Crescono i disturbi neurocognitivi in Italia e le prospettive di scenario non sono confortanti, complice l’invecchiamento della popolazione, la capacità di cronicizzare le malattie, a fronte tuttavia di un sistema ancora inadeguato a prendersi carico dei pazienti con demenze, in particolare affetti da Alzheimer.

Alcuni modelli virtuosi si stanno attivando o implementando sul territorio, come in Regione Puglia: progetti e potenziamento di strutture dedicate per dare risposte concrete, efficaci ed efficienti, al paziente, famigliari e care giver con il coinvolgimento di tutti gli stakeholder che assistono questa tipologia di pazienti. Se ne è parlato nel corso dell’evento “Nuove sfide per il disturbo neurocognitivo. Traiettorie da esplorare”, organizzato da Motore Sanità.

Il panorama

Oltre 1,2 milioni di italiani: è la stima, attuale, di persone affetti da disturbi neurocognitivi, da Alzheimer in misura maggiore (60%). Ma la curva è destinata a non arrestarsi: le proiezioni indicano entro il 2050 numeri quasi al raddoppio, raggiungendo quota 2,3 milioni di casi di demenza.

Una prospettiva critica che sottolinea l’urgente necessità di un miglioramento delle strategie di supporto e cura per pazienti e famiglie, con disturbi cognitivi: una priorità di sanità pubblica che richiede l’implementazione di interventi diagnosti e terapeutici precoci.

Gli strumenti ci sono, ma occorre “attivarli” in tempi rapidi per garantirne l’efficacia. La tempestività costituisce il “motore” per rallentare il decorso della malattia, favorire la risposta alla cura, multidisciplinare, integrata e continuativa, e migliorare la qualità della vita del paziente e del contesto ambientale.

Il riconoscimento dei segnali e la conferma diagnostica

Perdita della memoria episodica, difficoltà di attenzione e concentrazione, e un pool sintomi cognitivi anche lievi; modifiche nel comportamento e nell’umore, quali alterazioni della personalità tendenza all’isolamento sociale.

I sintomi “classici” dell’esordio potenziale dell’Alzheimer sono meritevoli di attenzione e di eventuali appronfondimenti clinici tramite esami ed indicatori biologici e specifici trattamenti, alcuni dei quali innovativi.

Ricerche scientifiche e l’innovazione hanno portato, infatti, all’indentificazione di biomarcatori nel liquido cerebrospinale e nel sangue, tra questi livelli elevati delle proteine beta-amiliodee P-tau181, alla messa a punto di strumenti di neuroimaging, come Risonanza Magnetica, PET amiloide, PET tau, e test neuropsicologici (Mini-Mental State Examination, Montreal Cognitivi Assessment). L’applicazione di questa batteria di strumenti favorisce la diagnosi precoce e la presa in carico tempestiva dl paziente con demenza.

Le iniziative istituzionali

Il Piano Nazionale Demenze, variato nel 2017 dallo Stato-Regioni, è una “progettualità” di azione che ha l’obiettivo di migliorare la qualità della vita delle persone con demenze, in un contesto di sostenibilità dei costi socio-assistenziali correlati alla patologia. Tenuto conto che investimenti nella diagnosi precoce si traducono in un guadagno nel breve e lungo periodo in termini di costi diretti e indiretti, a partire dalla produttività della persona.

Obiettivo supportato anche dalla ricerca scientifica che nel corso degli ultimi anni ha investito in risorse economiche e in idee in ambito di innovazione tecnologica (diagnosi precoce, trattamento delle fasi inziali dei disturbi neurocognitivi) e in riabilitazione cognitiva al fine di contrastare la progressione dei sintomi sin dalle fasi iniziali di comparsa della malattia.

Ulteriore chiave di volta, nell’ambito del PND, è la stretta collaborazione tra Sistema Sanitario Nazionale e Sistema Sanitario Regionale per favorire uniformità di risposte attraverso PDTA (Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali) dedicati. Lo sforzo condiviso di ricerca pubblica e privata, di sanità e assistenza, è la “guida” per migliorare la vita del paziente e delle famiglie e per poter affrontare le sfide organizzative nella gestione dei disturbi neurocognitivi.

Assistenza nel mondo reale.

Critica, è l’aggettivo che si presta a descrive lo stato dell’arte attuale. I sistemi sanitari sono mal equipaggiati in strumenti e risorse per rilevare il declino cognitivo nelle fasi iniziali delle malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer. Le opportunità per un miglioramenti ci sono e orientano al potenziamento delle capacità dei sistemi diagnostici, dalla medicina di comunità e di base al sistema di assistenza terziaria, per riuscire a intercettare in maniera mirata e puntuale, persone con segnali di Alzheimer precoce.

Il modello di Regione Puglia

Una presa di coscienza del problema netta. Azioni e sinergie sono orientate alla costruzione di una rete territoriale dei CDCD (Centro Disturbi Cognitivi e Demenze), ovvero un servizio deputato alla valutazione, diagnosi tempestiva e trattamento (nota AIFA 85) di tali problematiche, estesa a tutto il territorio, prevedendo la messa in funzione di un sistema Puglia permanente di diagnosi e cura delle demenze, così come lo sviluppo di un PDTA nell’ambito di un Tavolo Tecnico sulle demenze.