Una definizione di pH 

Partendo dal pH è necessario fissare una volta per tutte una definizione, anche perché c’è molta confusione in merito. Innanzitutto, pH è l’acronimo di potere degli H+, detti idrogenioni (power of Hydrogens); che corrisponde a un valore preciso: logaritmo in base 10 (o negativo) della concentrazione di H+ in un mezzo. Questo significa che un valore di 0,1 in realtà corrisponde a 1. Per cui quando si definisce il valore normale del pH arterioso in 7,4, si dice in effetti che noi siamo alcalini, mentre affermando che il pH medio di un tumore è 6,5 si dice che i tumori sono acidi. Inoltre, il mantenimento di un pH arterioso intorno al valore di 7,4 comporta un continuo controllo del pH al livello di tutti i distretti dell’organismo. È un fatto clinico che in condizioni nelle quali il controllo del pH corporeo salta, come nel diabete scompensato, il pH arterioso scende; e già quando il valore del pH arterioso scende fino a 7,36 se non si interviene immediatamente il paziente entra in uno stato di coma metabolico, estremamente pericoloso. 

Oltre al pH, nei suoi studi un ruolo importante è quello che riserva all’acqua, è corretto? 

Non abbiamo nel nostro genoma geni che portano alla produzione dell’acqua, nonostante siamo costituiti da acqua per il 70%. Questo significa che l’acqua la dobbiamo necessariamente assumere dall’esterno. Fra le caratteristiche dell’acqua più importanti c’è il pH, che deve essere necessariamente alcalino, con un valore compreso fra 9 e 10. Le acque che beviamo sono per lo più acide, comprese quelle in commercio. Va considerato anche che la presenza di un basso residuo corrisponde quasi sempre a un pH inferiore a 7, mediamente dovuto al fatto che un basso residuo è dovuto a un basso contenuto di sali. Per essere chiari, l’acqua distillata è acida e per molti versi velenosa. Le acque, però, si stanno acidificando anche a causa delle piogge acide e della presenza di sostanze velenose nell’acqua piovana. Perché ho voluto esordire parlandovi dell’acqua con il pH. Perché non se ne parla mai, e veramente sembra che i requisiti più importanti dell’acqua debbano essere la purezza ed il basso residuo. Ma parliamo del residuo. Quando sulle bottiglie di acqua commerciale leggete residuo fisso di cosa si parla? In realtà è molto semplice: quello che rimane sul fondo del recipiente facendo evaporare l’acqua, magari facendola bollire. Ma quello che rimane nel fondo del recipiente cosa è secondo voi? SALI! E quindi, va da sé che se un’acqua ha un basso residuo fisso contiene pochi Sali! Ma, cosa in natura innalza il pH di un mezzo acquoso? Ovviamente i sali e quindi un’acqua povera di sali necessariamente sarà tendenzialmente acida. E questo non va bene! Parliamo invece di purificazione dell’acqua. Se si usano purificatori dell’acqua basati su osmosi inversa il risultato sarà un’acqua completamente priva di Sali minerali, e quindi paragonabile all’acqua distillata, che di fatto ha un pH compreso fra 5 e 6. L’acqua distillata è di fatto velenosa per il nostro organismo in particolare se assunta quotidianamente. È quindi necessario implementarla con altri sali, come di fatto si fa, almeno alle nostre latitudini.  

Tornando al nostro corpo, bisogna ricordare che la capacità umana che, prima di tutte le altre, ci ha consentito di diventare, almeno fino ad oggi, la specie vivente predominante è stata la resilienza. Il nostro corpo basa la propria resilienza sull’adattamento e al basso profilo che, di giorno in giorno, può creare uno stato cronico di malattia. In medicina si sa, per esempio, che i cardiopatici riducono spontaneamente la loro attività fisica: prima evitando di camminare velocemente, poi riducendo la lunghezza delle camminate, poi non facendo salite, poi non facendo le scale, infine rimanendo chiusi in casa fino ad allettarsi. Bene, con l’acqua si tende a fare così. Per varie ragioni si riduce progressivamente l’assunzione di acqua fino ad arrivare a berne quantità ridicole motivando questo comportamento con la mancanza di sete. Ma bere acqua non può essere una opzione! Si deve bere una quantità di acqua giornaliera intorno ai due litri perché il nostro corpo ne ha bisogno sia per rimpiazzare l’acqua consumata che per trasportare, tramite il sistema vascolare, i nutrienti dall’esterno all’interno del corpo e gli scarti dall’interno all’esterno di esso. Ogni singolo compartimento del nostro corpo ne ha bisogno. Ci sono organi ed apparati che sono costituiti di percentuali di acqua impressionanti (90% e più); fra questi troviamo il cervello, le grandi articolazioni, i dischi intervertebrali, ecc. Voi capite bene che se si beve poco il nostro cervello funziona male (le visioni che hanno le persone che fanno lunghe marce nel deserto senza bere sono dovute alla disidratazione) e anche le nostre articolazioni funzionano malissimo. Quando esse cominciano a scricchiolare (come dice anche G. H. Pollack, in The fourth phase of water; La quarta fase dell’acqua, pubblicazione curata dalle Edizioni CS Sapio), il motivo è che si stanno disidratando. Anche se non sentiamo dolore, beviamo tanta acqua subito piuttosto che correre ai ripari quando ormai le nostre articolazioni si sono rovinate!  

É importante, inoltre, sottolineare che l’acqua è essenziale per il funzionamento dei nostri sistemi tampone naturali basati sulla formazione dello ione bicarbonato HCO3-. Senza l’acqua il bicarbonato non si può formare nel nostro organismo. 

Il ruolo dell’acqua alcalina è quello di agevolare e, quindi, implementare il processo basilare dei sistemi tamponi. Infatti, il sodio ed il potassio contenuti nell’acqua alcalina sono parte integrante del processo tampone del bicarbonato. 

Qual è, dunque, il meccanismo di azione degli esosomi? 

Infatti, le cellule tumorali che, come detto prima, vivono un ambiente estremamente ostile, hanno bisogno, più delle cellule normali, di eliminare le sostanze tossiche che si accumulano sia all’interno delle cellule sia nell’ambiente extracellulare. Le EVs di dimensioni nanometriche, chiamate esosomi, sono uno dei meccanismi più efficienti usati dai tumori per eliminare le sostanze tossiche continuamente accumulate sotto la pressione di un ambiente estremamente ostile, caratterizzato da acidità, scarsi livelli di ossigeno, carenza di nutrimento, ma ricco di ossidanti e di radicali liberi. A tal punto gli esosomi rappresentano un meccanismo di “detossificazione tumorale” che partecipano al meccanismo di resistenza del cancro ai farmaci citotossici (cisplatino), confinandoli al fuori della cellula tumorale. Inoltre, il farmaco eliminato dagli esosomi si presenta nella sua forma nativa e, quindi, completamente funzionante. È quindi possibile che gli esosomi possano trasferire il farmaco citotossico in cellule che non sono il reale bersaglio della terapia e che contribuiscano poi agli effetti collaterali della chemioterapia anti-tumorale. Di fatto, gli esosomi contenenti cisplatino circolano nel sangue rappresentando, quindi, un pericolo continuo di sviluppo di effetti indesiderati. Queste vescicole di dimensioni “nano”, interagiscono con cellule specifiche, sia all’interno di un organo sia a distanza, usando meccanismi differenti. Abbiamo contribuito alla dimostrazione che il modo con cui le vescicole interagiscono con le cellule includ: interazione ligando-recettore e fusione con la membrana plasmatica della cellula bersaglio, con conseguente trasferimento del contenuto delle vescicole all’interno di quest’ultima. Quest’ultimo meccanismo sembra essere il più usato per passare facilmente alcune barriere del nostro organismo, fino a poco tempo fa considerati dei sacrari, come la barriera ematoencefalica. 

Ma il messaggio fondamentale e rivoluzionario è che queste vescicole piccolissime sono il sistema naturale che mette in connessione organi ed apparati del nostro corpo; rappresentando così la prova che nel nostro organismo vi è un sistema di interconnessione paragonabile a quello di internet, legato non a fibre o vasi, ma a delle vescicole di proporzioni infinitesimali che trasportano in continuazione messaggi di ogni tipo.  

Sulla base di questo concetto gli esosomi sono diventati forse la più importante sorgente di nuovi biomarcatori di malattia. A questo proposito, il nostro gruppo ha recentemente messo a punto nuovi test per la caratterizzazione e la quantificazione degli esosomi nei fluidi biologici umani (Logozzi et al, 2020). Questo metodo ha dato la possibilità di dimostrare, per esempio, che i livelli plasmatici di esosomi sono più alti nei pazienti con tumore rispetto alle persone sane.  

Come molti di voi sanno, anche per esperienza diretta, ciò che si ha a disposizione in termini di biomarcatori di malattia è veramente poco e con enormi livelli di aspecificità. Per esempio tutti gli attuali biomarkers tumorali usati nel follow up dei pazienti con tumore si innalzano in una miriade di situazioni, sia patologiche (infiammazioni, tumori benigni, insufficienza cardio-respiratoria etc) che fisiologiche (gravidanza, fasi del ciclo mestruale) e hanno creato e creano problemi non indifferenti nella gestione dei pazienti: dal panico creato da una diagnosi sbagliata o sovrastimata, all’impossibilità di avere una la reale possibilità di seguire l’andamento della malattia in seguito ad una terapia, se non con metodi invasivi o comunque non privi di effetti collaterali. 

Di fatto gli esosomi si ritrovano praticamente in tutti i liquidi biologici: oltre che quindi nel plasma, nel liquido amniotico, nella saliva, nel liquido cefalo-rachidiano, anche nelle urine, e nelle feci. Questo fatto ha suggerito che probabilmente la funzione di queste vescicole non è solo quella di trasportare messaggi, ma anche quella di eliminare materiale tossico o potenzialmente tossico per l’organismo.