Un modello matematico in grado di misurare la connettività dei sintomi e di fornire un “risultato” sull’efficacia terapeutica.

È questa l’ultima possibile frontiera nell’approccio e cura della depressione maggiore. A proporre questa soluzione 4.0 è uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), tutto italiano, pubblicato su Nature Mental Health.

In valutazione il possibile utilizzo in ambito di prevenzione e sviluppo di nuovi farmaci per questo e diversi altri disturbi psichiatrici.

La tecnica matematica

Si chiama network analysis: la metodica, fondata sullo studio delle (inter)connettività dei sintomi associati alla depressione, nel caso specifico alla depressione maggiore, è stata il mezzo per arrivare a definire, valutare e misurare la plasticità, cioè la capacità di modificare l’attività del cervello e il comportamento, favorendo così il passaggio dalla psicopatologia al benessere mentale.

«Obiettivo del nostro studio e delle metodica – spiega Igor Branchi, del Centro di Riferimento per le Scienze comportamentali e la Salute mentale dell’ISS – era dimostrare come la plasticità possa essere sfruttata come “strumento matematico” per misurare la forza della connettività nella rete dei sintomi correlati alla depressione, cioè la frequenza con cui essi si modificano in simultanea».

La sincronia dei sintomi si è rivelata cruciale, infatti, come paradigma per la determinazione della risposta comportamentale ed (anche) terapeutica.

«Abbiamo potuto osservare – prosegue l’esperto – che maggiore è la sincronia delle variazioni di diversi sintomi, più alta è la coerenza, cioè la connettività del sistema, e minore è la sua plasticità».

In altre parole: più le configurazioni dei sintomi sono tra loro connesse, maggiore è la difficoltà nel riuscire a modificarle, più è debole la connettività, maggiore è la plasticità, e dunque l’azione positiva sui sintomi dell’umore. Aspetto, quello della plasticità, che influenza anche la diversa risposta terapeutica. 

La base di partenza

I ricercatori per verificare la validità del proprio metodo si sono avvalsi, come base, dei dati di STAR*D, uno studio fra i più ampi e importanti riguardanti le strategie di trattamento della depressione, condotto dal National Institute of Mental Health degli Stati Uniti, finalizzato a misurare la traiettoria migliorativa della malattia.

L’approccio matematico postulato dai nostri ricercatori sembrerebbe in grado di misurare la capacità dei pazienti di modificare il proprio stato depressivo.

«Dal nostro studio si evince che pazienti con una forza della connettività dei sintomi debole all’inizio dello studio mostravano a maggiore plasticità. Questa correlava a un miglioramento significativo (responders) dello stato dell’umore, rispetto a miglioramento meno sensibile (non-responders) evidenziato in pazienti con una connettività più marcata. Inoltre, è emerso che la forza della connettività era inversamente correlata al miglioramento del punteggio relativo alla depressione (ρ = –0,88, P = 0,002) e alla suscettibilità al cambiamento dell’umore in base al contesto (ρ = 0,78, P = 0,028), ovvero alla risposta ambientale e alla qualità della vita percepita».

Vantaggi e limiti

Il metodo, tuttavia, consente di stimare la probabilità di cambiamento, non di prevedere con certezza lo stato futuro di salute dell’individuo dipendente da una pluralità di fattori.

Arrivare tuttavia a misurare matematicamente un concetto astratto come la plasticità, potrà essere utile per predire la resilienza, la vulnerabilità e il recupero, dunque terapie, per la prevenzione e trattamento del disturbo depressivo maggiore e, più in generale, dei disturbi psichiatrici.

Fonte

Delli Colli C, Chiarotti F, Campolongo P et al. Towards a network-based operationalization of plasticity for predicting the transition from depression to mental health. Nature Mental Health, 2023. Link: https://www.nature.com/articles/s44220-023-00192-z