Microbiota e immunoterapia: la relazione fra questi due fattori sembra essere stretta, almeno in caso di melanoma. Specifiche composizioni del microbiota offrirebbero (potenzialmente) una migliore risposta al trattamento immunoterapico in pazienti con melanoma metastatico, ma (punto debole) resta ancora da capire perché questo esito positivo non si verifica in eguale misura in tutti i pazienti sottoposti alla stessa terapia. Si tratta di considerazioni e evidenze espresse in un recente lavoro internazionale uscito su Nature Medicine (“Cross-cohort gut microbiome associations with immune checkpoint inhibitor response in advanced melanoma”).

Il punto di partenza

La composizione del microbioma intestinale è stata associata a differenti risposte cliniche al trattamento con inibitori del checkpoint immunitario (ICI), ovvero a anticorpi monoclonali immunomodulatori in grado di aumentare l’immunità antitumorale dell’ospite, bloccando gli inibitori dell’attivazione e della funzione delle cellule T, quali i recettori T, definiti immuno-checkpoint, e facilitando le azioni mediate da cellule T contro i tumori. A questa prima evidenza non corrisponde tuttavia uguale consenso sulle caratteristiche specifiche del microbioma potenzialmente associate ai benefici clinici degli ICI.

Per provare a arrivare a questo quesito un gruppo di ricercatori internazionali, di cui una buona parte anche italiani, ha eseguito il sequenziamento metagenomico di campioni di feci raccolti prima dell’inizio dell’ICI da cinque coorti osservazionali comprendenti pazienti naïve all’ICI con melanoma cutaneo avanzato (n = 165). Integrando il set di dati con 147 campioni metagenomici di studi precedentemente pubblicati, è stato possibile osservare l’associazione rilevante con il microbioma intestinale, tuttavia coorte-dipendente con la risposta agli ICI.

Un’analisi di machine learning ha confermato il legame tra il microbioma e i tassi di risposta globale e la sopravvivenza libera da progressione con gli ICI, ma ha anche rivelato una riproducibilità limitata delle firme basate sul microbioma tra le coorti. L’attenzione dei ricercatori si è dunque rivolta alla ricerca di eventuali specifiche famiglie batteriche, arrivando a rilevare nel pannello di specie soprattutto tre popolazioni: Bifidobacterium pseudocatenulatum, Roseburia spp. e Akkermansia muciniphila. Queste sembrano responder, ovvero capaci di assicurare una migliore risposta immunitaria nel paziente sottoposto a immunoterapia, sebbene nessuna singola specie può essere considerata un biomarcatore coerente e ricorrente in tutti gli studi persi in esame.

«L’immunoterapia – spiega Karla Lee, primo autore dello studio – ha rivoluzionato il trattamento del melanoma avanzato, con una risposta positiva, ovvero una sopravvivenza aumentata di un anno, nel 50% dei casi. Dati di pratica clinica sembrano tuttavia non coinvolgere una percentuale così alta di pazienti». Qual è la ragione della diversità fra responder e non responder? La risposta resta ancora da chiarire, e parallelamente è necessario anche trovare strategie per aumentare il numero dei responder: l’azione sul microbiota sembra essere una possibile strada e tra le più promettenti. È necessario dunque avviare nuovi studi con campioni più ampi, tenendo conto della complessa interazione di fattori clinici con il microbioma intestinale.

La capacità plastica del microbiota

Punto di forza è certamente la possibilità di modificare agilmente e rapidamente la composizione del microbiota agendo sulla correzione dello stile di vita, a partire da una alimentazione specifica e dall’uso di probiotici di nuova generazione, fino a modalità più invasive, come il trapianto fecale. Azioni che come diretta conseguenza modificano positivamente anche gli esisti sul sistema immunitario. Sciolto il nodo circa le caratteristiche del microbiota che rendono un paziente responder alla cura, sarebbe possibile agire preventivamente per favorire un miglior effetto terapeutico.

In conclusione

Sembrano, in sostanza, esser due le azioni su cui puntare. Da un lato approfondire le ricerche sul microbiota, così da impostare strategie personalizzate per migliore gli esiti dei trattamenti immunoterapici nel paziente con melanoma. Dall’altro, considerando la variabilità individuale del microbiota intestinale, avviare parallelamente studi che consentano di definire le caratteristiche del microbiota che attivano una risposta positiva all’immunoterapia. Tra le prime vie da vagliare c’è la dieta: diversi studi dimostrerebbero la potenzialità di una dieta ricca di fibre nel favorire il legame alimentazione-microbiota-risposta immunitaria. L’indagine in futuro potrà esser anche estesa ad altre tipologie di tumore e ad altre informazioni genomiche, finalizzate al miglior controllo dei tumori, anche di fase avanzata.

Fonte:

  • Lee KA, Thomas AM, Bolte LA et al. Cross-cohort gut microbiome associations with immune checkpoint inhibitor response in advanced melanoma. Nature Medicine, 2022, 28:535–544.