L’articolo, pubblicato su Medical Science Monitor, chiarisce il meccanismo di azione dell’associazione di farmaci a base di indometacina, flavonoidi e antiaggregante. Secondo il professor Serafino Fazio, primo firmatario dello studio, occorrerebbe fare studi comparativi di non inferiorità di questa cura con i farmaci antivirali

Un nuovo studio [1] peer reviewed pubblicato su Medical Science Monitor (“A Review of the Potential Roles of Antioxidant and Anti-Inftammatory Pharmacological Approaches for the Management of Mild-to- Moderate Symptomatic COVID-19”) chiarisce ulteriormente il precedente studio osservazionale retrospettivo [2] sull’efficacia della cura precoce contro il Covid grazie all’azione sinergica di un mix di farmaci, tra cui l’indometacina, somministrati nelle prime 72 ore (di cui abbiamo parlato negli articoli “Terapie domiciliari precoci, la cura contro il Covid è possibile”Covid, terapie domiciliari precoci: le testimonianze dei pazienti”).

Gli autori sono Serafino Fazio, già professore di Medicina Interna all’Università degli Studi di Napoli Federico II, specialista in medicina interna e cardiologia e componente del Consiglio scientifico del Comitato Cura Domiciliare Covid-19; Flora Affuso, medico specialista in geriatria e PhD e Paolo Bellavite, ematologo, già professore di Patologia generale all’Università degli Studi di Verona.

«Abbiamo pensato di scrivere un manoscritto che spiegasse quali erano le ragioni alla base della scelta dei farmaci utilizzati nello studio – spiega il professor Fazio – La pubblicazione è una grande soddisfazione, anche perché non abbiamo avuto alle spalle un gruppo di ricerca o un’università».

Una cura efficace, a basso costo e ben tollerata

Il professore Serafino Fazio, componente del Consiglio scientifico del Comitato cura domiciliare Covid-19, già professore di Medicina Interna all’Università degli Studi di Napoli Federico II e specialista in medicina interna e cardiologia

«Pensiamo che il Covid non sia una malattia che si possa curare con un unico farmaco. Oggi ci sono in commercio antivirali che hanno avuto una validazione grazie a studi randomizzati e controllati. Sarebbe utile fare studi comparativi di non inferiorità della cura da noi suggerita con i farmaci antivirali, recentemente messi a disposizione della classe medica, per vedere se abbia la stessa efficacia. Il nostro trattamento ha un’ottima tollerabilità, scarso costo e i farmaci sono immediatamente disponibili» prosegue Fazio.

La chiave raccontata nello studio sta inizialmente nell’azione sinergica dell’indometacina con due flavonoidi, quercetina ed esperidina, che bloccano la malattia sul nascere. «I meccanismi di azione principali sono quello antivirale e antinfiammatorio. Insieme impediscono l’ingresso nell’organismo e quindi nel circolo ematico. L’indometacina ha alle spalle una documentazione robusta, è l’antinfiammatorio più collaudato in circolazione ed esiste da almeno 45 anni. Ha un costo minimo e una documentazione di efficacia antivirale in vitro e negli animali. Si stanno avendo osservazioni in vivo sul SARS-CoV-2: tra queste, oltre al nostro studio, anche un altro studio indiano [3]. I due flavonoidi, in sinergia, hanno inoltre il potenziale di bloccare i processi ossidativi che tutte le malattie virali determinano».

La seconda fase, quella più delicata, che rischia di portare alle ospedalizzazioni se non si interviene precocemente, si basa sull’azione dell’antiaggregante. «Abbiamo pensato di associare un farmaco antiaggregante piastrinico, la cardioaspirina, raggiungibile da tutti, in abbinamento a un protettore gastrico. Per chi non può tollerarla, in quanto allergico, si può scegliere un altro antiaggregante tra quelli in commercio. Oggi ci sono in circolazione il Remdesivir, il Molnupiravir e il Paxlovid (quest’ultimo un’associazione di due antivirali). Sono farmaci che hanno costi enormi e un’azione solo antivirale, e, anche essi, vanno somministrati il più rapidamente possibile. Se, tuttavia, una certa quota di virus riesce, nonostante il trattamento, a entrare nel circolo ematico, non evitano la seconda fase della patologia, che porta alla microtrombosi e può avere esiti gravi. Anche a questi farmaci andrebbe aggiunto un trattamento antiaggregante e sostanze attive nel prevenire i processi di ossidazione cellulare, se compatibili».

I limiti dei monoclonali

Una grande speranza era stata associata alla disponibilità dei monoclonali, peraltro scarsa finora. Secondo il Monitoraggio sugli anticorpi monoclonali [4] per il Covid realizzato dall’Aifa sono finora circa 50mila le prescrizioni in tutta Italia. «Sono sostanze ancora più complesse. Una sola ha, allo stato attuale, un’azione specifica per l’Omicron: se si sviluppa una nuova variante potrebbe non funzionare più. Sono, inoltre, di utilizzo ospedaliero. L’indicazione, infine, è solo per i pazienti a rischio ed è difficile che il trattamento si riesca a fare in tempo. L’indicazione è di utilizzati entro 5 giorni, ma come tutti gli antivirali andrebbero somministrati il prima possibile».

Serve un’indagine sierologica a campione

Il Comitato Cura Domiciliare Covid-19 ha curato alcune decine di migliaia di persone. «Se ci avessero concesso la possibilità, come da noi chiesto, di interagire con un’università o un centro di ricerca avremmo avuto una grande banca dati su cui fare ricerche cliniche ed epidemiologiche di grande rilievo». Sull’eventualità di una nuova ondata il professor Fazio suggerisce uno studio sierologico che fotografi quanta parte della popolazione è veramente protetta. «Omicron ha determinato ormai un’ampia immunità naturale. Si dovrebbe fare subito uno studio a campione in ogni Regione, eseguendo il test sierologico quantitativo degli anticorpi IgG anti-Covid-19 e delle IgG neutralizzanti che si formano contro la proteina Spike. Sarebbe importante, poi, anche uno studio delle cellule di memoria, comprese quelle che vanno a formare le IgA secretorie. Per tutte le malattie respiratorie, gli anticorpi più attivi sono le IgA di secrezione; si tratta, dunque, di un argomento che andrebbe studiato in modo più approfondito. Normalmente per la loro formazione servono almeno sei-sette giorni (una decina per avere un livello importante), ma se c’è stato un contatto precedente con il virus questa avviene molto più rapidamente e l’infezione si combatte autonomamente» conclude il professor Fazio.

Fonti:

  1. Serafino Fazio, Paolo Bellavite, Flora Affuso. “A Review of the Potential Roles of Antioxidant and Anti-Inflammatory Pharmacological Approaches for the Management of Mild-to-Moderate Symptomatic COVID-19”. Med Sci Monit In Press; DOI: 10.12659/MSM.936292
  2. Serafino Fazio, Paolo Bellavite, Elisabetta Zanolin, Peter A. McCullough, Sergio Pandolfi, Flora Affuso. “Retrospective Study of Outcomes and Hospitalization Rates of Patients in Italy with a Confirmed Diagnosis of Early COVID-19 and Treated at Home Within 3 Days or After 3 Days of Symptom Onset with Prescribed and Non-Prescribed Treatments Between November 2020 and August 2021”. Med Sci Monit In Press; DOI: 10.12659/MSM.935379
  3. Rajan Ravichandran, Surapaneni Krishna Mohan, Suresh Kumar Sukumaran, Devakumar Kamaraj, Sumetha Suga Daivasuga, Samson Oliver Abraham Samuel Ravi, Sivakumar Vijayaraghavalu, Ramarathnam Krishna Kumar. “Indomethacin Use for Mild & Moderate hospitalised Covid-19 patients: An open label randomized clinical trial”. medRxiv 2021.07.24.21261007; doi: https://doi.org/10.1101/2021.07.24.212610073. https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2021.07.24.21261007v3
  4. Monitoraggio Anticorpi Monoclonali per Covid-19. Ufficio Registri di Monitoraggio AIFA