Anche i Medici di medicina generale (Mmg) possono svolgere un ruolo attivo, di “sentinella”, nella diagnosi delle malattie infettive, quali Hiv (virus dell’immunodeficienza umana), ma anche Covid-19, Hcv (virus dell’epatite C) ed Epatite Delta. Si alza l’attenzione in particolare sull’Hiv: si stima che all’incirca 10 mila italiani siano portatori inconsapevoli dell’infezione, con quanto ne consegue per il partner innanzitutto e per il sistema salute in generale. Intercettarlo agli esordi consente di avviare programmi terapeutici, oggi efficaci nel rallentare il decorso dell’infezione verso l’Aids (sindrome da immunodeficienza acquisita) conclamato.

Le evidenze e gli unmet needs

Non esiste ancora un vaccino, tuttavia l’Hiv, grazie alle terapie antiretrovirali, può essere considerata un’infezione cronica. Per raggiungere questo obiettivo occorrono tuttavia diagnosi precoci e maggiore informazione a clinici e pazienti. Da qui la richiesta degli esperti di sensibilizzare, informare e educare anche i medici di famiglia, non solo gli infettivologi, al riconoscimento diagnostico e al monitoraggio della cura e dell’andamento dell’Hiv nel paziente con infezione. Quest’ultimo invece spesso inconsapevole della sua condizione, un dato di fatto riscontrabile soprattutto nella popolazione più giovane.

Il Report annuale dell’Istituto superiore di sanità, pubblicato a fine novembre 2022, ha rilevato che il trend delle nuove diagnosi di Hiv negli ultimi 10 anni è in diminuzione, ma aumentano le diagnosi tardive, di cui oltre 2/3 già in presenza dei sintomi dell’infezione o di patologie correlate. La positività, evidenzia sempre il Rapporto, spesso evolve in tempi rapidi in Aids: 8 persone su 10 scoprono di essere Hiv positive solo nei sei mesi precedenti alla diagnosi di malattia.

Il ruolo del Mmg

Partiamo dall’evidenza che le più moderne terapie, gli antiretrovirali, hanno consentito di cronicizzare l’infezione da Hiv. Su questa base il Mmg può lavorare in sinergia con gli infettivologi e a supporto delle istituzioni e del territorio nel monitoraggio del paziente con infezione. «Il Mmg può favorire diagnosi precoci e migliorare l’assistenza al paziente in trattamento, anche in funzione dell’aspettativa di vita sensibilmente allungata – dichiara Alessandro Rossi, Responsabile Patologie Acute SIMG (Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie) – Si stima che in Italia ci siano almeno 120mila persone con infezione da Hiv, di cui circa 100 mila in terapia antiretrovirale, ma almeno 10mila inconsapevoli di essere infette e che possono trasmettere il virus.

Pertanto è indispensabile avviare tutte le strategie possibili per far emergere il “sommerso”, da un lato con campagne di screening, dall’altro con il supporto del Mmg che deve valutare la presenza dell’Hiv in base allo stile di vita, alla provenienza da zone ad alta endemia, a eventuali patologie correlate, ma soprattutto deve testare il più possibile. Inoltre il Mmg deve (pre)occuparsi anche di rilevare e monitorare malattie che possono correlare più frequentemente con l’Hiv, quali patologie cardiovascolari come dislipidemie e coronaropatie, insufficienza renale e complicazioni urologiche, comorbidità neuropsichiatriche».

Sono necessarie anche azioni educazionali per aumentare la percezione del rischio Hiv, in Italia ritenuto un problema orami relegato al passato o solo ad alcuni gruppi di popolazione e l’implementazione di campagne che favoriscano l’accesso al test e promuovano i test rapidi e home testing, così come iniziative per coinvolgere e informare i giovani sull’importanza di rapporti sessuali protetti per evitare il rischio di essere veicolo o bacino di Infezioni Sessualmente Trasmesse, a partire dall’Hiv.

Le possibilità terapeutiche

La terapia antiretrovirale, efficace e ben tollerata, se rispetta la regolarità del trattamento (U=U), permette di azzerare la trasmissione dell’infezione da Hiv. Ma al riguardo persiste una scarsa informazione dell’opinione pubblica e del paziente. «Il miglioramento delle terapie – aggiunge Marco Borderi, infettivologo SIMIT (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali) – riguarda anche l’invecchiamento delle persone con Hiv e con esso la gestione delle comuni comorbidità legate all’età e le possibili interferenze di altri farmaci con la terapia antiretrovirale. Questa reciprocità di interazioni richiede un approccio multidisciplinare complesso all’Hiv e una formazione dedicata e specifica per i diversi professionisti coinvolti nella gestione della malattia a favore del miglioramento della qualità della vita delle persone con Hiv».

L’impegno istituzionale

All’impegno della ricerca scientifica e clinica, si affianca quello istituzionale: l’auspicio è che la proposta di riforma della legge 135/90 sia presto calendarizzata in Commissione Affari Sociali. «Manterremo concetti essenziali come il contrasto dello stigma sociale, l’accesso omogeneo alle cure, l’assoluta garanzia della riservatezza, la specializzazione nell’approccio terapeutico, campagne di sensibilizzazione ed educazione sanitaria in favore dei più giovani. Parallelamente – precisa l’On. Mauro D’Attis, già primo firmatario della pdl – terremo conto dei nuovi e più efficaci approcci alla prevenzione e della nuova situazione delle persone HIV positive, come la qualità di vita e l’accesso alle terapie innovative.

L’impegno è volto a favorire informazione, ricerca, sorveglianza epidemiologica e volontariato; l’adeguamento dei reparti di malattie infettive e del personale sanitario; lo svolgimento di formazione e aggiornamento professionale; il potenziamento dei servizi territoriali; il rafforzamento delle funzioni dell’Istituto Superiore di Sanità in materia di sorveglianza, raccolta di dati epidemiologici e presidio di nuove emergenze infettive». Particolare attenzione dovrà essere posta anche alle Fast-Track Cities, le 10 città che solo in Italia hanno firmato la Dichiarazione di Parigi per raggiungere determinati target nella lotta all’Hiv attraverso iniziative ad hoc.