori PD-1 a differenza di altri ceppi come Bacteroides plebeius e Lactobacillus salivarius, totalmente inefficaci, fino a indurre un “effetto avverso” diminuendo la proliferazione delle cellule T promossa da P. merdae Immunoactis.

In conclusione

Le evidenze preliminari sembrano dimostrare le potenzialità del FMT con microbiota nel superare potenzialmente la resistenza agli inibitori anti-PD-1 nei tumori solidi avanzati, in particolare nei tumori gastrointestinali, profilandosi come una possibile opzione terapeutica in pazienti con neoplasie refrattarie alle terapie immunologiche standard, qualora ulteriori studi confermassero l’efficacia di questo approccio innovativo.

Fonte: Kim Y, Kim G, Kim S et al. Fecal microbiota transplantation improves anti-PD-1 inhibitor efficacy in unresectable or metastatic solid cancers refractory to anti-PD-1 inhibitor. Cell Host and Microbe, 2024, Vol. 32, Issue 8, p1380-1393.e9.