Approfondiamo con il professor Giuseppe Barbaro, specialista in Medicina interna e cardiologia, le cause scatenanti del Monkeypox in soggetti fragili, principalmente sieropositivi, in trattamento antiretrovirale

Sarebbero circa 5 mila i casi di vaiolo delle scimmie (Monkeypox) a livello globale, 760 i casi confermati in Italia (37 anni l’età media). La malattia, spiega il sito del Ministero della Salute, si trasmette attraverso un contatto stretto con un caso sintomatico. I segni più frequenti sono linfonodi ingrossati ed eruzioni o lesioni cutanee. I sintomi comprendono di solito febbre, sonnolenza, mal di testa, dolori muscolari e in genere durano da 2 a 4 settimane e scompaiono da soli senza trattamento.

La malattia, già endemica in alcune zone dell’Africa, in Occidente sembra essere più diffusa in alcune categorie di persone. Uno studio del New England Journal of Medicine sostiene che per il 98% colpisce la comunità gay o bisessuale; il 41% delle persone infette è positivo all’Hiv e l’età media è di 38 anni. Il 23 luglio 2022 l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha dichiarato la malattia una «emergenza sanitaria globale».

Alcune voci, però, non condividono questa narrazione. «L’immunodepressione dei booster della vaccinazione anti-Covid in soggetti fragili, principalmente sieropositivi, porta a squilibrio immunitario e riattivazione del virus Herpes zoster» sostiene Giuseppe Barbaro, specialista in Medicina interna e cardiologia, autore di più di 200 pubblicazioni, che per anni ha studiato le complicanze cardiovascolari associate a malattie virali (Hiv) e a quelle della terapia retrovirale (Haart).

Il ruolo dell’immunodepressione

Giuseppe Barbaro, specialista in Medicina interna e cardiologia

«Lo stato di immunodepressione che può determinare un vaccino può scatenare manifestazioni di Herpes zoster. Lo evidenziavano già alcuni articoli del 2009 in merito alla vaccinazione antiepatite o antinfluenzale – spiega Barbaro – L’Herpes zoster è all’interno dei gangli nervosi e si riattiva quando viene a mancare la sorveglianza immunologica.

Nei soggetti sieropositivi in trattamento antiretrovirale con diagnosi di vaiolo delle scimmie ciò che avviene è che dopo la terza, quarta dose della vaccinazione anti-Covid si presenta un crollo delle difese immunitarie e una risalita dell’Hiv. È come se si ritornasse a uno stato precedente, con maggiore vulnerabilità alle infezioni, comprese quelle endogene come l’Herpes zoster. Uno studio canadese ha rilevato che il 95% delle lesioni cutanee nei soggetti cui era diagnosticato il vaiolo delle scimmie erano in realtà determinate da particelle virali erpetiche».

Un caso trattato

Il professor Barbaro cita anche un caso di un suo paziente trattato come Herpes zoster e guarito. Il paziente era «un maschio omosessuale in terapia aniretrovirale a cui era stata somministrata la quarta dose in quanto considerato fragile. In seguito si è verificato un rialzo dei livelli della carica virale di Hiv, che era soppressa dalla terapia antiretrovirale. Ciò ha causato un’emergenza di lesioni cutanee. Il medico di base l’ha classificato come vaiolo delle scimmie senza visita. Io, dopo aver visitato il paziente, l’ho classificato come Herpes Zoster. Come terapia ho somministrato Aciclovir ad alto dosaggio e il paziente è guarito in meno di un mese. La diagnosi oggi viene effettuata spesso con tamponi che possono dare falsi positivi. Occorrerebbe eseguire la diagnosi con microscopia elettronica, per non diagnosticare come vaiolo delle scimmie anche i casi di Herpes zoster».

Virus cardiotropi e miocarditi

Secondo il professor Barbaro anche alcuni casi di miocarditi emersi in seguito a Covid e/o a vaccinazione sono determinati dalla riattivazione di virus erpetici. «Non si verificano a causa del Coronavirus, che non è cardiotropo, ma per la riattivazione di virus come Citomegalovirus ed Epstein-Barr, che portano questo tipo di infiammazioni acute.

In realtà i meccanismi che interessano le miocarditi sono quattro. Uno è diretto dalla spike vaccinale ed è stato verificato nelle autopsie e nelle biopsie miocardiche. Il secondo è la partecipazione tra spike vaccinale e virale: la combinazione tra vaccino e infezione naturale porta un’intensificazione dell’infezione virale mediata da anticorpi (Ade). Il terzo meccanismo è autoimmunitario: c’è una reazione crociata autoimmune tra la spike vaccinale e la titina miocardica, una proteina del miocardio. Infine, l’ultimo è legato all’immunodepressione».

I rischi a medio-lungo termine

Secondo Barbaro gli effetti avversi su immunodepressi sarebbero una delle falle dei trials. «Nello studio preclinico che ha permesso l’autorizzazione condizionata del vaccino sono stati esclusi immunodepressi e pazienti con malattie autoimmuni. Per lo stesso motivo, anche l’attuale vaccinazione per il vaiolo delle scimmie potrebbe ulteriormente peggiorare lo stato».

Il professor Barbaro teme, inoltre, effetti a medio-lungo termine di varia natura legati alla somministrazione del booster anche nella popolazione generale. «Peter McCullough, a inizio campagna vaccinale, sottolineava il rischio di ridotta risposta dell’interferone di tipo 1, che porta a infiammazione di tipo neuroinfiamamtorio. Oggi è stato riscontrato un aumento di malattie neurodegenerative, Parkinson, sclerosi a placche, ma anche progressione dei tumori e riattivazione di infezioni endogene come quelle erpetiche».

Occorre anche prestare attenzione, infine, alla possibile retrotrascrizione dell’Rna vaccinale nel Dna, dimostrata in vitro. «L’Rna non scompare nel giro di pochi giorni, ma può persistere anche per due mesi. C’è anche la possibilità che non venga trascritto correttamente come spike virale, ma come un’altra proteina che, non riconosciuta, può determinare malattie autoimmuni o tumorali» conclude il professore.

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