EMDR per la gestione dei traumi

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Con il termine EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) si intende una tecnica di avanguardia per la gestione dei traumi validata nell’agosto del 2013 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come trattamento efficace per la cura del trauma e dei disturbi ad esso correlati.
Utilizzato in origine per alleviare lo stress associato ai ricordi traumatici, ha ricevuto negli anni abbondanti supporti clinici coinvolgendo psicoterapeuti, ricercatori della salute mentale, neurofisiologi.
Oggi è considerato il trattamento evidence-based per il Disturbo da Stress Post-Traumatico, validato da più ricerche e pubblicazioni di qualunque altra psicoterapia nel campo del trauma. È approvato, tra gli altri, dall’American Psychological Association (1998-2002), dall’American Psychiatric Association (2004), dall’International Society for Traumatic Stress Studies (2010), dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2013 e dal nostro ministero della Salute nel 2003.
Gli aspetti vincenti dell’EMDR sono la rapidità di intervento, l’efficacia e la possibilità di applicazione a persone di qualunque età, compresi i bambini.

 

Un po’ di storia sull’EMDR

Terapia EMDR per PTSDL’elaborazione dell’EMDR nasce nel 1989 con Francine Shapiro, una psicologa clinica che durante gli anni del suo dottorato a San Diego osservò passeggiando in un parco che il movimento degli occhi da destra a sinistra alleviava in lei la valenza di emozioni negative
legate a ricordi traumatici. Questa iniziale intuizione la portò a sperimentarne la validità.
Ne emerse che il movimento oculare da destra a sinistra da un punto di vista neurologico agevolava lo scambio di informazioni tra i due emisferi.

Cosa accade dunque quando subiamo un trauma, sia esso un lutto, una violenza o quant’altro? Da un punto di vista figurativo possiamo immaginare il cervello che incapsula
l’evento legandolo a un insieme di emozioni e ricordi non completamente elaborati. Il tutto rimane bloccato in una specie di nodo. Tutte le volte che qualche emozione appartenente a quel nodo viene vissuta, l’esperienza traumatica viene riportata alla memoria con dei flashback intrusivi. Ne emergono incubi notturni e situazioni ansiogene che limitano il normale svolgersi della vita psichica del soggetto per la messa in atto di processi di evitamento. È come se l’esperienza rimanesse bloccata in un emisfero. Il movimento oculare destra/sinistra riattiva una serie di associazioni libere che allentano la pregnanza di determinate emozioni. Inizialmente la metodica era stata chiamata EMD, quindi tecnica per la desensibilizzazione dai traumi, ma da uno studio controllato del 1989 su 22 soggetti con disturbo post traumatico da stress pubblicato nel Journal of Traumatic Stress emerse che la procedura era altamente benefica non solo per la desensibilizzazione, ma anche per la ristrutturazione cognitiva e l’eliminazione di intrusioni pronunciate derivanti da eventi traumatici, da qui il cambiamento di nome da EMD a EMDR.

Cosa accade a livello neurologico durante una seduta di EMDR

L’EMDR parte dal presupposto che nel cervello esista un sistema di rielaborazione innato chiamato Adaptive Information Processing (AIP) il quale imprime in reti di memoria già presenti le nuove esperienze che la persona vive e tutti i pensieri, le immagini e le emozioni e le sensazioni corporee ad esse correlate. Le percezioni e le codifiche di questi eventi sono determinati da queste reti, che vengono quindi utilizzate dalla persona come materiale di riferimento per le future risposte fisiche e comportamentali.
Cosa accade in una persona che vive un evento traumatico? Il sistema innato di elaborazione potrebbe arrestarsi e quindi l’esperienza del trauma rimanere irrisolta e congelata nella rete neurale, perché incapace di connettersi alle reti di memoria contenenti le informazioni adattative. Avviene cioè una iper-stimolazione dei neuroni dell’amigdala e dell’ippocampo, che provoca una specie di cortocircuito che blocca e confina immagini, emozioni e sensazioni corporee che non possono essere trasferite nella neocorteccia per andarsi a integrare con le memorie episodiche e semantiche presenti nel vissuto della persona.

Nella seduta di EMDR il terapeuta stimola i movimenti oculari destra/sinistra o effettua taping destro/sinistro sulle mani del soggetto mentre questi si focalizza mentalmente su una specifica memoria traumatica. La stimolazione visiva o tattile alternata causa la comparsa di onde lente simili a quelle attivate durante il sonno che veicolano l’informazione di questa specifica informazione verso la neocorteccia. Si forma quindi un nuovo network neuronale che annulla gli effetti del precedente, permettendo l’integrazione adattativa degli aspetti emozionali dell’amigdala e di quelli episodici dell’ippocampo, contestualizzando a un più alto livello cognitivo l’esperienza traumatica. A questo punto la persona sarà in grado di ricordare l’evento traumatico come parte della propria vita senza essere danneggiata dai sintomi e dalle emozioni opprimenti collegate a quella esperienza.

A testimonianza di quanto sopra, la sperimentazione del 2012 del neuroscienziato Marco Pagani, dell’Istituto di Scienze e Tecnologie della cognizione del CNR di Roma, in collaborazione con il Dipartimento di Medicina dei Sistemi dell’Università Tor Vergata, per la prima volta al mondo ha dimostrato gli effetti in tempo reale di una terapia psicologica quale l’EMDR. La ricerca ha coinvolto dieci soggetti con grave trauma psichico e dieci controlli sani non traumatizzati. Con la tecnica della neuroimmagine funzionale si è dimostrato che esiste un cambiamento significativo nell’attivazione delle aree cerebrali dopo la terapia con EMDR, da regioni limbiche con una valenza emotiva elevata a regioni corticali con una valenza associativa. In pratica, l’EMDR trasforma l’esperienza da emotiva in cognitiva, in cui diverse regioni cerebrali partecipano all’elaborazione dell’esperienza.