Sviluppare energia dai nutrienti: è questa una delle funzioni chiave dell’intestino. La dieta svolge un ruolo cruciale: i nutrienti e la modalità con cui entrano in contatto con i batteri sono, infatti, in grado di modificare il microbiota e di arricchire il microbioma di nuovi geni

Non solo quanto e quando mi mangia. A fare la differenza sulla formazione del microbioma è anche come si mangia, ovvero il tipo di dieta che abitualmente si segue. Facciamo un confronto: la Western Diet (Dieta occidentale), basata soprattutto sul consumo di grassi saturi in quantità superiori agli introiti raccomandati, associati a carni processate come insaccati o carni pre-utilizzate dall’industria alimentare e ad altre sostanze per la conservazione, favorisce la formazione di un pattern di batteri pro-infiammatori, con prevalenza di Fermicutes.

Una dieta mediterranea, invece, tipica di Paesi quali Italia, Nord Africa, Grecia, Spagna, che privilegia l’utilizzo di olio di oliva, grassi polinsaturi, fibre e cereali integrali e vegetali, promuove lo sviluppo di una popolazione di Bacteroides (lactobacilli, bidifobacilli), ad azione antinfiammatoria e antiossidante.

Il microbiota è altamente plastico

Sono sufficienti poche ore per favorire la “metamorfosi” del microbiota, che come una sorta di carta assorbente recepisce effetti benedici e dannosi di una alimentazione (s)corretta. «Una dieta che predilige prodotti di natura vegetale, quali cereali integrali, verdura e frutta fresche, olio di oliva, derivati lattiero-caseari soprattutto se fermentati naturalmente, con un più elevato contenuto di batteri, prebiotici e sostanze che aiutano la formazione di batteri è in grado di modificare in un arco temporale di alcune ore la popolazione di batteri intestinali – spiega la professoressa Annamaria Colao, docente presso l’Università degli Studi di Napoli e presidente della Società Italiana di Endocrinologia –Attenersi a una dieta sana aiuta a modificare favorevolmente il microbiota intestinale e a farne un’arma che contribuisce a contrastare infezioni, grasso viscerale, infiammazione cronica, produzione di molecole che promuovo, per esempio, l’insorgenza di colon irritabile. Diversamente, prodotti industriali con un alto contenuto di conservanti, grassi saturi, zuccheri semplici e altri componenti non di origine naturale distraggono verso la formazione di batteri proinfiammatori. Il ruolo dei batteri non va sottovalutato: essi contribuiscono alla sintesi di molti composti vitaminici in particolare del complesso della vitamina B e D, quest’ultima tra i più potenti immunomodulatori, e tutte coinvolte nel metabolismo energetico».

Il microbiota obesogeno

Normopeso o over-size: anche il microbiota gioca la sua parte. «Modificando i batteri intestinali attraverso specifiche scelte alimentari possiamo regolamentare il grasso viscerale – chiarisce la professoressa – Un aumentato consumo di alimenti a base di grassi saturi, conservanti, sale, zuccheri semplici promuove la produzione da parte dei batteri di proteine infiammatorie, come il lipopolisaccaride, e una serie di altre reazioni sul cortisolo e altri ormoni che agiscono sull’intestino, innescando un circolo vizioso che partendo dall’alimentazione, altera anche la motilità intestinale, favorisce il gonfiore e il deposito di grasso ectopico in organi intono all’intestino, a sua volta causa di obesità viscerale e di possibili comorbidità associate: diabete, malattie cardiovascolari, oncologiche e neurodegenerative».

Gli orologi biologici

Un orologio biologico centralizzato, nell’ipotalamo, funge da interruttore e comanda l’attività delle cellule in relazione al rapporto luce-buio. Con lo stesso meccanismo funzionano anche i tanti orologi, contenuti in ciascun organo, microbiota intestinale compreso. «Grazie a un interruttore interno il microbiota sa quanto mettersi in funzione e introdurre nutrienti e quando invece comandare all’intestino di riposare e lavorare al recupero delle cellule danneggiate, alla rigenerazione della parete intestinale o al mantenimento dell’integrità della barriera intestinale – continua Colao – Ciò indica che anche l’assunzione del cibo ha un suo ritmo biologico. Al mattino, quando il cortisolo ha il suo picco e occorre immagazzinare energia, meglio consumare zuccheri semplici, da evitare invece alla sera per non favorire accumulo di grasso. A cena sarebbe auspicabile consumare una piccola quota di vegetali e predisporsi al buon sonno, anche bevendo una tisana che oltre a rilassare stomaco e intestino, aiuta le cellule e il sistema immunitario in una generale azione rigenerativa e di autoriparazione».