Si celebra oggi, 12 Maggio, la Giornata Mondiale della Fibromialgia, patologia reumatica extra-articolare, riconosciuta dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) nel 1992. All’incirca 2 milioni di persone, in prevalenza donne in età fertile e lavorativa, oltre 500 mila con forme severe o molto severe: sono i numeri della “sindrome” fibromialgica solo in Italia. Per quanto patologia benigna, la fibromialgia lascia in chi ne è affetto, un carico pesante di dolore, fisico, emotivo, psichico. Enormi i sosti sociali e assistenziali.
La sindrome fibromialgica
Dolore cronico muscolo-scheletrico localizzato in specifiche sedi (collo, spalle, schiena e gambe, le più frequenti) o diffuso in tutto il corpo e di variabile intensità fino a poter diventare invalidante e ottenebrare la capacità di agire e reagire. Lavoro, vita familiare, rapporti sociali: ogni ambito è influenzato dalla sintomatologia dolorosa, spesso accompagnata da profondo affaticamento e da un pool di altre manifestazioni, tra cui disturbi del sonno, neuro-cognitivi, sintomatologie afferenti a diversi organi e apparati.
È quanto concorre all’insorgenza della sindrome fibromialgica, così definita per la pluralità di segnali clinici. Comprende diversi fattori:
- genetici, che espongono a un maggior rischio di malattia, come familiarità e alcuni polimorfismi che regolano la sintesi dei neurotrasmettitori deputati al controllo del dolore;
- ambientali, che possono modificare in senso epigenetico il sistema di protezione del dolore, tra cui stressor lavorativi, affettivi, relazionali, cognitivi e fisici come infezioni, infiammazioni e traumi;
- meccanici (meno rilevanti), ovvero il fitness che può aumentare la resistenza al dolore.
Questi aspetti rendono complessa la diagnosi, che è spesso tardiva, anche a seguito di alcuni stigmi (indifferenza o incomprensione). Tutto ciò non solo espone al rischio di sviluppo di malattie autoimmuni, ma rende, inoltre, la convivenza con la patologia “complicata”. L’adozione di alcuni comportamenti corretti può alleviare lo stato di malessere generalizzato.
Le best pratice
Sono almeno 5 i consigli che il medico di famiglia o lo specialista può rivolgere al proprio assistito per educarlo a una migliore accettazione, gestione e controllo dei sintomi e delle implicazioni associate alla fiibromialgia. Occorre correggere in prevalenza lo stile di vita, per impattare sulla migliore qualità della quotidianità:
Alimentazione e idratazione
Dieta rigida? No, l’alimentazione va modulata e personalizzata sulle sensazioni di benessere o di malessere percepite dal corpo dopo l’assunzione di uno specifico alimento. È necessario educare il paziente ad ascoltarsi, suggerendo anche la tenuta di un diario nutrizionale su cui annotare gli stati fisici. Tuttavia qualche indicazione dietetica generale può essere fornita: ridurre l’introito di zuccheri, aumentare il consumo di alimenti/prodotti/materie prime più digeribili, meno contaminati, meno elaborati, meno infiammatori, limitare l’apporto di proteine animali, a esclusione del pesce e di alcolici, includere fibre, anche da frutta e verdura, e legumi, assumere circa 1,5/2 litri di acqua al giorno.
Igiene intestinale
Non può essere trascurata. Nn solo l’intestino è il fulcro dell’assorbimento di nutrimenti e dello smaltimento di scorie e tossine, ma il benessere intestinale sembra essere “centrale” anche nella sindrome fibromialgica. Recenti studi la correlerebbero anche alle alterazioni del microbiota intestinale, oltre che a alterati livelli di serotonina nel circolo ematico periferico.
Sonno
Dolore e stanchezza cronici, senso di frustrazione e impotenza e altre sensazioni psico-emotive si riversano sulla (cattiva) qualità del sonno notturno, specie non REM, favorendo risvegli continui, sindrome delle gambe senza riposo e altre interferenze. Il ricorso ai famaci non è la soluzione; il medico deve lavorare sulla comprensione delle cause che impattano sul sonno, quali tensione, stress, alimentazione, suggerendo sempre al paziente di attenersi alle norme dell’igiene del sonno.
Le best practice richiedono di andare a letto sempre alla stessa ora, coricarsi solo se si avverte sonno, evitare pisolini pomeridiani, esercizi faticosi o attività mentali impegnative prima di coricarsi e/o dormire come l’uso di cellulari e tablet, consumare pasti troppo ricchi o poveri per cena, alimenti e bevande eccitanti (caffè, tè, cioccolata, coca-cola), evitare fumo e quantità di alcool superiore a mezzo bicchiere di vino durante la cena.
Attività fisica
L’attività fisica è terapeutica per la fibromialgia. Il movimento, aerobico come cammino, bicicletta o cyclette, nuoto, di intensità moderata, è un must in grado di potenziare la resistenza muscolare, migliorare la respirazione, la disponibilità di ossigeno e la postura. Quando praticarla? Sempre, l’attività fisica moderata a incremento graduale di carico è consigliata anche in caso si stanchezza muscolare. L’eventuale dolore che può insorgere a seguito può essere controllato, oltre che dalla pratica ad intensità graduale, da una serie di esercizi di stretching al termine del programma di fitness.
Esperto da consultare
Al fine di evitare funge e inutili peregrinazioni tra più clinici, il paziente va avviato fin da subito all’esperto giusto: il reumatologo, esperto del dolore muscolo-scheletrico nociplastico, in grado di inquadrare correttamente da un punto di vista diagnostico-terapeutico il paziente fibromialgico. Il reumatologo si avvarrà di altre figure referenziali: terapista del dolore, neurologo, psichiatra, terapista della riabilitazione, nutrizionista, in un’ottica di maggiore sempre multidisciplinarietà.