Farmaci anti-Covid in arrivo

La Commissione europea annuncia la disponibilità di cinque nuovi farmaci, in arrivo dal prossimo autunno, per la cura di Covid-19. Una novità che potrebbe portare a una marcia indietro di Ema dopo l’autorizzazione al commercio degli attuali vaccini sperimentali

I vaccini potrebbero non essere l’unica soluzione al Covid. La Commissione europea ha comunicato il primo portafoglio di cinque strumenti terapeutici che potrebbero essere presto disponibili per la cura dei pazienti in tutta l’Ue. L’obiettivo è disporre di almeno tre nuovi farmaci autorizzati da Ema entro ottobre ed eventualmente di altri due entro la fine dell’anno.

I farmaci in via di sviluppo

I cinque prodotti, in fase avanzata di sviluppo, comprendono quattro monoclonali, oggetto di revisione ciclica da parte dell’Agenzia europea per i medicinali (rolling review, strumento regolatorio di cui Ema si serve per accelerare la valutazione di un medicinale o vaccino promettenti durante un’emergenza sanitaria pubblica). Il quinto è un immunosoppressore la cui autorizzazione all’immissione in commercio potrebbe essere estesa alla cura dei pazienti affetti da Covid. «Anche se la vaccinazione procede a ritmo crescente, il virus non scomparirà e i pazienti avranno bisogno di cure sicure ed efficaci per ridurre l’impatto del Covid. Il nostro obiettivo è chiaro: puntiamo a individuare ulteriori candidati all’avanguardia in fase di sviluppo» ha dichiarato Stella Kyriakides, Commissaria per la Salute e la sicurezza alimentare. «Dobbiamo concentrare la nostra attenzione sia sui vaccini sia sulle terapie, perché si tratta di due strumenti potenti e complementari per combattere il Covid: attualmente disponiamo di un solo medicinale autorizzato per la cura» ha ricordato Margaritis Schinas, vicepresidente per la Promozione dello stile di vita europeo.

Nello specifico i cinque nuovi farmaci sono i seguenti:

  • combinazione di bamlanivimab ed etesevimab di Eli Lilly;
  • combinazione di casirivimab e imdevimab di Regeneron Pharmaceuticals. e F. Hoffman-La Roche;
  • regdanvimab di Celltrion;
  • sotrovimab di GlaxoSmithKline e Vir Biotechnology;
  • immunosoppressore baricitinib di Eli Lilly.

Sull’utilizzo degli anticorpi monoclonali si è speso tra i primi Guido Silvestri, professore ordinario di Patologia generale alla Emory University di Atlanta. La Simg, Società italiana di medicina generale e delle cure primarie e la Simit, la Società italiana di malattie Infettive e tropicali, in un documento congiunto, sostengono che oggi rappresentano di fatto «l’unico vero trattamento terapeutico, diretto ed efficace contro Sars-CoV-2 e lo strumento di più stretta attualità nell’ambito dell’assistenza a domicilio». Con la svolta di possibili farmaci efficaci contro il Covid, c’è già chi si domanda se il via libera da parte di Ema potrà portare a una marcia indietro dopo l’autorizzazione al commercio degli attuali vaccini sperimentali, arrivata in assenza di una documentazione completa e dettagliata dei dati clinici in virtù della mancanza di cure efficaci (Regolamento Ue 2019/5).

Ivermectina e idrossiclorochina

La Commissione definirà entro ottobre un portafoglio di almeno dieci possibili strumenti terapeutici contro il Covid (quelli potenziali individuati sono 57). La strategia, che riguarda anche i pazienti affetti da long Covid, prevede tra l’altro investimenti per 90 milioni di Euro in studi di popolazione e sperimentazioni cliniche per stabilire collegamenti tra fattori di rischio ed esiti sanitari.

Ci si domanda se saranno prese in considerazione anche l’idrossiclorochina e l’ivermectina. Sulla capacità antinfiammatoria e antivirale della prima c’è tra l’altro uno studio in pre-print su oltre 10 mila pazienti di Didier Raoult, noto virologo, che avrebbe dimostrato l’alta efficacia. Su quella della seconda, al momento a uso solo veterinario, sono state spese parole a favore da numerosi ricercatori e specialisti. Tra questi Paolo Bellavite, ematologo, Serafino Fazio, già Professore associato di Medicina interna all’Università Federico II di Napoli. Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, ha affermato che sono in corso almeno 20 studi, tra cui quello promettente di Zeno Bisolfi e dei suoi collaboratori dell’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona). Pietro Luigi Garavelli, primario della Divisione di Malattie infettive dell’Ospedale Maggiore della Carità di Novara, è stato tra i primi a praticare le cure domiciliari precoci con l’idrossiclorichina. Sull’ivermectina ha ricordato che in Sudamerica è ampiamente usata e si è dimostrato il farmaco più efficace in tutte le fasi. Tanto che alcuni Paesi, come il Guatemala, l’hanno inserita in un kit salvavita distribuito gratuitamente per i pazienti con sintomi lievi da Covid. Bruno Cacopardo, professore ordinario di Malattie infettive dell’Università di Catania l’ha invece utilizzata come cura compassionevole ad alcuni pazienti in fin di vita con risultati straordinari.