Sintomi meno severi e maggiore qualità di vita nel paziente affetto da sindrome dell’intestino irritabile (Ibs). Sono gli effetti derivanti dall’uso di Bifidobacterium longum 35624, secondo i dati di uno studio, recente, pubblicato sul World Journal of Gastroenterology

Un probiotico è potenzialmente in grado di alleviare i sintomi tipici della sindrome dell’intestino irritabile (Irritable bowel syndrome, Ibs)? In quale misura? A quale affidarsi in maniera specifica?

I quesiti hanno trovato risposta in uno studio prospettico, in aperto, multicentrico, osservazionale avviato tra novembre 2018 e gennaio 2020 da ricercatori francesi e pubblicato sul World Journal of Gastroenterology(“Effect of Bifidobacterium longum 35624 on disease severity and quality of life in patients with irritable bowel syndrome”).

Obiettivo dello studio: valutare l’efficacia di Bifidobacterium longum 35624, in termini di riduzione dei sintomi, grado di severità e, dunque, di un eventuale miglioramento della qualità della vita in pazienti con diagnosi di Ibs, valutata secondo i criteri Roma IV. Questi sono un upgrade dei criteri di Roma III e stabiliscono che è possibile sospettare condizioni di intestino irritabile in presenza di dolore addominale ricorrente per almeno un giorno a settimana negli ultimi tre mesi, associato con due o più dei seguenti criteri: defecazione, cambiamento della frequenza della defecazione, alterazione della forma (aspetto) delle feci.

I ricercatori hanno, pertanto, inizialmente randomizzato 278 pazienti, escludendo poi coloro che avevano assunto probiotici o antibiotici nelle 2 settimane precedenti lo studio o con una storia di chirurgia addominale. La selezione finale si è quindi limitata a 233 pazienti, con età media di 51 anni, di cui 71% donne, affetti da diversa severità di Ibs: moderata (48%) e grave (46%), misurata con il sistema di punteggio di gravità Ibs.

I pazienti sono stati invitati ad assumere una compressa/die di Bifidobacterium longum 35624 per trenta giorni al fine di valutare eventuali cambiamenti in termine di sintomatologia al basale e a fine trattamento e di qualità della vita definita con un apposito questionario.

Le evidenze

Rapidità di efficacia sulla riduzione dei sintomo: sembra essere questa la modalità di azione dimostrata da Bifidobacterium longum 35624 in pazienti con Ibs, con benefici percepiti dopo un solo mese di terapia. È stato possibile, infatti, osservare una diminuzione significativa della gravità della condizione rispetto al basale (208 vs 303). Nello specifico il 57% di pazienti avrebbe dichiarato, in questo studio di real life, severità inferiore fino alla possibile remissione dei sintomi, con indiscusse ricadute sulla qualità della vita, migliorata dal trattamento (68,8 vs 60,2).

Nel complesso, quasi il 69% dei pazienti con Ibs si è dichiarato soddisfatto dei risultati terapeutici raggiunti. Tali evidenze confermerebbero, dunque, il ruolo chiave del microbiota, trigger per l’insorgenza della malattia, ma anche modulatore della sintomatologia. Da qui l’importanza di mantenerlo in salute, ricorrendo anche all’uso di (una terapia con) probiotici.

Le evidenze emerse dallo studio sono potenzialmente rilevanti, se si considera che l’Ibs interessa tra il 4% e il 10% della popolazione, inducendo una sensibile compromissione della qualità della vita, specie fra i pazienti (1 su 4) che presentano forme più gravi di malattia.

Fonte:

  • Sabaté JM, Iglicki F. Effect of Bifidobacterium longum 35624 on disease severity and quality of life in patients with irritable bowel syndrome. World J Gastroenterol. 2022 Feb 21;28(7):732-744