Il consumo di Kombucha, bevanda fermentata dal sapore leggermente agrodolce con una punta di frizzantino, è ancora poco diffuso, almeno in Occidente. Tuttavia è recentemente balzata alle cronache scientifiche per la scoperta di nuove proprietà: ovvero la presenza di almeno 58 lieviti benefici per la salute del microbiota intestinale. Tale contenuto emerge ed è stato descritto per la prima volta in uno studio (Storage time and temperature affect microbial dynamics of yeasts and acetic acid bacteria in a kombucha beverage”) di ricercatrici italiane, del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa, pubblicato sulla rivista International Journal of Food Microbiology.

La bevanda

Tè nero o verde zuccherato di base con l’aggiunta di piante aromatiche come substrato, quali erba cedrina, malva, rosa canina e menta. Sono alcuni dei possibili ingredienti che compongono il Kombucha, una bevanda ottenuta per fermentazione utilizzando una coltura simbiotica di batteri e lieviti, mai uguali a loro stessi. La popolazione di microrganismi varia, infatti, a seconda dell’origine dell’inoculo, dei substrati vegetali e delle condizioni ambientali. Dopo la fermentazione segue un processo di conservazione per preservare le proprietà della bevanda che prevede di norma una refrigerazione a 4°C.

Se la metodica era nota, non lo era altrettanto la “benefica” popolazione presente nel Kombucha: comunità microbiche diverse e dinamiche da cui è stato possibile isolare lieviti coltivabili, batteri lattici e dell’acido acetico (AAB) inoculati in coltura pura, identificati con metodi molecolari, poi valutati per le loro proprietà funzionali. I vari microrganismi sono stati tenuti sotto osservazione a una temperatura di 4°C e a temperatura ambiente per un periodo di 90 giorni, utilizzando approcci di coltura-dipendenti e indipendenti.

Le evidenze

Il monitoraggio ha permesso di rilevare che la conta totale dei lieviti non viene influenzata dalla temperatura e dal tempo di conservazione, sebbene si siano osservati cambiamenti nella composizione della comunità microbica. Ad esempio le specie Saccharomyces subirebbero una significativa riduzione dopo 45 giorni di conservazione a temperatura ambiente, scomparendo completamente dopo 90 giorni, il Dekkera anomala (Brettanomyces anomalus), che rappresenta il 52 % degli isolati di lievito, rimarrebbe invece vitale fino a 90 giorni a entrambe le temperature di conservazione, producendo livelli elevati di acidi organici ed esopolisaccaridi, di cui il sequenziamento della banda DGGE (Denaturing Gradient Gel Electrophoresis) ha confermato essere la specie più rappresentata in tutti i campioni durante la conservazione. Fra gli altri isolati di lievito più presenti nella bevanda si sono inclusi le specie Saccharomyces e Zygosaccharomyces e tra gli AAB, Gluconobacter oxydans (46%), Novacetimonas hansenii (36%) e Komagataeibacter saccharivorans (18%) rimasti invariati durante la conservazione a 4°C e fino a 20 giorni a temperatura ambiente.

La relazione con il microbiota

Non sono microrganismi qualunque: molti dei lieviti isolati nel Kombucha sono produttori di esopolisaccaridi, molecole che svolgono funzioni importanti a livello intestinale, dunque potenzialmente capaci di migliorare la salute del microbiota. In totale i lieviti potenzialmente benefici, isolati con il sequenziamento del DNA, sarebbero 58 e proprio questo aspetto sarà al centro di ulteriori studi che intendono valutare la capacità di questi lieviti di sopravvivere nel tratto gastro-intestinale, con effetti probiotici sul microbiota intestinale.

Valore aggiunto del Kombucha: è una bevanda fermentata totalmente vegetale, pertanto adatta anche al consumo in diete vegane o da parte di soggetti intolleranti al lattosio, come alternativa al consumo di latticini fermentati, quali yogurt, kefir o altro.

Fonte:

  • Grassi A, Cristani C, Palla M, Di Giorgi R, Giovannetti M, Agnolucci M. Storage time and temperature affect microbial dynamics of yeasts and acetic acid bacteria in a kombucha beverage. Int J Food Microbiol. 2022 Dec 2;382:109934.