Non solo dipendenza. Un uso più intenso dei social media, ovvero tale da raggiungere soglie definibili come problematiche fino a rasentare il patologico, può associarsi a un aumentato rischio di manifestare disturbi dell’umore, quali ad esempio la depressione.

Una relazione tanto più vera in alcune fasi particolari del ciclo vitale, ad esempio in donne in gravidanza. Il fenomeno ancora poco studiato è stato oggetto di un recente lavoro della Tilburg University, nei Paesi Bassi, pubblicato sul Journal of Affective Disorders.

Gli effetti in gravidanza

Mancanza di aiuto o supporto familiare e/o sociale, basso livello socioeconomico, appartenenza a gruppi sociali minoritari, recenti eventi di vita stressanti, predisposizione genetica, famigliarità con la problematica.

Sono alcuni dei fattori che possono indurre lo sviluppo di depressione in gravidanza, con una incidenza stimata tra il 10 e il 23%. A questi se ne potrebbe aggiungere uno più recente, voluttuario: l’uso dei social media.

Questo strumento, usato in maniera inadeguata, eccessiva, oltre i livelli soglia, potrebbe favorire il “blue mood”, almeno secondo prime evidenze, di uno studio olandese, da considerare comunque una ipotesi meritevoli di ulteriori conferme.

Sebbene la relazione tra dolce attesa e depressione sia largamente documentata in letteratura, lo studio è da ritenersi innovativo perché fra i pochi ad analizzare la problematica in relazione all’uso di social media in gravidanza che ricercatori olandesi hanno testato su un gruppo di 697 donne.

Lo studio

Prospettico, di coorte, ha coinvolto donne incinte di età compresa fra 19 e 42 anni, reclutate al primo appuntamento prenatale, già afferenti a uno studio prospettico longitudinale più ampio, lo studio Brabant, sempre condotto nei Paesi Bassi, dunque con sintomi depressivi o a rischio per tale problematica.

Sintomi che sono stati misurati in ciascun trimestre di gravidanza, in particolare alla 12°, 20° e 28° settimana, utilizzando la Edinburgh Depression Scale a 10 elementi con l’intento di determinare se e in quale misura l’utilizzo dei social media possa incidere sulla depressione in termini di insorgenza, intensità, frequenza o altro.

Al fine di stabilire e valutare una relazione problematica con il mezzo, i ricercatori sono ricorsi alla Bergen Social Media Addiction Scale (BSMAS) a 6 elementi utilizzata alla 12° settimana, al basale per determinarne i livelli effettivi di utilizzo.

Ciò ha consentito di definire tre classi utili a categorizzare i sintomi depressivi durante la gravidanza: bassa stabile, rilevata in N = 489 pari al 70,2%, intermedia stabile identificata in N = 183, ovvero nel 26,3% di donne, e alta stabile, classe ritrovata in N = 25, pari all’incirca 3,6% di future mamme. Si è arrivati così a rilevare una variabilità di punteggi alla BSMAS tra 6 e 30 con valori medi di 9,0, 10,7 e 12,6 rispettivamente per i gruppi con punteggio sulla scala di Edimburgo basso, medio o alto. L’uso dei social media è stato definito in termini di intensità, misurata in base al tempo e alla frequenza.

I risultati

I dati dell’indagine farebbero rilevare una associazione fra il tempo e la frequenza di depressione riconducibili in maggiore misura alla classe altamente stabile e l’uso problematico dei social media significativamente associato all’appartenenza alla classe intermedia o alta stabile.

Le prime ipotesi, dunque, porterebbero a dedurre che l’aumento del tempo e della frequenza dell’uso dei social media correli alla probabilità di trovarsi nel gruppo con punteggio di Edimburgo alto, rispetto al gruppo con punteggio basso dopo un’analisi aggiustata, mentre l’uso problematico riferirebbe con maggiori probabilità a punteggi intermedi o alti nella scala di Edimburgo.

Limiti dello studio

Tali prime evidenze vanno considerate solo una potenziale indicazione dell’associazione uso dei social media-depressione, da approfondire con ulteriori ricerche in funzione dei limiti che presenta lo studio non conclusivi per causalità.

A partire dal fatto che i dati sono stati raccolti durante la pandemia di COVID-19, che potrebbe avere impattato sui risultati, e sul fatto che la depressione è stata misurata mediante autovalutazione.

Va, comunque, tenuta in considerazione l’indicazione della possibile associazione tra livelli più elevati di depressione durante la gravidanza e un uso più intenso e problematico dei social media, di cui gli operatori sanitari/medici curanti dovrebbero discutere con le donne in attesa.

Fonte

Muskens L, Hulsbosch LP, van den Heuvel MI er al. Social media use as a risk factor for depressive symptoms during pregnancy. Journal of Affective Disorders, 2023, Vol. 338, 495-501. Doi: https://doi.org/10.1016/j.jad.2023.06.045