Il mancato riconoscimento della fibromialgia: questa è la prima importante criticità che attiene alla patologia, privando i pazienti del diritto e dell’accesso alla cura, nonostante la condizione sia fortemente invalidante, associata all’elevata prevalenza di dolore e alle numerose comorbidità, fisiche, psicologiche che impattano sulla qualità della vita della persona.
AISF (Associazione Italiana Sindrome Fibromialgica) da anni si batte per “rompere” uno stallo che si protrae dal 2011. Se ne è parlato in occasione dell’evento “Le novità in ambito di sindrome fibromialgica”, tenutosi il 15 settembre scorso presso l’IRCCS Ospedale Galeazzi Sant’Ambrogio, a Milano.
Disomogeneità, difformità, diseguaglianza
Regioni e territori si muovono in maniera differenziata in Italia penalizzando i pazienti fibromialgici non uniformemente tutelati nei loro bisogni clinici, diagnostico-terapeutici e di supporto assistenziale.
La recente approvazione di 6 mozioni alla Camera con cui il Governo si impegna a “prendere posizione” nei riguardi della patologia, sono uno specchietto per le allodole, non correlano infatti al riconoscimento della patologia, all’inserimento nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), al diritto all’invalidità.
Tra le condizioni che fermano il processo vi è l’assenza di un decreto tariffe, in attesa di un aggiornamento dal 2011. Mai arrivato.
Un passo in avanti sembrava rappresentato dal decreto approvato alla fine di aprile 2023, cui non è stato dato seguito. Rimandato al prossimo gennaio 2025, secondo ultima comunicazione, dopo ennesimi rinvii. A supporto, sono stati stanziati 5 milioni di euro da destinare agli aspetti diagnostico-terapeutici (non alla ricerca), spartiti alle Regioni in funzione della densità di popolazione. Fondi di cui le Regioni avrebbero dovuto fare richiesta per l’accesso, da investire e spendere entro la fine del 2022.
Indagini civiche condotte nello steso anno e successivamente nel 2024 attestano a livello territoriale una difformità di servizi, a danno del paziente che a seconda della regione di appartenenza potrà vedere riconosciuto, o meno, alcuni diritti. Pena, in mancata di una istanza di richiesta la perdita dei contributi. Si conferma in linea generale la scarsa tendenza delle Regioni a rendicontare sugli investimenti e le azioni messe in campo.
Dunque, le azioni da intraprendere sono molte: i Tavoli Tecnici condotti rilevano l’impellente necessità di creare dei Centri di riferimento, in cui una collocazione ideale potrebbe essere rappresentata dalla Case di Comunità al cui interno avviare specifici percorsi alla cronicità, in collaborazione con le reti territoriali, in cui un ruolo chiave svolge il Medico di Medicina Generale. Primo intercettatore per la diagnosi e la terapia, il cui lavoro deve essere supportato dalle Associazioni.
Non va meglio per l’invalidità: manca una tabella chiara di invalidità civile, ferma dal 1992, che ha portato al “riconoscimento” della patologia per accorpamento. AISF, dal 2005, si è fatta promotrice di azioni e iniziative molto incisive per tutelare i pazienti fibromialgici nel loro diritto alla cura, di cui l’ultima una Conferenza Stampa in Senato (29 ottobre 2024) in cui l’associazione manifesterà, nel bene e nel male, in relazione a quanto verrà intrapreso e definito dai decisori politici.
Una patologia comorbida
Fattori interni ed esterni influenzano la patologia: l’ambiente, aspetti biologici, psicologici, sociologici, culturali, contesto abitativo, in cui si evidenzia ad esempio che in aree rurali i pazienti con fibromialgia percepiscono livelli di dolore di maggiore intensità, rispetto a pazienti di aree urbana più soggetti a stress e stanchezza fisica.
Pertanto la patologia e il suo andamento sono dipendenti e associati da una interazione dinamica fra meccanismi e processi che ne possono sensibilmente alterare il fine equilibrio, genetico, medico psicologico, su cui impattano anche stile di vita, sedentarietà/movimento (prevalentemente attività fisica dolce, con esercizi composti di endurance, irrobustimento muscolare condotta in maniera progressiva, funzionale alle capacità della persona), qualità del sonno, alimentazione, alcool (che in piccole quantità potrebbe portare qualche beneficio alla fibromialgia).
La novità sta nel microbiota, di cui vi è evidenza di alcune interazioni. Per esempio, a livello di batteri mediatori, nei pazienti fibromialgici rispetto alla composizione di soggetti sani o affetti da altre condizioni cliniche.
Non possono, infine, mancare interventi psicologici come mindulfness, meditazione, strategie di coping. Soprattutto le novità cliniche, quali le implicazioni del microbiota, sono aspetti che rivestono un ruolo cruciale nella definizione dell’approccio terapeutico, mirato e personalizzato, e che in futuro potranno guidare a una migliore valutazione diagnostico-terapeutica.
Non ultimo la riabilitazione, intesa come non soltanto una successione di prestazioni fisiche, tra cui la fisioterapia, ma come processo organizzato con interventi di tipo sanitario e sociale, secondo un approccio bio-psico-sociale che si occupi di migliorare ad esempio i livelli di autostima, altamente compromessi dalla patologia, dei sui desidera e dei differenti bisogni del paziente.
Le implicazioni maggiori associate alla fibromialgia
Dolore spinale, riferito alla colonna cervicale e lombare (sedi del movimento), colon irritabile, cefalea, depressione, disturbi del sonno sono alcune delle comorbidità prevalenti associate alla fibromialgia, comprovate da studi di letteratura. Di cui alcuni ancora sottovalutati, tra queste la depressione, un fattore aggravante per il dolore lombare ancora più della fibromialgia.
Sintomatologie che richiedono ciascuna terapie mirate, in caso di dolore lombare, ad esempio, vi è evidenza che pilates, esercizi mente-corpo, esercizi di forza o basati sul core, possono favorire anche la riduzione del dolore fibromialgico. A differenza dello stretching o dello yoga, benefici per quest’ultima condizione, ma poco incidenti sul dolore lombare. L’agopuntura ha comprovata efficacia, anche da iniezioni in sede che non rispettano i meridiani.
È confermata una stretta associazione fra colon irritabile e fibromialgia, la cui alta prevalenza fa ipotizzare una possibile fisiopatologia comune, in cui emerge fino all’80% di casi di colon irritabile in pazienti con fibromialgia e 65% di fibromialgia in soggetti con intestino irritabile.
Condizioni che, tuttavia, richiedono una accurata diagnosi, ad oggi basate sui Criteri di Roma, in assenza di specifici biomarcatori (sierologico e patologici) oggettivi. Si evidenzia, inoltre, il binomio fibromialgia con qualsiasi episodio disfunzionale esofageo, gastroduodenale, specie a livello del colon, meteorismo.
Conclamata la presenza di cefalea, tra i criteri diagnostici cardine della fibromialgia, insieme ad altre condizioni neurologiche, quali i disturbi del sonno e la nebbia cognitiva. Rientrano tra i sintomi del paziente fibromialgico, nell’ambito di patologie da sensibilizzazione centrale emicrania, cefalea tensiva cronica, eventualmente presenti anche neuropatie delle piccole fibre.
Emerge, infine, una possibile relazione sulla natura genetica della fibromialgia in relazione all’insorgenza di alcune forme di malattia giovanili/infantili, altresì legate al riscontro di anomalie genetiche dei canali TPRA1 che codificano per ipersensibilità al dolore: aspetti che potrebbero sottolineare una comunanza fra dolore periferico fra neuropatologia e emicrania.
Rare, invece, nel paziente fibromialgico le forme di cefalea a grappolo o parossistiche a favore di emicrania cronica, riconosciuta come patologia invalidante, e cefalea tensiva conica. Condizioni cui correlano gravi disturbi del sonno, associati al peggioramento di tutti i sintomi dolorosi.
Buone notizie per i pazienti affetti da queste forme di cefalea: le ultime evidenze attestano un buona risposta dagli ultimi approcci terapeutici, quali la tossina botulinica e gli anticorpo monoclonali, questi ultimi, tuttavia, prescrivibili dopo le terapie di primo accesso.