Non solo una trasmissione verticale tra generazioni, ad esempio madre-neonato. Il microbioma, l’insieme del patrimonio genetico espresso dal microbiota, sarebbe un “prodotto” anche delle interazioni sociali. Ovvero conterrebbe parte di microbi acquisti dall’ambiente e dalle persone con cui il singolo individuo viene e vive a maggior contatto, come partner, figli, amici, secondo una trasmissione orizzontale.

Sono le evidenze emerse da un recente studio internazionale (The person-to-person transmission landscape of the gut and oral microbiomes”) coordinato dal Dipartimento Cibio dell’Università di Trento, pubblicato sulla rivista Nature. Tali informazioni potrebbero essere sfruttate per comprendere come le specie microbiche vengano acquisite e se possano essere associate al rischio di specifiche patologie, tra queste malattie cardiovascolari, diabete, cancro e/o altre.

Il nuovo studio

L’utilità del microbiota è ormai conclamata: alleato della salute, potenzia ad esempio le difese immunitarie e favorisce le capacità digestive. Se le due sue potenzialità e funzioni sono chiaramente evidenti, non lo sono altrettanto i meccanismi con cui vengono acquisti i milioni e milioni di batteri e di altri microbi, di diversi ceppi e specie, che compongono il microbioma e la (ri)trasmissione da individuo a individuo.

Per dipanare queste conoscenze, ancora nebulose, stanno indagando ricercatori di diciotto istituzioni e centri di ricerca italiani e internazionali, fornendo prime interessanti nuove informazioni sull’ingresso dei batteri della salute nell’organismo. Questi per arricchire la loro specie in varietà e numero, sembrerebbero sfruttare una doppia interazione: una “innata” e una “acquisita”.

Il materiale di base

Oltre 9mila campioni di feci e di saliva di soggetti provenienti da 20 Paesi di tutti i continenti: sono queste le fonti che hanno dato il via allo sviluppo dello studio, il più imponente compiuto finora sulla trasmissione del microbioma, di impronta anche nazionale.

Le evidenze confermerebbero, come già noto, che la prima trasmissione del microbioma intestinale avviene alla nascita, da mamma a neonato: una “certezza” attestata dal fatto che il bagaglio di batteri del microbioma sano, ereditato quando si viene alla luce, è riconoscibile nella progenie fino agli 80 anni di età, secondo dunque una trasmissione verticale, diretta.

Vi sarebbe tuttavia dimostrazione, questa non ancora nota, anche di una seconda via di trasmissione microbica: il contatto tra pari. La composizione del microbiota sarebbe cioè influenzata e dipendente dalle interrelazioni che la persona stringe con il prossimo, tanto in casa con partner, figli e figlie quanto fuori dall’ambiente domestico nei rapporti di amicizia o altri contatti personali. Dunque esisterebbe, in questo caso, una trasmissione di tipo orizzontale, indiretta.

C’è microbioma e microbioma

Lo studio avrebbe poi messo in chiaro una seconda possibile diversità sulla tipologia di trasmissione: quella del microbioma orale si differenzierebbe in maniera sostanziale da quella del microbioma intestinale. Sembra infatti che i batteri presenti nella saliva si trasmettano più frequentemente in modo orizzontale, riducendo quindi il contributo da parte materna a favore invece di quello di persone esterne.

«Abbiamo trovato prove – spiega Mireia Valles-Colomer, ricercatrice post-doc del SegataLab di UniTrento e prima autrice dello studio – di un’ampia condivisione del microbioma intestinale e orale collegata al tipo di relazione e allo stile di vita, suggerendo che le interazioni sociali modellano la composizione dei nostri microbiomi. Inoltre vi sarebbe evidenza che alcuni batteri, soprattutto quelli che sopravvivono meglio al di fuori dell’organismo, sono trasmessi molto più spesso degli altri. Alcuni di questi microbi non sono ancora noti e il “progetto” è di studiarli per comprendere i meccanismi di trasmissione del microbioma da persona a persona e l’impatto sulla salute».

Applicazione clinica

«La trasmissione del microbioma – chiarisce Nicola Segata, professore del Dipartimento di Biologia cellulare, computazionale e integrata Cibio dell’Università di Trento e dell’Istituto Europeo di Oncologia – ha implicazioni importanti per la salute. Alcune patologie non trasmissibili come le malattie cardiovascolari, il diabete o il cancro sono riconducibili in parte a una composizione alterata del microbioma e avere dimostrato che il microbioma umano è altamente trasmissibile potrebbe portare a un cambio di paradigma. Ovvero a considerare alcune, o una minima parte, di queste malattie ritenute non trasmissibili come invece trasmissibili. Approfondire le conoscenze sulla trasmissione del microbioma può quindi favorire la comprensione dei fattori di rischio di queste patologie e aprire, in prospettiva, la possibilità di ridurne il rischio con terapie che agiscano sul microbioma o sulle sue componenti trasmissibili».

Fonte:

  • Valles-Colomer, M., Blanco-Míguez, A., Manghi, P. et al. The person-to-person transmission landscape of the gut and oral microbiomes. Nature (2023).