Sperimentazioni cliniche mirate, o che prevedano la partecipazione di una larga quota di popolazione femminile, terapie dedicate, compresi i farmaci innovatici, allestimento di percorsi specifici con PDTA (Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali) aggiornati con indicatori “di genere”, potenziamento dell’utilizzo dell’innovazione e dell’Intelligenza Artificiale capace di leggere, fotografare e interpretare le differenze biologiche uomo-donna, appropriatezza e equità delle cure.
Sono solo alcune strategie da adottare e implementare a favore del miglioramento della qualità di vita delle donne che convivono con patologie croniche, malattie autoimmuni, in larga parte dermatologiche e reumatologiche, spesso invalidanti, emerse dall’evento “Donne a 360°. La sfida della Medicina di Genere per le malattie croniche autoimmuni reumatologiche e dermatologiche”.
Si tratta di patologie che in alcuni casi possono beneficiare in termini di riduzione della sintomatologia e dell’impatto sul vissuto quotidiano da un approccio integrato e personalizzato. Facendo ancora un passo avanti, spostando il focus da una medicina di precisione a una medicina di precisione secondo genere. Una necessità, non più solo una richiesta, da parte delle oltre 3,5 milioni di donne che soffrono di malattie reumatologiche (con percentuali 3 volte superiori rispetto all’uomo), e delle Associazioni pazienti, condivisa anche da clinici, istituzioni, politica. Perché frequenza, sintomi, gravità di una stessa malattia possono o sono spesso differenti a seconda del genere, al pari della risposta alle terapie o dello sviluppo di reazioni avverse ai farmaci, dissimili nell’uomo e nella donna.
Strumenti e basi da cui partire
Occorre avviarsi dunque a una nuova era: la ricerca farmacologica si sta aprendo in misura sempre maggiore allo studio di terapie sulle donne in età fertile. Un esempio è il farmaco biologico anti-TNF (certolizumab pegol) il cui utilizzo è stato autorizzato due anni fa nel trattamento di donne affette da malattie infiammatorie croniche, prima e durante la gravidanza e l’allattamento con latte materno. La decisione è scaturita dopo che due trial clinici ad hoc hanno dimostrato che il passaggio attraverso la placenta del farmaco, così come la presenza dello stesso nel latte materno, è assente o minimo.
L’approccio secondo genere che deve, quindi, cominciare dalla presa in carico del paziente, orientarsi sul fatto se sia uomo o donna, e in relazione a quest’ultima sull’età (pediatrica, adulta, in età fertile e in gravidanza, in menopausa o senior), nel rispetto delle esigenze e stili di vita condotti e del miglioramento/mantenimento della qualità di vita anche in terapia.
Le donne e le Associazioni chiedono particolare attenzione al tema della genitorialità: contraccezione, terapie durante la gravidanza, allattamento. Maternità non più negata come un tempo: oggi è possibile programmare il concepimento o scegliere, quando possibile, trattamenti che consentono di poter progettare una normale vita familiare. Senza trascurare l’aspetto dell’intimità: la sessualità e la vita di coppia nelle differenti fasi della vita della donna, al pari del supporto offerto all’uomo se e quando affetto da ipertrofia prostatica benigna, ad esempio.
Comunicazione e formazione
Occorre avviare, implementare, istituzionalizzare percorsi di formazione e aggiornamento sia rivolti ai medici, alle nuove generazioni di reumatologi e dermatologie e agli operatori sanitari, ma anche alla popolazione, con campagne di sensibilizzazione e (in)formazione dedicate al cittadino con il coinvolgimento di tutti gli attori. Al riguardo sono un esempio la creazione del recentissimo portale italiano #GenereDonna, strutturato dalle tre associazioni ANMAR, APMARR e APIAFCO per educare alla gestione delle malattie in un’ottica di differenza di genere e migliorare la conoscenza delle donne a riguardo delle malattie autoimmuni “al femminile”, e a livello internazionale la campagna #AdvantageHers, sviluppata dalla collaborazione tra UCB, azienda biofarmaceutica globale, e la campionessa di tennis di fama mondiale Caroline Wozniacki, affetta da artrite reumatoide.
Il supporto di istituzioni e osservatori privilegiati
Anche politica e istituzioni si sono dimostrate sensibili alla necessità di una medicina di genere, con iniziative che si sono tradotte in un Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di Genere predisposto dal Ministero della Salute. A questo è seguita la strutturazione di un Osservatorio dedicato alla Medicina di Genere che ha il compito di monitorare l’attuazione delle azioni di promozione, applicazione e sostegno alla stessa.
L’approccio di genere va esteso a tutte le specialità mediche, dalla prevenzione alla ricerca farmacologica, dalla diagnostica alle terapie, garantendo così a donne e uomini il diritto a ricevere le cure più appropriate con equità, il cui accesso sia favorito a tutta la popolazione su tutto il territorio in eguale misura. Recentemente, poi, anche il Pnrr ha fatto un esplicito riferimento alla medicina di genere relativamente ai servizi dedicati alla tutela della donna, dei bambini e dei nuclei familiari.