“Il diabete rappresenta una delle sfide più rilevanti del nostro tempo, trattandosi di una patologia che continua a registrare una costante crescita in tutti gli Stati, soprattutto in quelli a basso e medio reddito. In questo contesto, il Diabetes Barometer Report si conferma un importante strumento per la valutazione e il monitoraggio dell’andamento del diabete di tipo 2 in Italia, fornendo dati preziosi per orientare le nostre politiche e azioni future nella lotta al diabete”, si legge nella prefazione del Report 2024 a firma del Ministro della Salute Orazio Schillaci, presentato lo scorso 9 luglio presso la Sala Zuccari del Senato in occasione del 17° Italian Barometer Diabetes Summit.
L’evento – che ha fatto il punto sulla situazione del diabete nel nostro Paese, mettendo in luce i gap e le politiche da implementare – è stato realizzato su iniziativa della Senatrice Daniela Sbrollini, in collaborazione con Intergruppo parlamentare obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili, Italian Barometer Diabetes Observatory Foundation (IBDO Foundation), Istat, Università di Roma Tor Vergata – Dipartimento Medicina dei Sistemi, Coresearch, Crea Sanità, Bhave, e con il contributo non condizionato di Novo Nordisk,.
I dati del diabete e la situazione italiana
Stando alle proiezioni dell’International Diabetes Federation, entro il 2045 ben 1 adulto su 8, pari a 783 milioni di soggetti, vivrà con il diabete, con un aumento del 46% rispetto alla situazione odierna.
Il diabete, come è noto, è una patologia silente in cui lo squilibrio glicemico nel tempo determina complicanze a cascata sui principali organi vitali, con una riduzione dell’aspettativa di vita e una evidente compromissione della qualità della stessa. Il Consiglio d’Europa considera difatti il diabete una delle più importanti sfide del nostro tempo; negli ultimi anni si è assistito ad importanti passi avanti nella prevenzione e nella gestione della patologia, ma molto si può ancora fare.
A soffrire di diabete in Italia sono circa 4 milioni di soggetti, pari al 6,6% della popolazione; a ritmi di crescita costanti, nel 2040 questa percentuale potrebbe raggiungere il 10% della popolazione con un aggravamento oltre che della complessità clinica e sociale, anche della sostenibilità stessa del SSN in considerazione degli importantissimi costi economici della patologia.
Le differenze regionali nell’incidenza e nell’assistenza
I dati Istat presentati nel corso del Summit hanno mostrato differenze territoriali molto marcate sia con riguardo all’incidenza della patologia ma altresì con riguardo a prevenzione, diagnosi precoce, accesso alle cure, alla presa in carico e ai farmaci innovativi.
Secondo le ultime analisi, i fattori socio-demografici che aumentano il rischio di sviluppare il diabete sono l’età avanzata – addirittura di quasi 8 volte tra gli over74enni (rispetto ai 45-54enni) – il sesso maschile (gli uomini hanno un rischio maggiore delle donne di circa il 40% a parità di età), il fatto di vivere al Sud, elemento quest’ultimo che espone ad un rischio aumentato del 50% rispetto a chi vive al Nord e in comuni con più di 2000 abitanti.
Per quanto riguarda, invece, gli aspetti socio-economici, il rischio quasi raddoppia tra le persone con un basso titolo di studio rispetto ai laureati; aumenta di circa il 30% tra chi giudica scarse o insufficienti le risorse economiche della propria famiglia rispetto a chi gode di risorse economiche ottime o adeguate. Infine, emerge la forte associazione con l’obesità, che incrementa il rischio di diabete di oltre il doppio a parità di tutti gli altri fattori considerati, mentre la sedentarietà aumenta tale rischio di circa il 30%.
Il peso delle comorbidità e l’impatto sulla qualità della vita
Il report ha sottolineato altresì come 3 pazienti diabetici su 4 presentino comorbidità, un elemento questo che aggrava il quadro clinico e grava negativamente sulla qualità di vita, percepita bassa in particolare da coloro che hanno una situazione economica sfavorevole.
L’importanza dell’ambiente
Un altro elemento evidenziato dal 17° report, è l’incidenza dell’impatto ambientale sullo sviluppo della patologia.
La vita nelle città contribuisce all’insorgenza della patologia – in particolare a causa di stili di vita sedentari e modelli alimentari scorretti – cui concorre anche l’inquinamento atmosferico.
A sottolineare questo elemento Giuseppe Novelli, già rettore dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, che ha evidenziato quanto sia ormai noto come stress, epigenetica e inquinamento influenzino la patologia.
Il problema del diabete esce quindi dalle strette maglie di un controllo glicemico basato su un corretto conteggio dei carboidrati, per diventare un problema di bene comune, in un’ottica ‘one health’ di salute pubblica.
Le due sfide del momento a livello globale sono rappresentate dal surriscaldamento globale e dai cambiamenti climatici da una parte e dal proliferare di malattie croniche non trasmissibili, ha sottolineato Walter Ricciardi, Professore ordinario di igiene e medicina preventiva dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che ha tenuto una lecture sul tema della ‘planetary health’.
Nel momento in cui le due sfide si intersecano – ha sottolineato – questo si traduce in una forte erosione della salute.
Le azioni da intraprendere
Urbanizzazione, invecchiamento della popolazione, aumentata sedentarietà e aumento della prevalenza di sovrappeso e obesità hanno impattato negativamente sull’aumentata incidenza del diabete.
Per ridurre l’impatto del diabete occorre un’alleanza con tutti gli attori coinvolti a vario titolo in questa sfida: politica, istituzioni, mondo scientifico. E’, inoltre, indispensabile adottare politiche di prevenzione, migliorando l’informazione e assicurando una diagnosi precoce, sia nel diabete tipo 2 che in quello tipo 1.
Altresì, occorre garantire cure adeguate ed omogenee su tutto il territorio anche grazie a telemedicina e nuovi device che consentano di scongiurare o per lo meno ritardare le gravose complicanze della patologia.